Play together. Quando con l’arte nasce coesione sociale
Un anno di Sguardi d'Arcella che, all'interno del progetto Play together, ha raccontato storie, aneddoti e curiosità di residenti, associazioni e studenti del quartiere. L'intento è quello di entrare nel cuore delle storie, sviluppando coesione e superando cliché e pregiudi attorno all'Arcella.
Lasciarsi catturare dall’insolito, cambiando più volte strada fino a conoscere nuovi angoli di quartiere e diversi abitanti. Con un principio di "serendipità", così si è sviluppata la prima parte di "Sguardi d’Arcella", il progetto della Difesa del popolo nato nel 2016 con l’intento di capire e raccontare i fenomeni che caratterizzano il quartiere a nord di Padova, andando oltre i pregiudizi e il “sentito dire” che attanagliano la comprensione di una realtà ricca di risorse. Non un’idea precostruita alle spalle, solo l’impulso di lasciarsi guidare dagli occhi di chi, vivendo l’Arcella, sa trasmetterla all’interno di un’unica iride multicolorata. Guardandosi nelle pupille, veicolando l’empatia.
C’è la consapevolezza che questo tipo di “narrazione” deve sgomitare per affermarsi: quando si parla dell’Arcella, vien da sé che l’accostamento più superficiale sia legato al degrado e quando un concetto viene associato a una realtà bisogna chiedersi quali siano gli attori che hanno portato a costruire tale rappresentazione. In generale, la comunicazione spesso cavalca il malcontento con notizie tendenziose per alimentare nuove forme d’insicurezza negli individui. Una realtà, potenzialmente più ricca culturalmente, diventa così meno omogenea e più frammentata.
La coesione passa attraverso le parole e per parlare di coesione bisogna partire da tutto ciò che si muove in direzione opposta. Così la seconda parte del lavoro "Sguardi d’Arcella" è stata inserita all’interno del progetto "Play together", nel quale diverse associazioni del territorio hanno fatto rete per sviluppare una coesione sociale tramite l’arte, la cultura e il gioco, migliorando l’inclusione tra persone e gruppi differenti che si trovano in condizioni di debolezza o a rischio di esclusione.
Un 2017 intenso, partito con in workshop “Conoscere il proprio quartiere, raccontandolo” realizzato ad aprile nel quale abbiamo analizzato gli effetti anestetizzanti di una comunicazione che può creare barriere e diffidenza, attraverso parole e forme espressive dal rimando “bellico” e di invasione. Con i partecipanti, poi, si è andato più a fondo, nel cuore di se stessi e del quartiere: partendo da un loro aneddoto, da una suggestione o da una propria curiosità sul quale voler indagare, nei mesi successivi abbiamo lavorato singolarmente intervistando residenti e percorrendo chilometri per ricostruire storie d’identità e di esistenza, alcune dimenticate o nascoste. L’identità esiste ancora, ha subìto trasformazioni e arricchimenti. E ci sono negozi che raccontano questo.
Una giovane mamma, invece, ci ha preso per mano facendoci scoprire un quartiere a misura d’uomo, nel quale è possibile perdersi in passeggiate verdi con il proprio bambino, salutando ora il panettiere ora il fruttivendolo. Poi spazio alla fantasia: sapete che esiste un vagone ferroviario, depositato decenni fa, che la comunità scout ha deciso di farne la propria base? Due studentesse universitarie hanno scritto una tesi sull’Arcella e vedremo, attraverso gli occhi di una cooperativa, quanto è complesso, ma assolutamente non impossibile, il percorso di inserimento e di integrazione di famiglie straniere. Queste storie, solo accennate, fatte di volti e di nomi verranno raccontante nelle prossime settimane sul sito della Difesa del popolo. Forse, anche percorrendo questa strada, si può penetrare la corazza esterna del pregiudizio e raggiungere la profondità delle cose.
Giovanni Sgobba
curatore del progetto “Sguardi d'Arcella”