“Emozioni in quarantena”, con il Covid a rischio l’apprendimento dei più piccoli
Una ricerca dell'Unicusamo evidenzia le carenze subite durante il lockdown dai bambini tra i 3 e i 6 anni: rallentamento nello sviluppo sociale, linguistico e cognitivo. Ora “occorrono nuovi metodi d’insegnamento”
La scuola riaprirà, o almeno così sembra. Ma non potrà essere la stessa di prima. E non solo per le novità imposte dal rischio di contagio – quindi maggiori spazi, nuovi banchi, dispositivi di protezione, orari differenziati ecc. - ma anche perché occorrerà tener conto delle conseguenze del lockdown. Ad evidenziare questo aspetto e la conseguente necessità di nuovi metodi d'insegnamento è la ricerca di Unicusamo “Emozioni in quarantena”, condotta da Stefania Morsanuto, professoressa di Psicologia speciale all’Università Niccolò Cusano, e pubblicata sulla rivista internazionale QTimes – Journal of education, technology and social studies.
Grazie al supporto dell’Heracle Lab dell’ateneo telematico, presieduto da Francesco Peluso Cassese, sono state mostrate delle immagini ai bimbi, fra i tre e i sei anni, che riproducevano sfere di vita quotidiana: si è così scoperto come, durante il periodo di quarantena, i più piccoli non siano riusciti a comprendere i motivi di allontanamento dalla scuola e dalle amicizie, fondamentali per i loro processi di sviluppo e crescita. Privati improvvisamente della propria vita e dei percorsi di apprendimento, hanno ora bisogno di essere accompagnati nel recupero delle competenze e delle abitudini interrotte.
Socializzazione, linguaggio e corporeità: tre competenze da recuperare
Secondo lo studio, sono tre gli ambiti di sviluppo che hanno subito maggiormente l'impatto dell'isolamento e che sono tre capisaldi del tradizionale percorso educativo e cognitivo: primo, socializzazione, ricca di stimoli esterni e di confronto per lo sviluppo delle proprie capacità. Secondo, il linguaggio: secondo Morsanuto, durante il lockdown i bimbi “non hanno potuto affinare parole e modi di comunicare perché, a differenza dei coetanei, i genitori capiscono anche quando, per esempio, la pronuncia delle parole è errata. Un meccanismo che impedisce loro di autocorreggersi”.
A mancare è stata poi la corporeità: chiusi in casa, senza contatti con stimoli esterni, hanno dovuto rinunciare alla parte fisica, indispensabile per il loro sviluppo e per la conquista della propria autonomia. “L’apprendimento – afferma Morsanuto – si completa attraverso il corpo, le relazioni con gli altri e l’ambiente circostante. Tutto questo è stato negato loro”.
Emozioni in quarantena
Forte, evidentemente, anche l'impatto emotivo: dalla ricerca emerge come i piccoli, nonostante fossero in grado di riconoscere sentimenti primari quali gioia, dolore o rabbia, non abbiano saputo poi dar loro un significato. “In sostanza – chiarisce Morsanuto – capivano che la mamma era triste o preoccupata durante il lockdown, ma senza saperne il perché. Di fronte all’immagine di genitori preoccupati davanti alla TV per il Covid-19 – continua la docente – è emerso che a volte i bambini riconoscevano il simbolo del coronavirus ma non capivano la preoccupazione dei familiari, altre volte i piccoli pazienti erano in grado di riconoscere l’espressione preoccupata di mamma e papà ma non identificavano il simbolo trasmesso dalla televisione”.
Verso il rientro in classe
Cosa fare, allora, in vista dell'auspicato e annunciato rientro in classe? “Con il ritorno fra i banchi gli insegnanti avranno un ruolo decisivo e dovranno mostrare grande sensibilità”, è il pensiero della psicologa. Il suo suggerimento è di ricorrere a tecniche didattiche che riportino al centro l’educazione formativa, l’alfabetizzazione emotiva e le risorse resilienti nei bambini attraverso diversi strumenti come i giochi di ruolo o i silent book, libri che attraverso le immagini li stimolano a costruire storie”.