“Sentiamo il peso del silenzio davanti alla morte del Signore, un silenzio in cui ognuno di noi può riconoscersi e che cala profondo nelle fenditure del cuore del discepolo che dinanzi alla croce rimane senza parole”. Con queste parole Francesco ha cominciato l’omelia della Veglia pasquale, presieduta nella basilica di San Pietro.
Chiesa nel mondo
"La Pasqua è davanti a noi ma da qui si vede solo il Calvario". E il Calvario, in Medio Oriente, ha il nome di Ghuta, Damasco, Idlib, Aleppo, Baghdad, Batnaya, Mosul, Afrin, Gaza, e tanti altri luoghi di guerra e di morte. Nelle parole di mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad, non c'è solo dolore: “C’è gioia anche nella sofferenza, quella patita da Cristo per la nostra salvezza. Preghiamo perché in tutto il Medio Oriente, non solo in Iraq o in Siria, la Pasqua sia motivo di gioia”
“Vergogna, pentimento e speranza”. Sono i tre sentimenti che fanno da sfondo alla preghiera composta dal Papa e letta da lui al termine della Via Crucis di ieri sera al Colosseo, a cui hanno partecipato anche i ragazzi del liceo classico romano che hanno preparato i testi delle 14 stazioni.
"Abbiamo una forza particolare che ci permette anche di poter perdonare quelle persone che ci hanno fatto del male, anche chi ci ha causato attentati dolorosi". La forza del perdono, di un amore capace di non piegarsi alla morte ma di continuare ad alzare gli occhi al Cielo. È la testimonianza della piccola comunità di minoranza dei copti ortodossi di Egitto e a raccontarla al Sir è Sua Santità Papa Tawadros II. Lo abbiamo incontrato nella cattedrale di san Marco al Cairo alla vigilia della Settimana Santa
Umanità: è la parola chiave della prima Via Crucis scritta dai giovani. Inchiodato sulla Croce c'è un migrante, che ci ricorda come ognuno di noi abbia inscritta la propria dignità sotto la pelle.
Venti di guerra su Gaza dove la piccola comunità cristiana – circa 1000 fedeli di cui poco più di 130 i cattolici – si appresta a vivere la Pasqua con “grande paura”. A raccontare al Sir lo stato d’animo dei gazawi è padre Mario Da Silva, parroco della comunità latina della “Sacra Famiglia”, sita nel quartiere orientale di al-Zeitun.
“Coraggio! Non permettiamo alla paura e alla rassegnazione di rallentare o fermare la corsa del Vangelo nella nostra Terra!”: lo ha detto ieri mattina a Gerusalemme, al Santo Sepolcro, l’amministratore apostolico del Patriarcato latino, mons. Pierbattista Pizzaballa.
Papa Francesco nel carcere di Regina Coeli per celebrare la messa in Coena Domini nella quale ha lavato i piedi a 12 detenuti: "I piedi in quel tempo erano lavati dagli schiavi, Gesù volle fare questo servizio per darci un esempio di come noi dobbiamo servirci gli uni gli altri"
Ci sarà anche suor Genevieve Al Haday, religiosa irachena dell’ordine delle domenicane di Santa Caterina, tra i "cruciferi" della Via Crucis al Colosseo, Venerdì Santo, con Papa Francesco. La suora è scampata con altre sue consorelle alla violenza dello Stato Islamico che costrinse, nella notte tra il 6 e il 7 agosto 2014, circa 120mila cristiani a fuggire dalla Piana di Ninive fino ad Erbil, in Kurdistan, per trovare salvezza. Il Sir ha raccolto la sua testimonianza: "Nella Croce che porterò sono riposte le speranze di pace del mio Paese e di tutto il Medio Oriente, il ricordo dei suoi martiri cristiani e anche le lacrime di solitudine di una anziana donna di Roma..."
"Vicinanza". È la parola chiave dell'omelia del Papa per la messa crismale presieduta oggi nella basilica di San Pietro. La gente apprezza molto "un prete di carne", che c'è sempre e parla con tutti, l'invito ai sacerdoti
Papa Francesco celebrerà con i detenuti dello storico carcere romano di Regina Coeli la messa in Coena Domini di Giovedì Santo. Saranno oltre 600 i partecipanti all’incontro, tra detenuti e personale carcerario. 12 detenuti di diverse nazionalità e religioni riceveranno la lavanda dei piedi dal Papa. Sono cattolici, protestanti, ortodossi, buddisti e musulmani di diverse nazionalità. Parla il cappellano padre Vittorio Trani.
La Serva di Dio Sandra Sabattini è nata il 19 agosto 1961 a Riccione. Da adolescente, nel 1974, iniziò a frequentare gli incontri della Comunità Papa Giovanni XXIII, associazione guidata e fondata dal Servo di Dio don Oreste Benzi. Al suo interno coronò la propria vocazione di servizio al prossimo bisognoso impegnandosi in varie attività caritative. Nell’agosto 1979 si fidanzò con Guido Rossi, anch’egli membro della stessa Associazione. Terminato il liceo scientifico, nel 1980 si iscrisse alla facoltà di Medicina dell’Università di Bologna. All’inizio degli anni ’80 la Comunità Papa Giovanni XXIII aprì una comunità terapeutica ad Igea Marina dedicata in maniera specifica all’assistenza di chi aveva problemi di droga. Sandra diede subito la propria disponibilità a dedicarsi a questo servizio di carità, mostrando generosità e, nel contempo, maturità non comuni a contatto con i tossicodipendenti, al punto che nel periodo delle vacanze estive si trasferiva in comunità per svolgere il servizio a tempo pieno. Il 29 aprile 1984, mentre si recava ad un incontro della Comunità fu coinvolta in un grave incidente stradale presso Igea Marina. Venne trasportata d’urgenza all’ospedale, ma le sue condizioni apparvero subito disperate. Morì pochi giorni dopo: era il 2 maggio 1984.
Il card. Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, ha presentato alla stampa il documento con cui si è concluso il pre-Sinodo, a cui hanno partecipato 300 giovani in Vaticano e 15mila attraverso i social. Aprendo i lavori, lunedì scorso, il Papa si è intrattenuto con i protagonisti dell'iniziativa per tre ore e mezza. Riceverà il documento, che costituirà parte integrante dell'Instrumentum laboris del Sinodo di ottobre, dalle mani di un giovane di Panama.
Si è celebrata martedì a Foggia la XXIII Giornata nazionale della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie organizzata dall'associazione Libera. 40mila giovani, associazioni, scuole, parrocchie per dire no a tutte le mafie, in una provincia difficile dove ancora avvengono sparatorie
Dialogo a tutto campo con i giovani. Parlando in gran parte a braccio e rispondendo alle loro domande, Francesco ha aperto il pre-Sinodo chiedendo ai 300 giovani provenienti dai cinque continenti di aiutare la Chiesa ad abbandonare la logica velenosa del "si è sempre fatto così".