«Pellegrini di speranza»: Padova apre il Giubileo 2025 con un messaggio di coraggio e comunione
Domenica 29 dicembre, la Chiesa di Padova ha aperto ufficialmente l'anno giubilare con una celebrazione partecipata da oltre un migliaio di fedeli. Il vescovo Claudio ha invitato la comunità a mettersi in cammino come "pellegrini di speranza", affrontando le sfide del presente con coraggio e fede.
«Coraggio, mettiamoci in cammino insieme»: ha esortato così i fedeli, il vescovo Claudio, a conclusione dell'omelia pronunciata nella messa con il rito di apertura dell'anno giubilare nella Chiesa di Padova, domenica 29 dicembre, a cui ha partecipato oltre un migliaio di persone. E ha aggiunto: «In comunione con tutte le altre chiese del mondo, con il cuore unito in un solo volere e in solo sentire per esplorare percorsi nuovi e per raggiungere quegli orizzonti che lo Spirito ha suggerito alla nostra Chiesa».
La chiesa del Seminario vescovile – dove è iniziata la celebrazione – non è riuscita a contenere quanti sono giunti da tutta la Diocesi per vivere l'apertura diocesana del Giubileo ordinario 2025. Letto il Vangelo di Giovanni – in cui Gesù dice «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto» (14, 1-7) – e letti alcuni passaggi della bolla di indizione del Giubileo, Spes non confudit, il vescovo, i presbiteri, i religiosi, le religiose e i numerosi fedeli si sono fatti "pellegrini di speranza", accompagnati dalla croce, fino in Cattedrale.
Sulla soglia della basilica, dopo che il vescovo ha asperso i fedeli in memoria del battesimo, presa la croce che è stata portata in processione, ha invitato a venerarla: «Ave, croce di Cristo, unica speranza». Entrando in Cattedrale, dietro alla croce – scelta come simbolo del Giubileo (nel logo la si trova "stretta" in un abbraccio) – i fedeli hanno cantato: «La croce di Cristo è nostra gloria, salvezza e risurrezione».
È ufficialmente iniziato il Giubileo! Anche a Padova! E si intreccia, ha sottolineato il vescovo Claudio, con il cammino della nostra Chiesa diocesana. «Il tema proposto a tutte le Chiese del mondo per questo “anno santo” unisce due sostantivi: pellegrini e speranza. (...) Noi siamo tutti pellegrini di speranza sia perché siamo mandati a seminarla, sia perché anche noi stessi siamo mendicanti di speranza. È vero che il verbo "pellegrinare" richiama fatica, stanchezze, sforzo. Ma presume anche un obiettivo, una motivazione, una meta e la speranza di raggiungerla. Chi si mette in cammino esce di casa e cammina affrontando pericoli, incertezze, imprevisti. Occorre coraggio per alzarsi abbandonando le proprie consuetudini e sicurezze, e muoversi verso una meta».
E ancora: «Pellegrinare è entrare in condizione di precarietà. Nessuno si muove se non c’è un motivo o una attrazione forte che giustifichi la fatica. La strada ti chiama con i suoi pericoli, ma anche con le sue sorprese: libertà, coraggio di scegliere, desiderio di ricerca e di scoperte, aspirazione e ideali. Nel cammino e nel pellegrinaggio sono contenuti anche tanti segni di vita e di speranza per se stessi e soprattutto per i propri figli. Pellegrina ogni uomo e ogni donna, ed è chiamato al pellegrinaggio ogni cristiano, ma sono pellegrini anche i “noi” cristiani: la famiglia, le comunità, la Chiesa diocesana, la Chiesa cattolica universale».
Don Claudio ha sottolineato che «si cammina perché si spera: la speranza presenta orizzonti luminosi, aspirazioni di comunione, di pace, di fratellanza, di fede, di carità. La speranza ci presenta utopie e sogni, anzi ci ricorda il grande sogno portato da Gesù con la Pasqua, quello del suo Regno. Volendo annunciare fedelmente e integralmente il Vangelo di Gesù, nostra speranza, chiamati ad annunciarlo oggi nella terra che il Signore ci ha assegnato perché fosse custodita e amata nel suo nome, abbiamo abbozzato percorsi di concretizzazione del nostro Sinodo diocesano. Qualche piccolissimo segno lo stiamo ponendo: l’elevazione della chiesa dell’Opsa a santuario, il progetto “Vi sia uguaglianza” (a sostegno delle parrocchie in difficoltà, ndr) e soprattutto la scelta sinodale di servire le nostre comunità, anche se piccole, fino a quando esse stesse lo desidereranno. Il discernimento dei ministeri battesimali, i piccoli gruppi fraterni della Parola, la necessaria riorganizzazione territoriale per rendere possibili collaborazioni e sinergie, sono le strade sulle quali camminare come pellegrini».
Non ha mancato, il vescovo Cipolla, di evidenziare come nel mondo ci siano «tante sofferenze e angosce, c’è tanta solitudine ed ansia, ci sono povertà antiche e nuove. Là fuori ci sono famiglie in difficoltà, giovani che non trovano un senso per la loro vita, anziani soli e preoccupati, lavoratori e lavoratrici precari ed insoddisfatti; là fuori ci sono relazioni interpersonali e rapporti tra generi violenti e irrispettosi; ci sono malati e sofferenti... Constatiamo che il mondo intero vive un drammatico momento: muoiono non solo soldati, non solo civili – uomini e donne – ma anche bambini in numeri inaccettabili a cause di guerre; ancora si muore di fame e per mancanza di cure sanitarie di base; interi continenti sono sempre più in difficoltà economica; nemmeno nelle nostre società occidentali si riesce a debellare la violenza e l’ingiustizia; abbiamo preoccupazioni legate al cambiamento climatico, non riusciamo a far emergere dai nostri figli il bello e il bene che hanno nel cuore; le dinamiche economiche mondiali sembrano governare incontrastate e dominare sulla politica. In realtà i confini non sono veri: siamo tutti parte dello stesso mondo e ne condividiamo fraternamente il cammino ma qui dentro, tra di noi, siamo chiamati ad accogliere dal Signore e far crescere sentimenti ed atteggiamenti con i quali consolare, dare coraggio e comunicare fiducia!».
È la paura, secondo il vescovo, che «sconsiglia il pellegrinaggio e la speranza. Le paure si manifestano come stanchezza, rassegnazione, rinuncia. Attenzione: sono tentazioni e inducono a stare fermi, a non muoversi, a difendersi dal cambiamento e dalla fatica del cammino. La paura ci isola l’uno dall’altro, ci mette spesso uno contro l’altro, alza barriere difensive, genera sfiducia reciproca, disintegra le comunità e la comunione: fa di noi dei pessimisti! La paura è pericolosa perché fa sorgere risposte affrettate e diventa terreno per i protagonismi individuali, il leaderismo, le dittature, spingendoci ad attendere le soluzioni dagli altri: delle nostre paure si avvantaggiano i grandi del mondo, anzi talvolta le creano per potersi proporre come salvatori».
Il Giubileo, collegando "pellegrinaggio" con "speranza", «ci àncora alla fede di Gesù e alla fede in lui che ci libera da ogni turbamento e paura, come diciamo durante l’Eucaristia. Da Gesù nasce la nostra speranza. Questa speranza viene accesa ogni volta che nelle nostre case nasce un bambino. E viene riaccesa nel nostro mondo in questo tempo di Natale, annunciando che per noi è nato un bambino: un bambino, quel bambino, è segno di speranza e di futuro. Questa speranza viene accesa ogni volta che si dà una possibilità di riscatto alla vita, una possibilità di futuro a chi è nell’indigenza e nella povertà, una possibilità alla pace e alla concordia».
E ha concluso, rivolgendosi ai "pellegrini di speranza" accorsi numerosi in Cattedrale: «Non possiamo rifiutare l’invito del Signore che ci chiama a metterci in cammino verso la terra promessa, né possiamo nasconderci all’appello di Gesù che cerca nuovi operai per la sua vigna e per la sua messe. Il Giubileo è una nuova apertura dell’infinita misericordia, una nuova opportunità per accogliere quel dono di Grazia che ci restituisce fiducia e ci permette di ricominciare il cammino della vita da dove siamo arrivati».
Foto di Giorgio Boato