Brexit: Consiglio europeo, i leader Ue chiamati a stabilire la nuova data per il recesso del Regno Unito
Un Consiglio europeo di poche ore, ma carico di tensioni e di interrogativi: nel Palazzo dell’Europa, che ospita a Bruxelles i 28 capi di Stato e di governo per l’ennesimo meeting straordinario sul Brexit, è tutto pronto: consueta scenografia di bandiere e tappeti, misure di sicurezza dentro e fuori il palazzo, sala riunioni allestita, telecamere, giornalisti in gran numero.
I leader stanno arrivando secondo il consueto protocollo: alle 18 breve scambio di vedute con il presidente del Parlamento europeo (la posizione dell’Assemblea esclude il “no deal” e anche la revisione dell’accordo, è favorevole a una estensione dei termini del recesso, indica però la necessaria partecipazione al voto per il rinnovo dell’emiciclo in caso di estensione di medio-lungo periodo); alle 18.30 incontro con la premier britannica Theresa May. A seguire cena di lavoro (senza la May) per preparare la risposta alle richieste provenienti da Londra. Infine, presumibilmente a tarda sera o in nottata, conferenza stampa del presidente del Consiglio europeo Donald Tusk e della Commissione Jean-Claude Juncker per rendere note le decisioni assunte. La richiesta proveniente dalla May è chiara: spostare ancora una volta la data di uscita del Regno Unito dall’Ue fino al 30 giugno (le date precedentemente indicate erano state: 29 marzo, poi 12 aprile e infine 22 maggio, vigilia delle elezioni dell’Europarlamento).
Dunque le incognite si concentrano proprio sulla data, dando per scontato che i 27 accetteranno la richiesta di proroga, viste le laceranti divisioni interne al governo inglese e alla Camera dei Comuni. Alcuni Paesi insistono su un divorzio che preceda le elezioni, per evitare di intralciare ulteriormente il cammino delle istituzioni comunitarie; altri Stati preferiscono il 30 giugno, assegnando un po’ più di tempo a Londra per un accordo interno alle istituzioni britanniche, senza peraltro far partecipare l’isola alle elezioni di maggio, dato che l’insediamento ufficiale della futura Euroassemblea è stabilito al 2 luglio. Altra ipotesi colloca l’uscita del Regno Unito alla fine del 2019, e un’altra ancora (sostenuta anche da Tusk) al marzo 2020: in questi casi i cittadini britannici sarebbero chiamati alle urne per eleggere i loro eurodeputati. Nel frattempo la politica inglese resta lacerata, soprattutto con uno scontro acceso tra “breexiters” e sostenitori di un secondo referendum sul Brexit.