Italia, Europa. L'Italia per costruire il proprio futuro ha bisogno di solidarietà europea
L'Italia per costruire il proprio futuro ha bisogno di una solidarietà europea che vada oltre gli strumenti già approvati.
Con il “decreto rilancio” la misura dello sforzo finanziario dello Stato per reagire ai danni economici della pandemia ha raggiunto il suo picco, per usare una terminologia con cui purtroppo abbiamo imparato a familiarizzare. Varate le misure, resta tutta da giocare la partita della loro attuazione: procedure e tempi rivestono un’importanza decisiva per la sopravvivenza e la ripartenza delle attività lavorative e produttive a ogni livello. Ma le risorse messe in campo non sono illimitate e l’Italia (non solo l’Italia, a dire il vero) per costruire il proprio futuro ha bisogno di una solidarietà europea che vada oltre gli strumenti già approvati e compia la scelta coraggiosa e strategica di un vero piano per la ripresa. Servono 2000 miliardi, ha affermato nei giorni scorsi il Parlamento europeo con un voto che suona come una scossa di fronte alle ostinate resistenze di alcuni governi della Ue, in giorni che sono cruciali per la messa a punto definitiva della risposta dell’Unione alla pandemia.
Per sostenere gli interventi approvati dal Governo, finora si è fatto ricorso a un ingente incremento del deficit pubblico, doveroso in una situazione del genere ma semplicemente impensabile fino a pochi mesi fa. E’ stato possibile – bisogna dirlo chiaramente – anche perché la Banca centrale europea ci ha protetto dalla speculazione internazionale acquistando in maniera massiccia i nostri titoli di Stato, che sono gli strumenti attraverso cui si reperiscono sui mercati finanziari le risorse necessarie per finanziarie il debito pubblico. Stiamo parlando di acquisti per circa 11 miliardi sia in marzo che in aprile, più della metà del totale impegnato in questi due mesi dalla Bce nell’ambito del piano straordinario anti-pandemia. Un’azione che tutelando l’Italia, terza economia dell’Unione, serve a tutelare tutta l’area dell’euro. Perché senza l’Italia la Ue non può reggere. Ma è vero anche il contrario: senza la Ue l’Italia non può farcela.
E’ su questo legame profondo tra le sorti dei singoli Stati e quelle dell’Unione (senza il quale il suo patto costitutivo si dissolve) che si scontrano due narrazioni opposte ma convergenti nel loro sostanziale anti-europeismo: quella di alcuni Paesi nordici che in nome di interessi nazionali miopi hanno frenato e frenano una risposta comune all’altezza della sfida epocale della pandemia e quella delle forze politiche “sovraniste” che a forza di dipingere la Ue come la causa di tutti i mali nazionali hanno minato alla radice le ragioni politiche dell’Unione e anche quello slancio dell’opinione pubblica senza il quale il processo europeo non sarebbe mai andato avanti. Con un paradosso che andrebbe sempre ricordato ai “sovranisti” di casa nostra: sono proprio i “sovranisti” degli altri Paesi condizionare i rispettivi governi in senso contrario a quella corale mobilitazione comune dell’Unione in cui anche gli interessi del nostro Paese troverebbero il loro spazio.
Il problema è che il rapporto con l’Europa viene giocato per lo più in chiave di consenso interno e diventa in molti casi il criterio intorno a cui si consolidano o si trasformano gli equilibri politici. Nel Parlamento europeo hanno votato a favore del superpiano il Pd e il M5S, ma anche Forza Italia. Astenuti Lega e FdI. Sulla questione del Mes, il fondo salva Stati che in una particolare versione anti-pandemia è compreso nel pacchetto Ue, appare in fibrillazione la stessa maggioranza di governo. Il M5S è contrario da sempre e ne fa una questione identitaria. Quando si andrà all’esame in Parlamento potrebbe lasciare libertà di voto ai suoi deputati e senatori, mentre si annuncia la posizione favorevole di Forza Italia. Persino nella Lega, fiera oppositrice del Mes insieme FdI, ci sono dei distinguo perché tra i “governatori” delle regioni del Nord i fondi per la sanità del Mes hanno suscitato un certo interesse. Il “governo attraverso la discussione” è uno dei cardini del pensiero liberal-democratico e quindi ben venga un dibattito vero e non ideologico. Ma è del tutto evidente che anche in Europa avremmo più peso e ascolto se ci presentassimo uniti intorno agli autentici interessi del nostro Paese.