Nemmeno la pandemia arresta il consumo di suolo. E se un disegno di legge si incaglia in Senato...
«Ci sono interessi dettati da una volontà speculativa sulle rendite fondiarie, storica sacca di interessi speculativi italici, e da una falsata idea di vecchia matrice culturale, figlia del dopo guerra, che affida all'edilizia la ripresa economica». Paola Nugnes, senatrice di Sinistra Italiana, ha presentato il disegno di legge a contrasto del consumo di suolo, ma la sua proposta giace in un cassetto chiuso del Senato. La sua intervista nella seconda inchiesta di Mappe.
«Temo sia definitivamente arenata». Un velo di amarezza, un’opportunità – forse l’ennesima – naufragata. È proprio da Glasgow, per qualche settimana ombelico del mondo per la Cop26, che la senatrice Paola Nugnes di Sinistra Italiana, parla del disegno di legge a contrasto del consumo di suolo. Lei, che ha presentato il ddl, osserva la realtà e guarda questo tema impantanarsi un'altra volta: «Quella era sicuramente una legge quadro di grandissima importanza che aveva tra le tante proposte anche quella del "forum salviamo il paesaggio" – a mia prima firma – elaborata da 72 esperti di grandissima levatura. Simo passati a esaminare, solo in Commissione ambiente, un testo, a cui si sono aggiunti altri testi, sulla "rigenerazione urbana" che è uno “strumento” finalizzato a rallentare il consumo del suolo. Ma è solo uno strumento, non la legge quadro sul suolo di cui abbiamo bisogno. È stato votato martedì (9 novembre, ndr) in commissione un testo congiunto, sostitutivo, a firma dei relatori, del precedente testo congiunto che pure era stato votato da tutti, ma elaborato con la precedente maggioranza, ossia quella del Conte due. Io sono correlatrice anche di questo testo».
In Italia se n’è mai parlato in passato con questa consapevolezza?
«Non credo si possa parlare ancora di consapevolezza diffusa, come dovrebbe. Purtroppo ancora si ignora cosa è il suolo, l'importanza che il suolo ha nei cambiamenti climatici, per la cattura della CO2, la conservazione delle acque, la tutela del territorio contro i dissesti, la produzione alimentare, la conservazione della biodiversità indispensabile per i cambiamenti climatici».
Ci sono interessi “contrapposti” che stanno in qualche maniera ostacolando questa legge? Chi ha interessi nell’edilizia, nella produzione…
«Ci sono interessi dettati da una volontà speculativa sulle rendite fondiarie, storica sacca di interessi speculativi italici, e da una falsata idea di vecchia matrice culturale, figlia del dopo guerra, che affida all'edilizia la ripresa economica. Oggi è chiaro che ci si deve spostare dal costruire ex novo alla rigenerazione sul vecchio, ma rischiamo di portarci dietro le stesse logiche speculative, l'interesse di "rigenerare" le aree più appetibili e non quelle che ne hanno davvero bisogno, per moltiplicare le rendite creando gentrificazione, aggredendo i nostri centri storici non vincolati, consumando suolo con le deroghe negli abbattimenti e ricostruzioni, senza controllo pubblici, puntando solo a semplificazioni e all'accesso al fondo pubblico. È contro questa pressione di Ance (Associazione nazionale costruttori edili, ndr) e degli enti locali che dobbiamo resistere. Loro vorrebbero continuare con le proprie legislazioni, avere solo maggiori licenze e deroghe e attingere ai soldi pubblici. Questa non è rigenerazione urbana, che necessita di piani e di mano pubblica, ma liberalizzazione edilizia privata e speculazione».
In Veneto nel 2017 è stata istituita una legge regionale contro il consumo di suolo. Eppure, nonostante tutto, questa regione è la seconda in Italia per aree cementificate e nemmeno la pandemia ha arrestato questa tendenza. Padova ha praticamente il 50 per cento del suo territorio cementificato. Il suo sguardo esterno cosa può dire?
«Non sono io a dirlo ma i rapporti Ispra sul suolo, continuiamo a consumare 2 metri quadrati di suolo al secondo, anche in pandemia. Questo vuol dire solo una cosa: le leggi regionali sul consumo del suolo, nonostante le dichiarazioni di intenti nelle premesse, hanno fallito. È ora di prenderne atto».
Dov’è l’intoppo sulla tendenza a costruire il nuovo e a non rigenerare il vecchio? Costa troppo?
«La rigenerazione costa di più, è indubbio, per questo sono previsti incentivi e defiscalizzazioni importanti».
Ci siamo dati l’impegno di arrivare alla decabornizzazione entro il 2050, il che presuppone che già da oggi (anzi da ieri) è necessario ragionare su energie provenienti da fonti rinnovabili. Pensiamo a impianti fotovoltaici soprattutto che dovranno essere collocati. Avrebbe senso piazzarli su terreni già edificati? C’è il rischio che senza regolamentazione questo non avvenga, andando a consumare altro suolo (magari agricolo)?
«Si c'è il rischio, eppure è stato provato che se occupassimo davvero tutti i tetti raggiungeremo gli obiettivi, oggi si parla di agrifotovoltaico, ma rischiamo di trasformare i nostri agricoltori in affanno in produttori di energia, e questo mette in serio rischio le nostre produzioni, anche quelle di qualità. Va approfondita la questione e si deve investire nella ricerca di sempre migliori soluzioni nel campo delle rinnovabili e nella loro resa energetica. Il settore è in continua innovazione».
Quali possono essere le prospettive future per armonizzare le necessità del pianeta, del nostro vivere bene e degli interessi strettamente economici? Come si può ripensare a una città, rigenerandola, o a un territorio finalmente sani? Si possono recuperare aree di capannoni dismessi?
«Oggi assistiamo a una stretta delle logiche capitaliste sulla gestione della transizione ecologica – e sarebbe più opportuno parlare di riconversione ecologica – affinché non si mettano neanche in discussione i loro interessi. Ma la verità è che va cambiato il modello di sviluppo e di mentalità predatoria, se davvero si vogliono mitigare i cambiamenti climatici, ma soprattutto se vogliamo davvero attrezzarci alla resilienza ai cambiamenti che sono già in atto».
È una partita che riguarda solo la politica o anche i cittadini possono entrare in gioco? A chi costruisce nuovi capannoni, a imprese edili che costruiscono su nuove aree precedentemente verdi (tutto magari legittimo a livello giuridico, meno “etico” e responsabile) cosa si può dire?
«È necessario diffondere la conoscenza, socializzare la consapevolezza dell'importanza del suolo e del mare per mitigare il cambiamento climatico. Anche per questo con il professore Fabio Terribile e la senatrice Virginia La Mura stiamo lavorando a un testo legislativo sulla "qualità" del suolo, sperando che su questo testo ci siano firme trasversali e che non si alzino scudi come su quello sul consumo di suolo del forum salviamo il paesaggio».