Tornare alla libertà. Il regista Weiskopf percorrerà l’Italia, da nord a sud, in sella ad una Vespa
Un docufilm per raccontare la ripartenza dell’Italia e degli italiani dopo l’emergenza sanitaria causata dal Covid-19.
A mezzanotte del 16 giugno l’Austria ha riaperto i propri confini verso l’Italia. Il valico del Brennero era deserto. “Pioveva a dirotto. C’erano solo 7 gradi. Una cosa pazzesca. E non c’era letteralmente nessuno”. Solo una trentina di militari, che hanno visto Hermann Weiskopf entrare in Italia in sella alla sua Vespa. Il registra austriaco, autore del pluripremiato film “Otto Neururer. Una luce nelle tenebre”, è stato il primo a oltrepassare il confine dopo il lockdown. Per Weiskopf è stato un ritorno a lungo atteso nel Bel Paese, a cui da anni è particolarmente legato. Ma non solo. Perché quella notte, al Brennero ha preso il via il suo nuovo lavoro, “Ride back to freedom” (tornare alla libertà) il titolo provvisorio, un docufilm per raccontare la ripartenza dell’Italia e degli italiani dopo l’emergenza sanitaria causata dal Covid-19. L’idea è nata durante il lockdown: raccontare il nostro Paese impegnato ad attraversare un periodo complesso, durante il quale ogni sforzo è teso a tornare ad una nuova “normalità”, diversa da quella che vivevamo prima dell’8 marzo di quest’anno.
Tutt’altro che casuale la scelta di percorrere l’Italia, da nord a sud, in sella ad una Vespa. La celebre due ruote, icona internazionale del made in Italy, è simbolo anche del “viaggiare lento”. “Veniamo da un tempo in cui la nostra quotidianità era segnata dalla frenesia delle corse e dalla velocità – spiega il regista che vive a Innsbruck – ora, nella ripartenza è necessario cambiare ritmo. Dobbiamo viaggiare più lentamente per poter assaporare meglio ciò che ci circonda”.
Ad accompagnare il regista c’è una troupe di quattro persone, tra cameramen e fonici. Difficile dire quando il docufilm sarà pronto per essere proiettato nelle sale. Ma fin da ora Weiskopf intende presentare questo lavoro a diversi festival internazionali del cinema.
Per raccontare i cambiamenti che la pandemia ha prodotto non solo nel tessuto sociale del nostro Paese, ma innanzitutto in noi stessi, Weiskopf ha pensato a un itinerario sulle orme della memoria, della spiritualità, della fede e della natura. Non tutto, però, è stato definito. Il copione, infatti, si scrive giorno per giorno, “On the road”, in base agli incontri e alle suggestioni che le nostre città e il paesaggio italiano suggeriranno. Poche interviste, più spazio al dialogo, all’incontro con le persone.
Le tappe del viaggio – che durerà un mese e si dovrebbe concludere, salvo variazioni dell’ultima ora, all’isola di Ponza – sono puntualmente documentate da Weiskopf sulla sua pagina Facebook, dove fin da ora si può avere un assaggio dell’Italia ferita, che cerca di rimettersi in piedi. Un’Italia con la mascherina, raccontata attraverso gli occhi di uno straniero.
Dal tramonto sul lago di Caldaro (in provincia di Bolzano) a Torri del Benaco sul Garda. Da Verona al fiume Po, passando per Gardaland. Da Riccione a Todi e Assisi, nella terra di san Francesco. E poi ancora Venezia, con la basilica di San Marco riflessa in uno specchio d’acqua, alla città di Parma, dove Weiskopf prima si ferma ad ammirare una piazza Duomo deserta e poi fa un salto all’Arena Estiva, per vedere un film all’aperto.
Per ogni tappa c’è un motivo di rinascita. Nella città di Giulietta e Romeo, il regista austriaco ha scelto come tema la musica. In piazza dei Signori il tenore Cristian Ricci ha interpretato il “Nessun dorma” di Puccini. Un brano che, come spiega lo stesso Ricci, durante le settimane di chiusura è stato un canto di dolore e di speranza, dell’attesa dell’alba e che ora, che sembra che quest’alba stia per venire, diviene un canto di determinazione per la ripresa.
E poi ancora l’Abruzzo e Roma, dove il registra tirolese si è fermato ad ammirare il Colosseo avvolto dal silenzio della notte. L’alba sorge, poi, a Pomigliano d’Arco, dove il sole all’orizzonte abbraccia lo stabilimento automobilistico Giambattista Vico, divenuto negli ultimi dieci anni un’eccellenza italiana.
Non sono mancate in questi giorni anche tappe molto intense, come quella nella città di Bergamo. “Ci siamo recati al cimitero monumentale, che abbiamo tristemente imparato a conoscere nelle immagini che ci mostravano le colonne di mezzi dell’esercito in partenza con le salme delle vittime del Covid-19 – racconta Weiskopf in un’intervista al settimanale diocesano “Katholisches Sonntagsblatt” – immagini che hanno scosso tutto il mondo e che ci hanno raccontato il periodo più buio e tragico di questa pandemia. Abbiamo incontrato il francescano p. Marco Bergamelli, responsabile della chiesa di Ognissanti del cimitero della città lombarda. E in quella chiesa, che ha accolto centinaia di bare, abbiamo lasciato un mazzo di rose bianche, quale omaggio alla gente e alla città di Bergamo”. Perché la nuova libertà che abbiamo davanti a noi è intessuta dei tanti, troppi volti “che sono andati avanti”, come dicono gli Alpini, e del dolore che abbiamo attraversato.
“L’Italia si sta rialzando – aggiunge Weiskopf -. Non è ancora tutto finito, ma stiamo assistendo ad un notevole miglioramento della situazione. Questo è quello che intendiamo raccontare e questo è quello che stiamo raccontando”.