Il giubileo del Santo: un anno di educazione alla misericordia
Domenica 13 si chiude al Santo la porta della misericordia, virtù, quest’ultima, che in basilica è sempre stata e sarà di casa. L’itinerario giubilare messo a punto per quest’anno straordinario è stato percorso e apprezzato da circa un milione e mezzo di fedeli.
Alla basilica del Santo la celebrazione per la chiusura della porta della misericordia è fissata per domenica 13 novembre alle 11 con la presenza del delegato pontificio mons. Giovanni Tonucci.
È , però, una porta che continuerà a rimanere aperta, come lo è sempre stata in passato. Qui, in uno dei luoghi del ministero della riconciliazione per antonomasia, la misericordia è di casa. Si praticano l’ascolto, l’accoglienza e la carità, a livello istituzionale, con il “pane dei poveri” e non solo.
Anche a livello di presenze l’anno giubilare è iniziato un po’ in sordina, salvo impennarsi a partire dall’estate, per un totale di circa un milione e mezzo di pellegrini.
Ciò non significa, tuttavia, che quello giubilare sia stato un anno come gli altri, per quanto ancora oggi sia difficile farne un bilancio prescindendo dall’evento dell’improvvisa scomparsa, in agosto, di padre Poiana, trauma che ha disorientato l’intera famiglia antoniana.
Proprio padre Enzo aveva voluto, il 20 giugno, la “cena della misericordia” con i poveri nei chiostri della basilica, uno dei segni speciali per l’anno santo.
È stato inoltre approntato uno speciale percorso giubilare guidato, a partire dalla valorizzazione architettonica della porta santa, che ha riscosso grande apprezzamento tra i pellegrini (tra i quali un cardinale Parolin “in incognito”).
«La proposta è stata quella di un itinerario battesimale di riscoperta della propria fede e del vero senso della vita cristiana, arricchito dall’incontro con sant’Antonio – spiega padre Giorgio Laggioni, vicerettore della basilica – Passando per la cappella delle reliquie, dove la lingua si fa invito all’annuncio, e terminando con i sacramenti della riconciliazione e dell’eucaristia, il percorso ha assunto una forte valenza educativa rispetto al tema della misericordia. I confessori, poi, esortavano i penitenti, dopo averla ricevuta, a donare essi stessi misericordia, pur nelle situazioni di difficoltà di ciascuno».
Sono stati gettati semi che c’è fiducia daranno frutto. Nella penitenzeria sono entrati uomini e donne che non lo facevano da anni se non decenni. Ma non sono mancati gli equivoci o gli aspetti da illuminare meglio
«Papa Francesco ha fatto della misericordia uno dei pilastri del pontificato e il suo magistero, improntato alla “non condanna”, ha riavvicinato tanta gente alla chiesa – osserva padre Oliviero Svanera, da poche settimane rettore della basilica – È un fatto positivo, ma va anche detto che in alcune persone mancava la reale percezione di cosa davvero sia la misericordia, che certo non può essere disgiunta da altri elementi quali, ad esempio, la verità e la giustizia. Anche i nostri frati, del resto, pur se forti di una solida tradizione hanno forse bisogno di un “aggiornamento” sulla misericordia alla luce della Amoris Laetitia. In generale credo serva continuare a sviluppare le opere di misericordia spirituali più che materiali: l’ascolto, l’accompagnamento e il sostegno psicologico di tante persone fragili che nella basilica hanno il loro riferimento».