Donne con disabilità: al Gemelli un ambulatorio ginecologico dedicato. Testa: “Garantire a tutte il diritto alla prevenzione e alla salute”
Un ambulatorio ginecologico accessibile e dedicato alle donne con disabilità per garantire a tutte il diritto alla prevenzione e alla salute. Sicuro, accogliente e con elevati standard di qualità, il neonato ambulatorio del Policlinico Gemelli costituisce un segnale di civiltà e una "buona pratica" da far conoscere e replicare. A presentarlo al Sir è la responsabile, la professoressa Antonia Carla Testa

Un ambiente sicuro, accessibile e accogliente nel quale ricevere un’assistenza ginecologica completa e personalizzata, garantendo elevati standard di qualità. Lo scorso 3 marzo, in occasione dei 16 anni dalla ratifica della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità in Italia (3 marzo 2009), è stato inaugurato presso il Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs di Roma un ambulatorio ginecologico per le donne con disabilità, guidato dalla professoressa Antonia Carla Testa, direttore Unità operativa complessa di ginecologia ambulatoriale e preventiva del Gemelli. “Il nostro obiettivo – ci spiega – è garantire a tutte le donne il diritto alla prevenzione e alla salute eliminando qualsiasi forma di ostacolo o discriminazione”.
Professoressa, come è nata l’idea di un ambulatorio ginecologico dedicato? A quali esigenze intende rispondere?
L’ambulatorio nasce dalla richiesta e dall’esperienza maturata in questi anni nei quali ci siamo trovati ad interagire con donne con paraplegia, con disagio psichico, con sindrome di Down, rendendoci sempre più conto della necessità di una maggiore preparazione e di un’attenzione, sia logistica, sia culturale, nei confronti di queste pazienti. A questo ai aggiunge l’esperienza dei colleghi del Centro clinico Nemo pediatrico che da anni segue le ragazze con Sma, patologia che un tempo non consentiva loro di diventare adulte. Ora, grazie al progresso nelle terapie, diventando giovani donne si pongono domande in merito alla loro sessualità e fertilità, e coltivano il desiderio di diventare madri. Oltre a questo, i colleghi del Centro Nemo hanno rilevato che i genitori dei bambini con distrofia muscolare, dopo la diagnosi, spesso si trascurano completamente. Molte mamme non hanno più fatto un Pap test o un controllo ginecologico.
Così abbiano deciso di unire le forze per venire incontro sia alle ragazze sia alle loro mamme, pensando di realizzare questo ambulatorio per accoglierle entrambe.
L’ambulatorio è quindi frutto del lavoro congiunto di un team multidisciplinare di specialisti?
Sì. Nei mesi scorsi abbiano organizzato diverse riunioni multidisciplinari. Anzitutto con due giovani ginecologhe strutturate che ho selezionato, già formate ma che continuano a formarsi su questo tema e alle quali ho affidato in prima persona l’ambulatorio, e poi con ostetriche, infermieri, neurologi del Centro Nemo, assistenti sociali, psicologhe, dirigenti medici della Direzione sanitaria, specialisti in comunicazione, una rappresentante del mondo delle donne con disabilità: Silvia Cutrera, coordinatrice Gruppo Donne Fish. Abbiano coinvolto anche le figure che in ospedale si occupano di architettura e logistica.
Le disabilità possono essere motorie, sensoriali, cognitive. Barriere architettoniche e barriere comunicative e relazionali sono i principali ostacoli. Come li avete superati?
Dal punto di vista strutturale abbiamo creato uno spazio accessibile a tutte, realizzando, rispetto alle due stanze originarie, un ambiente ampio, accogliente e funzionale, idoneo alla persona con disabilità e al suo accompagnatore, e rispettoso della sua privacy, ma abbiamo anche abbassato lo sportello per rendere il locale accessibile anche alla paziente in carrozzina che si presenti da sola, portandolo al suo livello. L’ambulatorio è dotato di lettini da visita elettrici regolabili in altezza che consentono il trasferimento elettrico dalla carrozzina.
Per quanto riguarda le barriere comunicative e relazionali, ad esempio con le donne straniere, sorde o con disabilità cognitiva?
Se richiesto al momento della prenotazione della visita, le prime troveranno un traduttore nella loro lingua, le seconde un interprete Lis (Lingua dei segni). Per le altre verrà curata in modo particolare la dimensione relazionale nel rapporto con le ginecologhe e le infermiere e, se necessario, avremo il supporto di una psicologa.
Quali figure professionali incontra nel vostro ambulatorio la paziente?
Una delle due ginecologhe dedicate, me come referente che interverrò in tutti i casi sia necessario, un’infermiera specificamente formata, e, su richiesta della paziente dopo un’accurata anamnesi e valutazione clinica, verranno chiamate in causa l’assistente sociale e/o la psicologa.
Quali servizi vengono offerti?
Prima visita ginecologica, esame completo e discussione delle esigenze specifiche; ecografia, Pap test, colposcopia laddove necessaria, biopsie laddove necessario. E poi, come dicevo, eventuale assistenza e sostegno psicologico nel gestire difficoltà emotive legate alla sessualità e/o alla maternità.
In quali giorni e in quali orari è aperto l’ambulatorio?
L’ambulatorio, che opera in regime pubblico (Ssn), è aperto una volta a settimana, il martedì dalle 8:30 alle 13:30.
Come si può prenotare la visita?
Al momento scrivendo a ginecologiaambulatoriale@policlinicogemelli.it e indicando nell’e-mail situazione personale ed esigenze specifiche della paziente. L’ambulatorio non ha ancora un nome dedicato; vorremmo provare a trovarlo insieme alle pazienti. Per questo abbiamo mandato una richiesta di proposte e poi faremo loro votare il nome più appropriato.
Come si colloca il neonato centro ginecologico sul territorio?
Mi sono già trovata in questi anni ad interagire con famiglie e istituzioni del territorio. Ho invitato all’inaugurazione suor Michela Carrozzino del Don Guanella, che mi ha già inviato delle pazienti. Siamo in stretto contatto con la ginecologa che va regolarmente da loro per risolvere alcune situazioni in loco senza muovere le pazienti; tuttavia, laddove si rendano necessari attrezzature diverse o trattamenti che richiedono un ambiente ospedaliero, noi siamo pronti ad accoglierle. Mi sono inoltre confrontata con il professor Felice Petraglia (direttore del Dipartimento Materno infantile dell’Azienda ospedaliero universitaria Careggi di Firenze, ndr) che al Careggi ha realizzato un ambulatorio simile. Qui a Roma la diocesi ha avviato al Quadraro un consultorio familiare con una particolare attenzione alle donne con disabilità, quindi è stato importante costruire relazioni con loro.
Credo moltissimo nel lavoro in rete.
Per questo incoraggio le giovani colleghe ad avere un’attenzione speciale alla rete con i colleghi, le istituzioni e le associazioni quali, ad esempio, Spes contra spem che ha svolto un grande lavoro per le persone con disabilità in ospedale, fino alla stesura di una Carta dei loro diritti nel 2016. E poi ho “guardato” all’estero: si tratta di una realtà presente in molti Paesi del Nord Europa.
Questo ambulatorio è un’esperienza virtuosa da replicare anche in altri contesti ma anche il segno di una sensibilità e un’attenzione da promuovere a tutti i livelli della società?
Sì, vorrei non rimanesse un centro unico ma venisse replicato. Sto pensando a momenti di incontro sul territorio per condividere questa “buona pratica” con colleghi ginecologi. Ma vorrei anche che costituisse, più in generale, un modello per altre applicazioni in ambiti diversi. In un contesto in cui si parla molto di sostenibilità economica, realizzare un ambulatorio come questo non è certamente remunerativo dal punto di vista economico ma è
un grande investimento dal punto di vista umano, sociale e culturale.
E’ certamente un seme di bene e un segno di civiltà…
Sì, anche perché avvia un circuito virtuoso e tanti cerchi d’onda; non possiamo sapere dove alla fine arriverà questo bene e quale ritorno potrà avere in termini di benessere e uguali diritti per tutti.