La carica degli 80 mila a San Pietro. Gli adolescenti e le sfide della Chiesa
Chi si sarebbe aspettato una piazza San Pietro strapiena di 80 mila adolescenti da tutta Italia, il lunedì di Pasquetta, per incontrare il papa e per di più senza troppa pubblicità se non per i canali ecclesiali? Prima del Covid sarebbe stato tutto normale.
Due anni dopo quella cesura poderosa che è (stata?) la pandemia certo che no. Anzi, in molti si chiedevano che impressione avrebbero fatto le chiese che proprio in questi giorni sono tornate alla capienza normale: il vuoto temuto ha invece lasciato il posto a un triduo mediamente ben frequentato nelle parrocchie della nostra diocesi e, in più, la sorpresa di questi ragazzi che ti attendi in motorino verso il pic-nic d’ordinanza e ti sbucano tra le enormi braccia del colonnato del Bernini ancora ad aprile 2022. Nato e cresciuto in sordina #Seguimi, l’evento voluto dalla Cei che ha portato a Roma i giovanissimi dello Stivale, ha oggi il sapore di un toccasana per la Chiesa, lo stesso papa Francesco ha descritto la “sofferenza” della piazza, costretta al «digiuno» di pellegrini da Sars-Cov-2. Il rischio è che si traduca anche nell’illusione che allora tutta questa necessità di cambiamento – più volte indicata dallo stesso pontefice, fino al punto di indire lui stesso un cammino sinodale per la Chiesa italiana – non sia reale. Fermare nei fatti il cammino sinodale partito in autunno e orientato al Giubileo del 2025 sarebbe un errore imperdonabile. Anzi, è proprio nel nome di quegli adolescenti, che tutt’oggi crescono e si riconoscono nelle attività offerte dalle loro comunità e dalle associazioni a cui appartengono, che occorre premere sull’acceleratore, compiere un vero discernimento comunitario e chiedersi di quale Chiesa c’è bisogno nel Terzo millennio. Non basta una piazza affollata, anche se si tratta di San Pietro, a farci dimenticare che c’è anzitutto un problema di linguaggio: nella liturgia come nella catechesi, ci sono parole, gesti e pratiche che gli adolescenti del Lunedì dell’Angelo oggi faticano a comprendere; ci sono scelte di vita, a livello vocazionale e morale, che non contemplano più, e gli adulti faticano a renderne ragione, anche a fronte di testimonianze luminose, che noi stessi, qui in redazione alla Difesa, abbiamo la fortuna di mettere in pagina ogni settimana e online ogni giorno.
Ci sono due protagonismi di cui si sente un grande bisogno oggi. Il primo è quello dei giovani: c’è molto che genitori, educatori, nonni possono fare per loro, ma non pretendere di saper indicare o addirittura tracciare la strada per loro. Due sono i doni più preziosi agli adolescenti, il tempo e l’autenticità della vita vissuta con consapevolezza e capacità di scelta. Starà poi a ognuno di questi ragazzi (nelle nostre parrocchie sono molti di più di quelli visti nei tg!) trovare la propria strada. In un mondo per lo più inedito, che muta ogni cinque anni, solo loro lo potranno fare, con l’importanza di sentirsi accompagnati. Il secondo protagonismo è proprio quello della Chiesa. Sciancata, infragilita com’è ancora oggi riesce a portare in piazza un numero di giovani pressoché impossibile da ritrovare in qualsiasi altra proposta, almeno in Italia. Il Vangelo e chi lo narra, almeno alle nostre latitudini e nonostante le difficoltà, sanno farsi promotori di esperienze significative. Eppure l’evento di un giorno non può comprovare un cammino formativo che ha il passo della quotidianità. Nessuno, se non la Chiesa stessa, può scoprire al posto dei pastori e dei laici impegnati come rimodulare oggi questo passo, come declinare nel 2022 la buona Notizia della risurrezione di Cristo. Dati, statistiche, metodi innovativi sono strumenti utili, ma al centro di ogni dialogo ci sono sempre i due (o più) che si parlano e si ascoltano e questo vale anche per il dialogo che sembrava interrotto tra la Chiesa e le nuove generazioni. La Pasquetta romana ci dice che la relazione esiste ancora, ora occorre abitarla con il gusto e la voglia di condividere.