Coronavirus Covid-19. Comunità di Sant’Egidio: “Creare reti di prossimità intorno agli anziani”
La fascia della terza età è quella sta soffrendo di più per la diffusione del contagio, sia in termini di vittime sia in termini di solitudine. Se tocca ai medici strappare più vite possibili alla morte, ci sono i volontari, che cercano di farsi vicini anche attraverso una telefonata. Se ci sono poi necessità improrogabili, nel rispetto delle disposizioni, si cerca di aiutare gli anziani in ogni modo
Gli anziani: sono loro a soffrire più di tutti coronavirus, sia perché la maggior parte delle vittime si concentra nella fascia di età più avanti negli anni sia perché la prudenza legata all’emergenza li confina in casa, in una solitudine più dolorosa che mai. Ci sono, però, volontari che non li lasciano soli neppure in questo frangente, soprattutto con una telefonata o, quando c’è una necessità improrogabile, con un intervento, nel rispetto delle disposizioni vigenti. È il caso della Comunità di Sant’Egidio che non fa mancare il calore agli anziani che abitualmente segue, così a Napoli come a Milano.
“In questo momento, nel rispetto assoluto delle disposizioni governative e regionali,
abbiamo dovuto intensificare la ‘vicinanza’ agli anziani
prevista dal Programma Viva gli anziani, che prevede un monitoraggio attivo della popolazione over 80. Il monitoraggio avviene, di solito, telefonicamente e attraverso visite domiciliari e interventi di prossimità. Adesso abbiamo decuplicato il monitoraggio telefonico”, ci racconta Bianca Frattini, responsabile del Programma Viva gli anziani della Comunità di Sant’Egidio a Napoli, che impegna 10 operatori e una cinquantina di volontari. “Abbiamo in carico 1.900 anziani, che vivono in alcuni quartieri del centro storico di Napoli: Rione Sanità, Quartieri Spagnoli, Montesanto, San Lorenzo. In questi giorni di emergenza legata al coronavirus stiamo telefonando a tutti, lavoriamo mattina e pomeriggio: innanzitutto, ci informiamo di come stanno, se hanno bisogno di qualcosa, dalla spesa alle ricette mediche e all’acquisto di medicine o a rinnovi di pratiche in scadenza di piani terapeutici o per ricevere i pannoloni. Per visite mediche già prenotate ci informiamo dove ci sono ancora ambulatori aperti o la possibilità di spostarle. Quando andiamo a portare la spesa o le medicine abbiamo mascherine e guanti, ci fermiamo comunque sull’uscio.”, spiega. Ai 1.900 anziani seguiti “stiamo distribuendo una lettera con il decreto della presidenza del Consiglio dei ministri ma anche per farci presenti con loro, accanto alla telefonata, per raggiungere veramente tutti. Nella lettera, oltre a dare informazioni utili, segnaliamo la nostra disponibilità ad aiutarli in caso di necessità improrogabile”. L’obiettivo è
“creare una rete intorno agli anziani perché nella nostra esperienza è questa che vince.
Le reti di prossimità vanno dal portiere, che è una figura fondamentale, al farmacista, dai commercianti ai vicini e ai familiari. Ma in questi giorni difficili ci sono anche anziani con figli in altre città che non si sono potuti spostare. C’è un anziano in una Rsa con una figlia a Roma e un figlio a Milano e siamo andati noi a portare la biancheria pulita. All’Arenaccia c’è un portiere molto disponibile a cui abbiamo chiesto di citofonare a tutti gli anziani che abitano nel suo condominio e poi ci richiama tutti i giorni per darci notizie. Negli istituti facciamo videochiamate grazie alla collaborazione degli operatori o in qualche caso dell’anziano stesso con un cellulare abilitato”.
In questa emergenza “tutti gli anziani sono preoccupati, vogliono sapere come evitare a contagiarsi e paragonano quanto stiamo vivendo con loro esperienze del passato: la guerra o anche il colera a Napoli. In questo momento difficile bisogna moltiplicare la solidarietà: così si può spezzare l’angoscia. Ma è anche bello che gli anziani si preoccupino per i giovani: una signora mi ha detto che sta tanto pregando per loro. Qui
la fede è una grande forza degli anziani,
la sospensione delle messe è un colpo duro per loro, ma ci hanno detto che attraverso la televisione pregano con Papa Francesco che celebra la messa la mattina”.
Da qualcuno “viene anche la richiesta di imparare a usare il tablet per restare in contatto con i parenti lontani non solo con il telefono.
Anche la rete familiare in quest’emergenza sta reggendo. In alcuni casi i figli si sono trasferiti a casa degli anziani per non lasciarli soli. Molti, però, purtroppo sono soli”.Frattini ricorda anche “un’anziana che si è preoccupata di un senza fissa dimora che sta sotto casa sua: gli ha preparato da mangiare e noi gliel’abbiamo portato”.
Ai 1.900 anziani seguiti attraverso il Programma Viva gli anziani si aggiungono un altro migliaio che la Comunità di Sant’Egidio segue negli istituti di Napoli e Provincia e in altri quartieri come Secondigliano e San Giovanni a Teduccio dove il Programma non è attivo, ma c’è comunque il servizio di Sant’Egidio per gli anziani.
A Milano è attivo il Servizio anziani della Comunità di Sant’Egidio. Maria Luisa Cito è la responsabile: “Noi seguiamo diverse centinaia di anziani in Rsa e una quarantina nel quartiere di Corvetto. Ora, dopo la chiusura delle Rsa per chi viene da fuori, ci stiamo concentrando sugli anziani del quartiere, soprattutto le persone sole che sono in maggiore difficoltà.
Anche noi abbiamo incrementato il monitoraggio attraverso le telefonate e interveniamo in situazioni di effettiva necessità per bisogni primari o per problemi di salute.
Laddove c’è bisogno, facciamo delle consegne e aiutiamo a restare in rete con altri servizi che sono offerti dal comune e dal privato sociale, di cui fortunatamente Milano è ricca. I nostri adolescenti continuano a monitorare telefonicamente gli anziani in Rsa e progettano con loro momenti di festa per il futuro”. Sta facendo la sua parte anche il Movimento “Genti di pace”, costituito da persone di origine straniera che hanno frequentato o frequentano la scuola di italiano della Comunità di Sant’Egidio e che vanno a trovare gli anziani in Rsa, mandando bigliettini e cartoline. “Gli anziani che contattiamo ci raccontano di aver paura e le difficoltà legate a dover cambiare le loro abitudini, non poter andare in chiesa per la messa, incontrare gli amici per giocare a carte o partecipare al momento di preghiera con noi.
E poi c’è tanta solitudine: per tanti se non telefoniamo noi non li chiama nessuno”.
Il Servizio gestisce anche “una piccola convivenza per quattro anziani in un bene confiscato che ci è stato affidato dal comune di Milano; è un’esperienza alternativa alla Rsa. Questa casa è tutt’ora aperta con le precauzioni del caso.
Siamo molto frastornati perché le cose cambiano molto in fretta – confida Cito -, ma cerchiamo rispondere alle richieste malgrado le difficoltà che abbiamo anche noi volontari”.