La “bandiera” che segnala le anomalie. La scoperta di un nuovo tipo di emoglobina, studiata mediante l'IA e altre tecnologie avanzate
Tutto è iniziato quando i medici hanno visitato una bambina di origine cinese che si era ammalata
L’applicazione dell’IA nella ricerca biomedica è ormai all’ordine del giorno, permettendo importanti avanzamenti a beneficio della nostra salute. Ne è ulteriore esempio un’importante scoperta dei ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca: l’individuazione di un nuovo tipo di emoglobina, a cui è stata data la denominazione “Emoglobina Monza”. L’emoglobina è una proteina fondamentale presente nei nostri globuli rossi, composta da due tipi di catene proteiche (alfa e beta) che insieme formano una struttura capace di trasportare l’ossigeno in tutto il corpo. Questa nuova variante è particolare perché può causare problemi quando una persona ha la febbre. La ricerca è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica “Med” di Cell Press.
Tutto è iniziato quando i medici hanno visitato una bambina di origine cinese che si era ammalata. Durante un episodio di febbre, la piccola ha sviluppato una forma grave di anemia, una condizione in cui i globuli rossi vengono distrutti più velocemente di quanto il corpo riesca a produrne. Questo tipo di anemia viene chiamata “emolitica” proprio perché comporta la rottura (lisi) dei globuli rossi. I medici, studiando il caso presso l’ospedale San Gerardo di Monza, hanno scoperto che anche la madre e i fratelli della bambina avevano lo stesso problema: durante la febbre, i loro globuli rossi si rompevano troppo facilmente.
Analizzando più in dettaglio questa nuova emoglobina, i ricercatori hanno quindi trovato qualcosa di straordinario: nel gene che produce la catena beta dell’emoglobina (chiamato HBB) c’era una duplicazione di 23 aminoacidi, i “mattoncini” che compongono le proteine. Una modificazione così estesa non era mai stata vista prima nelle emoglobine instabili e, normalmente, ci si aspetterebbe che una alterazione così grande rendesse la proteina completamente non funzionante. Per capire come, invece, questa emoglobina anomala potesse comunque funzionare in condizioni normali, i ricercatori hanno usato tecnologie all’avanguardia, tra cui l’intelligenza artificiale e le reti neurali (le stesse tecniche che hanno recentemente vinto il Premio Nobel per la chimica). Così, creando un modello 3D della proteina, hanno fatto una scoperta affascinante: la parte duplicata si comporta come una bandiera al vento, muovendosi liberamente all’esterno della struttura principale della proteina senza interferire con il suo centro attivo, dove avviene il legame con l’ossigeno e il ferro.
Per verificare cosa succedesse durante la febbre, i ricercatori hanno utilizzato una tecnica chiamata “dinamica molecolare”, ricreando al computer le esatte condizioni del sangue umano, compresa la sua salinità, a una temperatura di 38°C. Hanno così scoperto che, con l’aumento della temperatura, questa “bandiera” proteica causa l’instabilità dell’intera struttura, facendo perdere all’emoglobina il contatto con l’atomo di ferro essenziale per il trasporto dell’ossigeno.
L’importanza di questa scoperta è dovuta a due ragioni principali. Anzitutto, essa ci aiuta a capire meglio come funzionano le malattie rare del sangue, che, in prospettiva, potrebbero diventare più frequenti in Italia con l’aumentare della diversità genetica della popolazione. In secondo luogo, essa dimostra come i computer e l’intelligenza artificiale possano rivoluzionare il modo in cui studiamo le malattie, offrendo alternative più veloci ed economiche rispetto a metodi tradizionali come la cristallografia a raggi X.
Anche questo progetto, dunque, è stato realizzato grazie alla collaborazione di diversi ospedali e università italiane, dimostrando ancora una volta come il lavoro di squadra tra medici, ricercatori ed esperti di tecnologia possa portare più facilmente a scoperte importanti per la cura della salute delle persone.