La storia di Marco Viani e Lucia Lunghini tra amore, forza e disabilità
Marco Viani, ex promessa della Fiorentina, ha affrontato una vita segnata dalla disabilità dopo un incidente nel 1968. Insieme alla moglie Lucia Lunghini, racconta una storia di amore, forza e resilienza. Tra pregiudizi superati, difficoltà quotidiane e momenti di felicità, il loro legame è una testimonianza di speranza. “L’amore ci ha reso più forti della disabilità”, dice Marco, che grazie alla fede e alla passione per il calcio ha trovato nuovi orizzonti

Marco Viani era una giovane promessa della Fiorentina, ma nel 1968 un tuffo in mare lo ha lasciato completamente paralizzato a causa di gravissime lesioni spinali. Lucia Lunghini, collega giornalista, è sua moglie. Vivono a Firenze. Li abbiamo intervistati per parlare di malattia (l’11 febbraio è la Giornata del malato), di amore (il 14 febbraio è la festa di San Valentino) ma anche di vita e attualità. Sono davvero un esempio per tutti.
Lucia, Marco, com’è nata la vostra storia?
Lucia: “Galeotto fu un comunicato stampa. Lavoravo al Coni di Firenze come addetta stampa ed era tempo che sentivo parlare di questo Marco Viani in ufficio. Tutti, ma soprattutto tutte, ripetevano: ‘Ma quanto è gentile Marco Viani, ma come è bello Marco Viani, ma come è bravo Marco Viani!’ … e io dentro di me dicevo: ‘Maremma, che palle ‘sto Marco Viani!’ Poi il mio presidente, Paolo Ignesti – che ringrazio ancora ogni volta che lo incontro – mi mandò da Marco Viani per preparare un comunicato stampa congiunto per la Giornata Olimpica, che quell’anno, il 1998, si celebrava nel Salone de’ Cinquecento in Palazzo Vecchio con l’associazione Giglio Amico, di cui Marco era presidente. Così entrai in quella casa e non ne sono più uscita. Fu un colpo di fulmine, almeno per me.
Il sorriso e gli occhi verdi di Marco mi stesero istantaneamente.
Poi la sua gentilezza d’animo, il suo modo di parlare e di abbracciare le persone e accogliere il mondo fecero, e ancora oggi fanno, il resto”.
Quanto scetticismo vi ha accompagnato?
Marco: “Scetticismo e pregiudizi sono andati a braccetto, conditi con qualche critica e biasimo. Li comprendevo e accettavo. Anch’io mi mettevo in discussione. C’erano 25 anni di differenza con Lucia. Ne ho sempre tenuto conto, al netto della mia disabilità, che oggi ha 57 anni. Comunque, anche per me quel musino sorridente e solare che intercettai nella primavera del ‘Don Gnocchi’ durante una cena mentre – scusate la franchezza – lo storico amico Vittorio, poi diventato il mio testimone di nozze, mi accompagnava in tutta fretta a fare la pipì, mi rimase ben impresso, fino a che ricomparve nella mia casa di Campo di Marte”.
Lucia: “Lo scetticismo e anche il pregiudizio li abbiamo scardinati ogni giorno. Come? Senza considerarli minimamente, mai. Né per la strada tra gli sconosciuti incuriositi, né con amici e familiari.
Ci siamo impegnati a sorridere forte, anzi fortissimo! A ringraziare a ogni attenzione e a chiedere aiuto a ogni bisogno, senza farsi problemi, in modo naturale e spontaneo. Quando i bisogni che devi risolvere sono essenziali, chiedere diventa una cosa semplice.
Una volta il nostro don Marco (Zanobini) mi disse: ‘Lucia, fai quello che sei, vedrai che si muoveranno montagne!’ E davvero così è stato. La mia famiglia è stata senza dubbio la montagna più alta da scalare, affettivamente parlando. Ne è valsa la pena aspettare, avere pazienza, dare e darsi tempo e provare a capirsi nel rispetto reciproco. Adesso i miei genitori amano Marco esattamente come me!”.
E quante difficoltà avete affrontato insieme?
Lucia: “La nostra vita è piena, molto. Siamo fortunati, anzi privilegiati. Davvero. Abbiamo lottato per costruire cose che per altri sono normali. A volte la voglia di rinunciare vince, ma cerchiamo di ridurre la rinuncia solo a ciò che non ci interessa davvero. E a proposito di fatiche, avete presente partire per il Trentino con il metro in valigia per andare a misurare le porte di una casa da affittare?”.
Marco: “Delle difficoltà ho perso ben presto il conto, ma parimenti anche delle belle sorprese, dei doni della provvidenza – come trovare una minuscola casa al mare perfetta in ogni centimetro per la mia salute – e poi quelli che definisco dei premi alla carriera, come innamorarmi come un bambino a 50 anni, ma anche essere chiamato a scrivere il manuale dell’allenatore professionista al Centro Tecnico di Coverciano e vederlo finire tra i libri di testo per la formazione dei tecnici della massima serie di calcio.
Sì, perché la passione per il gioco del calcio insieme alla fede – e scusate se li metto insieme – mi hanno salvato.
Ricordo ancora la mia prima uscita di casa dopo il tuffo: andai a vedere in tribuna d’onore Fiorentina-Milan allo stadio Franchi, sempre col solito Vittorio”.
Ci sono stati momenti di cedimento?
Lucia: “Se per cedimento s’intende tirarsi i piatti, sì, ci sono stati cedimenti. Per fortuna, aggiungo! Non c’è stato giorno in cui non abbiamo costruito qualcosa di nuovo e di buono, lasciandoci liberi di evolvere anche in solitaria. Marco ha, per la sua disabilità, bisogno costante di aiuti, e ciò confligge con spazi di intimità ogni giorno più preziosi da preservare. È questa, senza dubbio, la questione più difficile da gestire, come moglie. Darsi respiro e tempo è fondamentale. Per il resto, nel mio modo di amare, il tema della disabilità come problema non esiste e di conseguenza il cedimento non ha mai fatto parte del nostro modo di vivere insieme. In nessuna situazione”.
Marco: “Di fronte alle difficoltà, anche quelle maggiori, soprattutto da quando ho perso a distanza di un anno mamma e nonna, mi sono sempre dato il tempo di allargare gli orizzonti e di non fissarmi solo sul problema. In particolare, mi ricordo sempre le parole della Genesi: ‘Tutto tende alla luce!’”.
Simone Pitossi (*)
(*) Toscana Oggi”