Attacchi a giornalisti e libertà di stampa: l’altra faccia della guerra

Un documento diffuso dal Consiglio d'Europa mette ancora una volta in luce le violenze e i soprusi inflitti agli operatori dei media, specialmente quelli in aree di conflitto. Centinaia di casi solo nel vecchio continente. In cima alla lista Russia, Bielorussia, Georgia

Attacchi a giornalisti e libertà di stampa: l’altra faccia della guerra

Le guerre, le troppe guerre che insanguinano oggi vaste regioni del pianeta, non si combattono più solo con le armi, convenzionali o meno, ma sempre di più con la comunicazione, l’informazione – o meglio la disinformazione –, i social media, il digitale… Ne sono una conferma le minacce di questi giorni di Elon Musk di bloccare agli ucraini l’accesso alla costellazione satellitare Starlink, con il rischio di far “crollare” la difesa di Kiev (minaccia mitigata nei giorni successivi). E sempre più spesso raccontare la guerra espone gli operatori dell’informazione a rischi notevoli, anche riguardo l’incolumità fisica. È quanto si legge nel “Rapporto sulla libertà di stampa in Europa 2024”, pubblicato la scorsa settimana dal Consiglio d’Europa in collaborazione con organizzazioni partner della Piattaforma per la sicurezza dei giornalisti.

Sottotitolo emblematico: “Affrontare la pressione politica, la disinformazione e l’erosione dell’indipendenza dei media”.

Vi si legge: “I rischi che i giornalisti hanno dovuto affrontare nel coprire la guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina sono rimasti la preoccupazione più urgente relativa alla sicurezza dei giornalisti in Europa nel 2024”. Il rapporto identifica anche come “gravi minacce” la sorveglianza digitale dei giornalisti e i suoi rischi per la riservatezza delle fonti, la repressione transnazionale dei giornalisti, in particolare, da Russia e Bielorussia, e la tendenza alle pressioni su media e giornalisti da parte dei governi in alcuni Paesi. Il rapporto mette in guardia dalla “crescente minaccia della disinformazione, inclusi contenuti generati dall’intelligenza artificiale e propaganda di Stato, utilizzati per manipolare l’opinione pubblica”.
Così il Consiglio d’Europa ha nuovamente invitato governi e istituzioni a “sostenere la libertà di stampa attraverso riforme politiche, trasparenza e maggiori protezioni contro minacce e molestie”.

Nel 2024 sono stati denunciati 266 casi di attacchi fisici, intimidazioni, detenzioni, impunità e altre azioni restrittive verso i cronisti di guerra.

Non stupisce che i Paesi con il numero più alto di segnalazioni siano stati Ucraina (40), soprattutto dai territori occupati dalla Russia, Russia (32), Turchia (28), Serbia (20) e Georgia (18).
In questi Paesi europei (ma fuori del vecchio continente la situazione può essere anche peggiore) si registra una vera e propria escalation di violenze contro gli operatori dell’informazione e attacchi alla libertà di espressione. Il rapporto cita casi specifici, con nomi e cognomi, di giornalisti uccisi, arrestati, minacciati solo perché stavano raccontando l’orrore della guerra. Altri casi riguardano vicende politiche, copertura mediatica di elezioni, racconto di diritti umani negati…
Si può forse imbavagliare l’informazione, si può pressare la propria opinione pubblica e manipolarla perché si persuada di conflitti e soprusi (in questo la Russia è, oggi, in cima alla lista). Ma guerre e violenze resteranno mali imperdonabili.

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Fonte: Sir