400 anni dei Vincenziani. P. Mavrič: “Il cuore di Papa Francesco era vincenziano, tocca a noi custodirne l’eredità”
Alla vigilia del 400º anniversario della Congregazione, padre Mavrič ricorda Papa Francesco e rilancia il carisma vincenziano. Povertà, giovani, missione e sinodalità al centro: “Non è opera nostra, ma di Dio. Il futuro è camminare insieme, servendo chi è ai margini”

“Il cuore di Papa Francesco era vincenziano. Ci ha mostrato con la vita che i poveri non sono un tema, ma un luogo teologico”. Così padre Tomaž Mavrič, superiore generale della Congregazione della Missione, ricorda il Pontefice scomparso, in occasione delle celebrazioni per il 400º anniversario della fondazione dell’istituto religioso voluto da san Vincenzo de’ Paoli. “La sua eredità – osserva – è per noi una consegna: vivere il Vangelo nella concretezza della misericordia, là dove l’umanità è più fragile”. Dal 27 aprile al 1° maggio, la Casa Madre di Parigi ospita oltre 150 missionari vincenziani, tra cui numerosi vescovi provenienti da tutto il mondo. La messa centrale è presieduta dal vescovo ausiliare di Parigi. “Sarà un momento di gratitudine e rilancio – sottolinea Mavrič – per tornare alle radici e ripartire con nuovo slancio, come ci ha chiesto il Santo Padre”. Fondata nel 1625, la Congregazione è oggi presente in 102 Paesi. “Il motto che ci guida – ‘Mi ha mandato ad annunciare la buona notizia ai poveri’ – è lo stesso che animò san Vincenzo, e resta il cuore di ciò che siamo. Non è opera nostra: è la missione di Gesù che continua”, ribadisce con forza.
Povertà nuove e risposte concrete. Il carisma vincenziano si traduce oggi in risposte concrete alle nuove povertà, materiali e spirituali. “A Catania, insieme alla Famiglia Vincenziana – racconta – abbiamo avviato il progetto ‘13 Case per il Giubileo’, offrendo un alloggio dignitoso a persone senza dimora. Sono segni di una Chiesa che abita le periferie non con le parole, ma con la prossimità”. E le periferie, aggiunge, sono anche culturali:
“Viviamo in comunità sempre più interculturali. Alcune realtà sono ancora chiuse alla diversità, ma il futuro è nella condivisione. L’incontro tra culture non è solo una sfida: è un’opportunità missionaria, soprattutto tra migranti e rifugiati. E quando questo avviene, la missione si fa più profonda, più umana”.
Padre Mavrič ha vissuto in Argentina, Slovenia, Canada, Russia e Ucraina. “La mia vocazione non nasce da capacità particolari – afferma – ma dalla misericordia di Gesù. Lui mi ha salvato. E tutto comincia da lì. Ricordo gli anni in Russia come fondativi: una terra difficile, ma ricca di umanità. E in Ucraina ho accompagnato giovani nella formazione, condividendo con loro la scoperta della bellezza della vita consacrata”. Una consapevolezza che oggi lo guida nel discernimento pastorale: “Il rischio è fare tanto e dimenticare chi siamo. Ma la nostra identità viene prima dell’efficienza. È da lì che nasce la fedeltà alla missione”.
Giovani, spiritualità e futuro della missione. “Francesco ci ha chiesto di ravvivare la fedeltà missionaria e accendere nei giovani l’audacia del Vangelo”, dice con convinzione: “È un invito che tocca il cuore.
I giovani hanno sete di autenticità, di avventura, di orizzonti aperti. Se li invitiamo a condividere la missione, qualcosa si accende. Non bastano i discorsi: serve testimonianza”.
Al termine delle celebrazioni giubilari, a Parigi si riuniranno anche i visitatori della Congregazione da tutto il mondo. Tema dell’incontro: la rivitalizzazione del carisma vincenziano. “Dobbiamo ripartire dai fondamenti spirituali – spiega –: Incarnazione, Trinità, Eucaristia, Maria, Provvidenza. San Vincenzo ci ha lasciato cinque virtù – semplicità, umiltà, mansuetudine, mortificazione e zelo – e quattro voti: castità, povertà, obbedienza e stabilità”. “Ma dobbiamo anche guardare avanti – aggiunge –: formazione del clero, accompagnamento dei seminaristi, missioni ad gentes, Dottrina sociale della Chiesa, protagonismo dei laici. E poi, nuove missioni: stiamo per aprirne almeno tre. In un mondo segnato da incertezze e conflitti, la missione resta una parola chiave di speranza”. Il progetto delle “13 Case” è, conclude, “un esempio concreto di sinodalità vincenziana: un’unione tra tutti i rami della Famiglia. Il futuro è qui: nel camminare insieme, nel servire, nel condividere la speranza del Vangelo”.