Sindrome di Asperger. Arriva il manuale per difendersi dal bullismo e rafforzare abilità e autostima
Difendersi dagli atti di bullismo, imparare a gestire lo stress, sviluppare o migliorare le proprie abilità sociali, migliorare la consapevolezza di sé e delle proprie capacità. In occasione della Giornata internazionale della sindrome di Asperger che ricorre il 18 febbraio, arriva un manuale di auto-aiuto per le persone nello spettro autistico di livello 1, senza disabilità intellettiva e con linguaggio funzionale

Può capitare a chiunque di essere vittima di bullismo, prese in giro, rifiuto e ridicolizzazione ma, rispetto ai colleghi neurotipici, è certamente più probabile per un lavoratore con un disturbo dello spettro autistico. In particolare per chi soffre della sindrome di Asperger, che non si associa a disabilità intellettiva o a ritardo del linguaggio, ma comporta difficoltà nelle abilità sociali e comunicative. Una condizione che lega figure come Elon Musk, Greta Thunberg, Susanna Tamaro e, in passato, Mozart e Newton, e sulla quale il 18 febbraio accende i riflettori la Giornata internazionale della sindrome di Asperger, che prende il nome dal pediatra austriaco Hans Asperger che agli inizi degli anni ‘40 diagnosticò questa condizione inserita nel nuovo Dsm 5 all’interno del disturbo dello spettro autistico.
“Le conseguenze psicologiche” degli episodi di bullismo possono costituire in queste persone “un importante fattore di aumento di stress e di sentimenti di depressione e ansia al lavoro”, spiegano Tony Attwood (psicologo clinico da oltre 40 anni, uno dei massimi esperti a livello internazionale di disturbi dello spettro autistico) e Michelle Garnett (psicologa clinica specializzata in autismo) nel loro nuovo libro “Autismo al lavoro – Un programma in sette fasi per riuscire meglio nel mondo del lavoro” (Edizioni Lswr). Un vero e proprio manuale di auto-aiuto grazie al quale il lettore che si ritrovi nello spettro dell’autismo – in particolare nella condizione di Asperger – imparerà a fronteggiare e gestire le difficoltà che potrà incontrare nell’ambiente di lavoro come stress, pensieri negativi e possibili episodi di bullismo, e capirà anche come sfruttare al meglio le proprie abilità e peculiarità.
Sette tipologie. Sono sette, spiegano gli autori, le tipologie di bullismo. Anzitutto verbale: commenti dispregiativi, osservazioni imbarazzanti, prese in giro riguardo alle proprie capacità o personalità; fisico: urti, spintoni, sottrazione di oggetti. Emotivo: scherzi e pettegolezzi malevoli. Ma il bullismo è anche intimidatorio con minacce e atti aggressivi; sessuale quando si viene toccati in parti del corpo considerate off limits; informatico quando vengono postate su Internet informazioni scorrette, dicerie o commenti insultanti. Esiste infine anche un bullismo “economico” quando la vittima viene costretta ad effettuare pagamenti o a prestare denaro sapendo che non verrà restituito.
“Chi compie atti di bullismo – spiegano gli autori – è spesso bravo a individuare gli argomenti su cui si è maggiormente vulnerabili e i punti deboli.
Di solito ad essere preso di mira è chi sta spesso solo e manca di fiducia in sé stesso, e di protezione da parte dei colleghi”.
Perché si commettono atti di bullismo? Per diventare il “capobranco” o l’“ape regina” tra i colleghi, sostengono Attwood e Garnett, ritenendo che “essere aggressivi sia un tratto di personalità positivo”; per “disprezzare chi è diverso o ha magari competenze lavorative superiori alle proprie”; per ottenere qualcosa dalla persona oggetto di bullismo o semplicemente per far divertire gli altri.
Strategie di difesa. Come, allora, difendersi? Il manuale indica alcune azioni ben precise: dopo un episodio registrare in dettaglio circostanze, partecipanti e sequenza degli eventi, comportamenti e commenti, oltre agli effetti su di sé e le proprie prestazioni al lavoro: “servono prove di quanto accaduto”. Quindi è importante “cercare i consigli, la verifica e la validazione della propria esperienza da parte di un collega di lavoro”, e avere l’opportunità di “tirare le somme” dal punto di vista emotivo “con una persona fidata, al lavoro o a casa”. I due esperti suggeriscono inoltre di
mettere a punto una reazione assertiva e provarla con la persona fidata o il mentore, nel caso l’episodio dovesse ripetersi; creare “pensieri da usare durante e dopo l’episodio, per mantenersi calmi e contenere la propria reattività emotiva”;
essere al corrente dei regolamenti e delle politiche aziendali rispetto a questo genere di episodi e sapere chi contattare nell’organizzazione per riportare queste azioni. Ignorare (se ci si riesce), “tentando però di non mostrarsi visibilmente stressati o arrabbiati”, e “chiedere in modo assertivo alla persona di smettere”, le due ultime indicazioni.