Il "treno della discordia" e quell'accessibilità tutta (o quasi) da costruire

Anmic esprime “ferma condanna per il comportamento discriminatorio e solidarietà ai ragazzi disabili”. Anglat: “Caso particolare, situazione di emergenza. Ma l'accessibilità va migliorata, soprattutto nei treni regionali”. E l'associazione Haccade chiarisce: “Responsabilità è di Trenitalia”

Il "treno della discordia" e quell'accessibilità tutta (o quasi) da costruire

Continua a far discutere la vicenda dei 27 passeggeri con disabilità che non sono riusciti a salire sul treno regionale da Genova a Milano, perché i posti riservati erano stati occupati da altri passeggeri. Sebbene la soluzione sia arrivata, tramite un pullman sostitutivo, il problema resta, messo in luce dall'emblematico episodio: l'accessibilità dei mezzi di trasporto è ancora un'impresa, più che una realtà. E nella ricerca delle responsabilità e delle cause, si dividono le associazioni.

Anmic, dal canto suo, “condanna con fermezza il comportamento inqualificabile e discriminatorio - dichiara il Presidente nazionale Nazaro Pagano - che segna non solo una totale mancanza di civiltà nei confronti delle persone disabili, ma soprattutto la violazione dei loro diritti fondamentali e di cittadinanza, così come declinati dalla Convenzione Onu del 2006 sui diritti delle persone con disabilità”. Preso atto che è stato depositato un esposto alle Procure della Repubblica di Genova e di Milano con l’ipotesi di violenza privata al fine di accertare eventuali responsabilità penali, Anmic assicura che “seguirà l’evolversi della vicenda processuale, attraverso il suo Ufficio nazionale contro le discriminazioni nei confronti delle persone con disabilità ed anche attraverso il proprio Ufficio legale e valuterà infine la possibilità di costituirsi parte civile”. L’associazione sottolinea inoltre “la necessità di garantire la piena accessibilità dei treni e delle stazioni ferroviarie e si rende quindi disponibile a collaborare in modo ancora più intenso con le Ffss e con Trenitalia e tutte le istituzioni, per implementare i sistemi di garanzia per la fruizione dei posti riservati e rinforzare altresì le misure di controllo ed intervento contro le violazioni dei diritti dei cittadini disabili”. Al tempo stesso, il presidente Pagano esprime “solidarietà e forte vicinanza ai ragazzi coinvolti nelle vicenda, nella speranza che episodi come questi non debbano più ripetersi”.

Fa chiarezza, però, l'associazione Haccade, di cui i ragazzi e gli accompagnatori fanno parte: “Siamo arrivati alla stazione di Piazza Principe con un'ora di anticipo. Il personale di assistenza ci ha proposto , per possibili sovraffollamenti dei treni, di viaggiare per mezzo di un autobus: proposta da noi rifiutata, in quanto aventi diritto, come da prenotazione e accordi presi. Inoltre, dovevamo poter garantire la discesa di una persona del gruppo alla fermata di Milano Rogoredo, cosa che l'autobus ha comunicato di non poter permettere in alcun modo. Il treno è arrivato al binario colmo di passeggeri ammassati in piedi sia nei vagoni sia nei passaggi tra una carrozza e l'altra, pertanto il personale ferroviario e l'assistenza ci hanno invitato ad aspettare per capire come poter risolvere la situazione. Sul binario è intervenuta la Polfer, ma non è stato possibile salire sul treno, perché viaggiava con almeno una carrozza in meno. Come associazione, ci teniamo a sottolineare che questo spazio doveva essere garantito prima della salita dei passeggeri e non riteniamo modalità adeguata ipotizzare la discesa di trenta passeggeri, in quanto non sarebbero potuti rimanere sul mezzo neanche in piedi. Riteniamo che il disagio causato a noi sia un disagio causato anche ai passeggeri dello stesso treno che, informalmente, ci hanno espresso dispiacere e difficoltà”. La conclusione della vicenda è che “siamo arrivati a Milano più di due ore dopo l'arrivo previsto, in un autobus privo di servizi igienici e in condizioni climatiche non adeguate”. Non solo: “Alla discesa non era presente nessuno: personale di assistenza o simili”. La condanna, insomma, non andrebbe indirizzata verso i passeggeri che non si sono alzati, ma piuttosto verso Trenitalia, che non ha saputo garantire un servizio e quindi tutelare un diritto.

Un'analisi in parte condivisa da Roberto Romeo, presidente di Anglat, l'associazione da sempre attenta al diritto a una mobilità accessibile e per tutti. Che però precisa: “Si tratta di un caso eccezionale, in una situazione emergenziale – afferma – Una situazione particolare, che tuttavia fa emergere alcuni punti: da un lato, certamente la poca attenzione e lo scarso senso di civiltà e rispetto da parte degli altri passeggeri, che non hanno consentito ai ragazzi di accomodarsi nei posti riservati. Va però detto che in quel treno era stato tolto un vagone, a causa di atti vandalici: è questo che ha determinato l'emergenza e il sovraffollamento del vagone. Soprattutto, però, la vicenda mette in evidenza la necessità e l'urgenza di intervenire sull'accessibilità sia delle infrastrutture che dei treni, soprattutto nel trasporto regionale, che presenta maggiori criticità rispetto a quello nazionale. Questo però richiede tempo e investimenti: i fondi del Pnrr potrebbero essere utili per implementare l'accessibilità, ma non bastano. E' necessario che si compia un ulteriore passo, che superi la categorizzazione tra le varie tipologie di cittadini e che si ragioni in termini di accessibilità come risorsa universale per tutti. Per esempio, se i fondi sono destinati a implementare il parco mezzi su ferro o su gomma, questi dovrebbero essere obbligatoriamente finalizzati all'acquisto di mezzi accessibili, il che porterebbe i comuni, dal canto loro, a rendere accessibili le fermate. E' questo il meccanismo di accessibilità che si deve attivare, per garantire quel diritto alla mobilità per tutti che da sempre è al centro delle nostre attività e battaglie. L'auspicio è che vicende come questa aiutino a compiere un passo avanti di civiltà”.

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)