I bambini insegnano ai genitori: nel "Museo grande quanto il mondo" c’è spazio per tutti
Organizzato da due classi della scuola Salvo D'Acquisto, nel quartiere Arcella, il progetto ha coinvolto anche le famiglie. Ideato dall'associazione Arcadia, attraverso l'oggetto personale si vuole creare condivisione tra diversi paesi del mondo e regioni d'Italia. L'esperimento è riuscito e la mostra è attualmente visitabile nella sede dell'associazione Xena.
La luminosità corallina di un copricapo nuziale maschile e femminile è la prima cosa a colpire e ad attrarre: provenienti dalla tradizione nigeriana, sono solo alcuni dei tanti oggetti messi assieme per la mostra "Un museo grande quanto il mondo" organizzata da due classi elementari della scuola Salvo D’Acquisto, in Arcella, con l’intento di condividere e raccontare un po' della propria terra e per stringere genuinamente le trame di un quartiere che sempre più si riscopre multietinico. La mostra è attualmente riproposta nella sede di Xena, associazione che si occupa di scambi culturali, tra i capifila di ContArcella, progetto che mira proprio alla rilettura del quartiere attraverso il libro e le sue molteplici forme di espressione.
Una mescolanza di oggetti personali che ha coinvolto, in un percorso durato quasi un anno, non solo i bambini di sette, otto anni delle classi 2° A e 2° B, ma anche i genitori, insegnanti e operatori: l’idea è di Antonella e Valentina dell’associazione "Arc.A.Dia" che da anni cura e promuove attività didattiche di vario tipo negli istituti scolastici. Una archeologa e l’altra sociologa, dopo aver visto le classi dei loro figli così ricche di bambini provenienti da regioni d'Italia e paesi diversi, hanno pensato di utilizzare gli oggetti come strumenti di dialogo e d’indagine: «Così come, attraverso i reperti antichi, ricostruiamo storie passate – afferma Antonella - abbiamo pensato di utilizzare ciò che ognuno conserva della propria tradizione e delle proprie origini per incuriosire e scoprire tradizioni differenti».
Una gustosa contaminazione nella quale i partecipanti hanno offerto un proprio pezzo di intimità a favore della collettività per intraprendere un "viaggio" perdendo la dimensione del tempo e dello spazio: un quadro algerino raffigurante un berbero si affianca a un’icona calabrese, mentre, poco più in là c’è un’antica foto di un matrimonio veneto. Ma ancora, sull’altro tavolo, il pullman rosso inglese sfreccia tra il tamburello salentino, il “pupo” siciliano e un braccialetto cinese che si offre in dono al neonato. Un piacere sia per la vista che per l’olfatto: oltre ai numerosi abiti, la bandiera del Brasile, per esempio, svetta su un ripiano pieno di spezie invitanti accanto a una pentola veneta, alla grappa di Udine o a un libro di cucina abruzzese.
La prima fase del progetto è stata la raccolta dei vari cimeli, presentati con il nome originale nella lingua d'appartenenza o dialetto; è seguita, poi, una fase scientifica con la catalogazione e la descrizione in modo da creare una futura "memoria del museo" e, successivamente, sono state realizzate interviste ai familiari che hanno risposto più che positivamente: «Avevamo pensato di dedicare una sola giornata, ma tutti volevano raccontarsi, così abbiamo utilizzato tre pomeriggi – spiega Antonella - E’ stato molto divertente ed educativo vedere i bambini fare domande imprevedibili perché tanta era la curiosità. Alcuni genitori non parlano italiano, ma hanno voluto comunque partecipare: una signora marocchina, per esempio, è in Italia da otto mesi e, non essendoci mediatori culturali, la sua testimonianza è stata tradotta dal fratello di un bambino algerino, così come una bambina nigeriana, che conosce perfettamente l’italiano, ha riportato dall’inglese il racconto di una sua connazionale. Insomma tutti si sono messi in gioco e abbiamo imparato qualcosa di cinese, filippino, marocchino e anche italiano».
L’insegnamento è stato anche questo: quando solitamente ci si sofferma sulla riduttiva dicotomia italiano/straniero, si tende a sminuire una ricchezza variopinta di culture che si differenziano anche semplicemente da Nord a Sud della nostra penisola. Anche per questo motivo, l’esperienza del museo, che racchiude un globo in quattro mura, deve andare avanti: «Quando abbiamo realizzato un pic-nic conclusivo – continua Antonella - tutte le famiglie e tutti i bambini hanno partecipato portando la loro musica e i loro piatti. Questo dimostra, con semplicità e naturalezza, che la nostra esperienza pilota va diffusa su tutto il territorio padovano. Vorremmo, inoltre, che questo lavoro possa diventare un insegnamento vero e proprio con tanto di formazione adeguata dei docenti». Ma il museo "senza confini" non si pone limiti: le interviste realizzate ai genitori, con le loro peculiari testimonianze, verranno inserite all’interno dell’Archivio memorie migranti, un "raccoglitore" nazionale online per non disperdere preziose tracce di chi, nel lungo e infinito viaggiare, sceglie l’Italia come casa.