Coronavirus. Don Giorgio Bozza: "È una Quaresima strana, ma le vere quaresime non sono quelle programmate"
Lo stress test, in linguaggio tecnico, è un programma messo in atto da un’autorità di vigilanza bancaria per valutare la solidità di un Istituto di credito.
In parole semplici, si fanno delle prove, simulazioni, verifiche per vedere se quella banca regge o fallisce in caso di una crisi causata da eventi straordinari che possono mettere sotto pressione il sistema economico, come una catastrofe naturale, il fallimento di una grossa società quotata o, come sta accadendo oggi, un’epidemia.
Il coronavirus ha messo in quarantena tutti gli italiani e nello stesso tempo ha mandato in crisi il nostro sistema economico, cioè la vita concreta delle persone; se un’azienda non ha ordini o un ristorante non ha clienti, non lavorano e non sono in grado di pagare gli stipendi dei loro dipendenti. Quando si parla di economia e di crisi, si parla di persone concrete e delle loro famiglie che devono vivere.
Gli esperti del settore dicono che le conseguenze di questo virus si trascineranno per mesi, forse anni. Solo per parlare del comparto turistico, dallo scoppio del primo caso di Covid-19, in Italia già il 70% dei turisti stranieri e italiani ha disdetto le prenotazioni.
Questa allerta sanitaria, però, sta mettendo sotto pressione non solo il sistema economico, come dicevo, ma soprattutto la nostra vita e in modo particolare quella dei nostri anziani, senza contare gli ammalati e chi ha perso un suo caro a causa di questo virus. Per gli anziani questa emergenza è un vero e proprio stress test che misura la loro pazienza e la forza d’animo con cui si sono rimboccati le maniche per aiutare figli e nipoti.
Le vacanze “forzate” dei nostri ragazzi, soprattutto dei più piccoli, significa impegno giornaliero dei nonni che, con tanto amore e generosità, si spendono nel prendersi cura di loro, che sono sempre fonte di gioia, vita e, non possiamo negarlo, anche fatica e responsabilità.
Oltre a questo tempo prolungato da trascorrere con i nipoti, i nostri anziani vivono più di altri l’ansia di essere contagiati dal Coronavirus. Anche se non i soli, sono comunque i più esposti alle complicazioni che possono subentrare una volta infettati da questo virus. Alcuni sindaci hanno sconsigliato agli over 65 – cioè quelli che hanno più di sessantacinque anni – di uscire per non rischiare di essere contagiati. Così, i nostri anziani, oltre a prendersi cura dei più piccoli devono chiudersi in casa con un po’ di preoccupazione nell’accogliere chi li va a visitare.
È vero che l’esperienza e gli anni li hanno portati a formarsi un importante apparato di difesa immunitario contro le tempeste della vita e questo li ha preservati da molte difficoltà: guerra, fame, povertà, lutti… Ma da giovani si ha la forza e l’incoscienza di andare avanti, perché ci sono tanti anni per potersi riscattare e rialzarsi. Con il passare degli anni, calano le forze e viene meno anche il tempo di riprendersi dagli scossoni.
Oltre ad essere un insostituibile aiuto per i figli e nipoti, negli ultimi anni i nostri nonni sono diventati anche un sostegno economico: sono i primi ad essere interpellati dai figli quando stanno attraversando momenti di restrizione, per la perdita del lavoro, per una malattia o per una crisi economica. In Italia, le pensioni sono il primo ammortizzatore sociale, che in linguaggio semplice significa: sostegno e paracadute nei momenti di crisi per le famiglie.
Uno dei tanti insegnamenti che stiamo imparando da questo virus è il valore e la ricchezza dei nostri “vecchi”, messo tra virgolette perché troppo spesso questo aggettivo viene usato con una connotazione negativa, invece dovrebbe essere pronunciato con rispetto: quasi devozione.
Sono i depositari della sapienza, non quella salvata nei server o sulle “nuvole”. La loro sapienza non è neppure un semplice conoscere tante cose, ma l’aver imparato a trarre insegnamento dagli avvenimenti che a volte ci accadono senza preavviso.
Che cosa possiamo imparare da questo tempo strano? Che cosa ci possono insegnare i nostri anziani? Quali suggerimenti ci danno per attraversare questa quaresima/quarantena?
Primo, non di-sperare. Disperare significa perdere la speranza. I vecchi sono la testimonianza vivente che non c’è difficoltà che non possa essere superata se ci stringiamo – metaforicamente – gli uni agli altri e facciamo corpo contro il male, in questo caso il Coronavirus. Nella loro lunga vita hanno attraversato tanti deserti e ne sono usciti grazie alla loro forza d’animo e all’aiuto di tanti che hanno lottato insieme.
Secondo, fidarci e affidarci a Dio, che in Gesù ci ha donato la sua presenza. È vero che questa è una Quaresima strana ma, come sa chi ha un po’ di anni, le vere quaresime non sono quelle programmate nel calendario, ma quelle che arrivano senza preavviso e che segnano in profondità una vita. Chi crede, però, non si ferma al venerdì santo, ma guarda alla domenica di risurrezione: perché c’è sempre la Vita, non solo dopo un’epidemia, ma anche dopo la morte. Il virus più terribile che potesse contagiare l’umanità, il grande “pungiglione” è stato sconfitto da Cristo (1Cor 15,54-58).
In questi giorni, ho notato più di qualche nonno che accompagnava per mano il nipote in chiesa per accendere una candela a Maria: ecco un altro segno di speranza per tutti noi. La fede si tramette così: accendendo la fiamma dei ricordi, delle esperienze per consegnarla a chi ha ancora tanta vita davanti a sé.
Se in questo passaggio di testimone luminoso ci mettiamo anche la presenza del nostro Signore, non c’è sfida che non possa essere vinta; non siamo soli ad affrontare l’ostacolo che ci sta davanti. Non lo siamo mai stati e non lo saremo mai, l’ha promesso duemila anni fa il nostro Maestro: «Ed ecco, io sono con vuoi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).