“Francesco – Il Cantico”: a Foligno uno spettacolo teatrale per raccontare aspetti inediti del santo
Mons. Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e di Foligno, ha commissionato alla Compagnia stabile del Teatro San Carlo un’opera originale. Ce la racconta il regista Giacomo Nappini Casuzzi

Al teatro “San Carlo” di Foligno si sono accesi i riflettori su “Francesco – Il Cantico”, lo spettacolo che mons. Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e di Foligno, ha commissionato alla Compagnia stabile del Teatro San Carlo per celebrare l’ottocentenario del Cantico delle Creature (1225-2025) e quello della morte del Poverello che cadrà, invece, nel 2026. La prima nazionale si è tenuta venerdì 14 marzo ed è stata seguita da due repliche il 15 e il 16 marzo, altre tre saranno il 21, il 22 e il 23 marzo. Protagonista è un inedito San Francesco. Originale il copione, scritto dal giovane drammaturgo folignate Massimo Bernardo Dolci con la consulenza di don David Girolami, assistente spirituale dell’Istituto San Carlo, e padre Felice Autieri, sulla base di tre testi scritti da mons. Sorrentino (“Le tre balze di sorella Povertà”, “La porta di Francesco” e “Il santuario della Spogliazione”), dell’opera “Francesco e i vescovi di Assisi: storia di un rapporto” dello stesso Autieri e di fonti francescane come la Compilatio assisiensis e la Legenda major. Più di 200 le persone coinvolte, dai 14 agli 80 anni, tra gli attori della Compagnia stabile, i ragazzi di Protemus, ossia il progetto teatrale musicale della diocesi, quelli del progetto “Chicco di grano” e i tecnici. Insieme per un’opera che coniuga recitazione, canto, danza, giocoleria e musica d’insieme.
“Foligno ha avuto un ruolo centrale sia all’inizio sia alla fine della storia di San Francesco”,
spiega mons. Domenico Sorrentino, con riferimento alla spogliazione e alla visione di frate Elia sulla morte di Francesco, avvenute entrambe a Foligno. “E il Cantico – precisa il presule – fa da struttura di collegamento e connessione. A mettere in scena questo spettacolo è una Compagnia che ha una storia educativa, di socialità e di inclusione, che appartiene alla nostra anima cristiana. Da Foligno parte non solo un’opera d’arte, che spero verrà apprezzata, ma anche un messaggio che ci aiuterà a capire i centenari francescani”. Giacomo Nappini Casuzzi, direttore artistico del “San Carlo” e regista dello spettacolo, ci parla dello spettacolo.
Come nasce quest’opera?
Nasce da una proposta e da una sfida che ci ha lanciato mons. Domenico Sorrentino: il vescovo aveva questo desiderio di realizzare in occasione degli ottocentenari francescani, della composizione del Cantico delle Creature e della morte di San Francesco, una storia che parlasse di un Francesco piuttosto inedito.
Il primo punto di vista è quello di un Francesco negli ultimi due anni di vita, ossia un Francesco molto più malato, più sofferente, ma che portasse ai giovani della Compagnia stabile del Teatro San Carlo a cui è stata affidata la produzione, una domanda molto forte: chi vuoi servire? Come giovane, verso chi vuoi orientare le tue scelte? E questo sicuramente è stato tanto apprezzato dai ragazzi che ora amano profondamente la figura di Francesco. E l’altro aspetto è quella di collegare Assisi con Foligno: queste due diocesi sorelle, che fanno capo al vescovo Sorrentino, hanno in comune alcuni episodi francescani. C’era il desiderio di far conoscere quali erano i due momenti forti della vita di San Francesco a Foligno proprio ai folignati. Il primo evento è forse quello più famoso: la vendita delle merci e del cavallo di Pietro di Bernardone, che Francesco fa per ottenere dei soldi per la chiesa di San Damiano. Il secondo, un po’ più sconosciuto, è la visione che frate Elia riceve a Foligno di un sacerdote vestito di bianco che gli dice che tra due anni Francesco morirà. La nuova vita di Francesco che si spoglia di tutto e l’annuncio della morte sono i due motori forti dello spettacolo.
Come si sviluppa lo spettacolo?
Artisticamente è multidisciplinare.
In scena lo spettacolo prevede 50 elementi del coro che cantano dal vivo, circa 15 elementi di musica d’insieme, l’orchestra che suona sotto la direzione del presidente dell’Associazione Teatro San Carlo, Michele Pelliccia. Ci sono anche giocolieri, momenti di danza contemporanea e recitazione, tutte queste discipline fuse in un unico spettacolo. C’è un ensemble di circa 200 persone che si avvicenda durante le scene. E tutto quanto è impreziosito dai costumi di Daniele Gelsi. In scena anche due abiti del film “Fratello Sole, Sorella Luna” di Franco Zeffirelli, appartenenti alla collezione di Gelsi: si tratta di quelli che indossano i due vescovi, Guido I e Guido. Le musiche originali sono di Eleonora Beddini, docente al Conservatorio di Trento.
Sorella morte è la grande protagonista dello spettacolo insieme a Francesco: racconta tutti gli anni di vita precedenti del santo, fino ad arrivare proprio al momento cruciale in cui Francesco compone le ultime due strofe del Cantico.
A volte non ci si pensa, ma il Cantico delle Creature non riguarda solo il sole, la luna, le stelle, ma l’ultima strofa è dedicata a sorella morte, che appunto è vista come sorella, come creatura di Dio che ci accompagna e poi ci porta dolcemente con sé. C’è questo gioco misterioso: all’inizio facciamo intendere che potrebbe non essere una semplice signora colei che racconta la storia, c’è un momento in cui lei prende una falce per gioco e la consegna a dei contadini, però alla fine sarà proprio lei ad andare a trovare Francesco.
Chi sale sul palco?
Più di 200 le persone coinvolte, dai 14 agli 80 anni, tra gli attori della Compagnia stabile, i ragazzi di Protemus, quelli del progetto “Chicco di grano”. Gli attori e le attrici professioniste della Compagnia stabile sono gli insegnanti dei ragazzi.
Mons. Sorrentino ha voluto che nascesse proprio dal teatro San Carlo uno spettacolo nuovo, originale, scritto da noi e che coinvolgesse tutti.
Cos’è Protemus?
“Protemus” è l’acronimo di progetto teatrale musicale ed è il progetto artistico della diocesi di Foligno, fondato nel 2012 da me e Michele Pelliccia, con il sogno del precedente vescovo, Gualtiero Sigismondi, di ridare nuova vita al San Carlo, che è proprio l’istituzione della formazione folignate dal 1888.
Si tratta di un progetto gratuito per tutti i ragazzi che dai 14 anni in su possono mettersi alla prova nelle varie discipline.
Abbiamo tutti insegnanti volontari che sono professionisti nel settore, ma che spendono volentieri il tempo per questi ragazzi. Quest’anno siamo arrivati a oltre 200 partecipanti. Il più piccolo ha 14 anni, la più grande 80. I laboratori sono aperti a tutti e gli adulti hanno capito che c’è spazio anche per loro. Creare legami e relazioni con età così diverse, un’amicizia tra un’ottantenne e un quattordicenne dona qualcosa di magico, un incontro molto bello tra chi ha qualcosa da insegnare o tramandare e qualcuno che guarda al futuro. Si creano veramente sinergie sorprendenti.
Ci sono anche dei ragazzi con disabilità che partecipano allo spettacolo?
Li abbiamo sempre avuti, ma quest’anno la vittoria del bando “Il chicco di grano”, sostenuto da più associazioni, ha fatto sì che con noi potessero esserci 19 ragazze e ragazzi con disabilità e che potessero essere coinvolti nelle discipline a loro più affini: coro, recitazione e danza. Sono ragazzi con disabilità sia fisica sia psichica, qualcuno anche con entrambe, sono di disabilità molto diverse, dalla sindrome di Down al ritardo cognitivo. Ci sono alcuni casi di autismo. Siamo riusciti, attraverso questo bando, ad affiancare due persone a ciascuno di loro in modo tale che potessero essere facilitati nel seguire i laboratori tutto l’anno. La nostra speranza è che il progetto prosegua anche l’anno prossimo.
La presenza di questi ragazzi ha cambiato il modo di pensare dei partecipanti al laboratorio: non solo si vedono questi ragazzi sotto una luce nuova, ma chi è normodotato si rende conto che una società insieme è possibile e che non è vero che ci sono degli svantaggi per tutti, ma anzi ci si concentra di più, si collabora di più, si ride, si condivide di più intorno a loro.
Infatti, non c’è un laboratorio per loro, sono inseriti nel progetto che noi da 12 anni portiamo avanti. La coordinatrice del progetto “Chicco di grano”, Emanuela Baroni, ha sottolineato che è stato un progetto non per loro ma con loro e questo fa tutta la differenza del mondo.
Porterete lo spettacolo fuori Foligno?
Stiamo ricevendo molti inviti e proposte che dobbiamo valutare insieme al nostro vescovo, in modo tale da poter far beneficiare dello spettacolo anche i teatri grandi. Abbiamo già in mente qualcosa, ma è ancora tutto da confermare, soprattutto in questo primo anno nell’ambito della grande diocesi di Assisi-Foligno per poi aprirci alla possibilità di altri teatri che possono ospitare uno spettacolo così grande.