Convivere con il turismo? Si può
Anche a Venezia dopo Barcellona e Malaga, si fa strada l’idea di “respingere” i turisti a colpi di pistola ad acqua. Non soccombere al turismo è possibile, ecco come. Overtourism Parola di recente conio che indica la sovraesposizione di una città o di un’area alla frequenza turistica. Ma abitare una zona attrattiva non ha solo svantaggi
Hanno fatto il giro dei social prima e dei tg poi, le immagini delle proteste degli abitanti di Barcellona contro i turisti. Centinaia di persone che spruzzavano acqua da pistole giocattolo contro persone sedute al bar o in giro per la città invitandoli a tornare a casa con slogan tipo «Barcellona non è in vendita». Proteste simili contro il turismo di massa si erano viste a Malaga e in altre città della Spagna. Un consigliere comunale veneziano, Giovanni Andrea Martini, ha proposto di armarsi di pistole ad acqua per iniziare a liquidare il turismo in eccesso che affligge anche Venezia. Suscitando adesioni, ma anche reazioni avverse perché comunque si tratta di azioni ostili. L’overtourism, o iperturismo come viene anche chiamato, è un fenomeno abbastanza recente: solo nel 2016 l’Organizzazione mondiale del turismo l’ha definito come quella situazione che si crea quando «l’impatto del turismo su una destinazione influenza eccessivamente e negativamente la qualità della vita percepita dagli abitanti e la qualità delle esperienze dei visitatori». E con il turismo a livello mondiale che sta rapidamente raggiungendo i livelli pre-Covid e che si prepara a battere i record di arrivi e presenze, anche per l’ingresso nel mondo dei viaggiatori di cittadini da Paesi come India e Pakistan, il problema della convivenza tra chi abita le località meta di grandi flussi di visitatori e i vacanzieri rischia di accentuarsi. Con il rischio di promuovere un modello di sviluppo basato su consumo e rendita immobiliare, che aumenta il costo della vita, promuove un’occupazione poco qualificata e trasforma le città in parchi cui accede solo chi paga un biglietto. «Oggi si parla molto di overtourism e forse il termine non è quello più preciso, anche perché si tendono a sottolineare le “colpe” dei turisti e a ingenerare scontri tra fazioni. Ma turisti siamo anche tutti noi quando ci spostiamo e insieme siamo residenti in città come Venezia o Verona – riflette Nicola Orio, direttore del master in Turismo 4.0 Design dell’offerta turistica dell’Università di Padova – Certo, con il crescere dei movimenti turistici l’accesso a certe aree deve trovare una regolamentazione che spetta alle istituzioni. Sapendo che, nel definire “eccessivo” il numero di persone che visitano un’area, sono in gioco molte variabili come la dimensione e la capacità di “assorbimento” del luogo visitato. Londra e Tokio hanno milioni di turisti ogni anno ma sono in grado di assorbirli, per l’Antartide già mille persone sono troppe». Il docente sottolinea poi come il fenomeno del turismo di massa concentrato in alcune aree non sia diverso dalla tendenza ad assieparsi su target tipica di altri fenomeni: l’80 per cento delle persone ascolta il 20 per cento dei brani sulle piattaforme, e percentuali simili valgono per i libri letti, le pagine social visitate, le serie seguite. «Ci sono mete più belle di altre, Venezia per esempio, ma anche mete che godono del rinforzo positivo frutto della condivisione delle esperienze: chi ci va pubblica foto, racconta luoghi, genera interesse che attrae altri. Emblematico il caso del lago di Braies che una serie tv ha reso meta così ricercata che se n’è dovuto limitare l’accesso». Come uscire da questo circolo virtuoso che si trasforma in un problema di iperturismo? «Per esempio dicendo che ci sono decine di laghi alpini bellissimi e iniziando a ridistribuire i flussi – chiarisce il prof. Orio che propone altre strategie praticabili – Suggerire con campagne mirate che ci sono più mete interessanti, avviando una rete tra operatori e istituzioni di destinazioni vicine. Poi è necessario superare la competizione su arrivi e presenze che consideri quei parametri come gli unici che indicano una crescita, perché sono quelli che spingono all’overtourism. Importante è il processo di destagionalizzazione, si può investire sulla corretta narrazione delle destinazioni perché chi vuole visitare i borghi d’Italia non sempre ha in mente una meta prediletta, ma molti troveranno ugualmente piacevoli altri scorci meno battuti. Come ultima strada, quella che sembra avere più successo, la regolamentazione degli accessi, sapendo che più che ragionare sugli incassi derivati dalla vendita di un biglietto, si mira a favorire il turista che può visitare una città in condizioni migliori. Il ruolo della gestione spetta alle istituzioni e regolamentare non equivale a vietare. Secondo la teoria della “spinta gentile” si possono incoraggiare scelte diverse tra varie opzioni come sconti a novembre per favorire la destagionalizzazione o guidare alla scoperta di mete meno note». Rimane il problema del conflitto tra villeggianti e residenti in aree a forte vocazione turistica, negli ultimi dieci anni cresciuto con il crescere dell’offerta di locazioni brevi per turisti grazie a piattaforme come AirBnB. «Gli studi ci dicono che si instaurano relazioni a fasi tra chi abita nei luoghi turistici e chi li visita: si va dall’interesse per il turista, al legame che si genera dall’interazione e si arriva alla sopportazione. Molti residenti non godono dei vantaggi di abitare in un’area attrattiva e vedono solo gli svantaggi. In primo luogo l’aumento del prezzo degli alloggi perché i locali non hanno lo stesso potere d’acquisto di chi viaggia e i proprietari preferiscono affitti brevi per turisti. Non è facile invertire la rotta, ma a Lisbona in tempo di pandemia la municipalità ha detassato i contratti d’affitto lunghi e le ristrutturazioni incentivando con successo il ritorno sul mercato di alloggi prima destinati ai turisti a prezzi accessibili ai residenti. Altro rischio da evitare è la “museificazione” delle città. Al di là dei vincoli storici e culturali, spesso l’evoluzione dei centri è bloccata per piacere ai turisti».
Guide turistiche. Finalmente regole per un settore assai abusato
È entrata in vigore il 13 luglio la nuova legge che disciplina il lavoro di guida turistica. Dopo la pubblicazione del decreto del Ministero del turismo con il regolamento per la disciplina della professione, si dà attuazione alla riforma avviata con la legge 190 del 2023 che istituisce un elenco nazionale delle guide turistiche, prevede un esame unico di accesso alla professione e l’obbligo di aggiornamento. «Speravamo che a livello nazionale potesse venir adottato il modello Veneto che oggi prevede che le guide abbiano la laurea triennale e conoscano due lingue di livello C1 mentre la legge per pressioni esterne dequalifica i requisiti di accesso richiedendo il solo diploma e un livello B2 e prevede deroghe per enti del terzo settore» commenta Rossana Comida, presidente delle guide turistiche dell’Ascom-Confcommercio di Padova. «Di positivo c’è che dopo dieci anni abbiamo una legge organica che finalmente impone regole chiare, per esempio vietando alle agenzie di viaggio di avvalersi di persone non iscritte nell’elenco nazionale, per un settore con ampi spazi di abusivismo». Perché secondo Comida bisogna regolamentare un mondo, quello delle visite guidate, soprattutto per grandi gruppi – «i numerosi gruppi polacchi sono spesso fuori controllo» – dove regna l’improvvisazione e nel quale i margini di lavoro abusivo sono molto ampi. «Il patrimonio culturale italiano è ricchissimo e non va svilito da persone che si inventano guida. Ci sono gruppi in mano a persone senza preparazione, contenuti culturali importanti ridotti a chiacchiere, con un danno che è generale perché il mordi e fuggi dei gruppi alla lunga non può essere un modello vincente per un territorio, quello padovano e del Veneto in generale, che ha molto da offrire e che è sempre molto apprezzato. Una guida turistica sa accogliere e accompagnare, oltre che spiegare e far vedere». La responsabile delle guide turistiche padovane auspica che gli esami previsti per l’accesso alla professione siano rigorosi, che aprano le porte a persone preparate e motivate perché il turista riconosce la qualità ed è pronto a spendere in modo adeguato per proposte valide. Per contrastare l’abusivismo auspica anche una collaborazione con la Polizia municipale per controlli su quanti esercitano la professione senza averne titoli: i numeri parlano di un afflusso crescente nella nostra regione di visitatori dall’Europa e dal mondo e non sempre gli accompagnatori sono professionisti. «Il turismo si è sviluppato come conoscenza del territorio. Sempre più spesso io e le mie colleghe siamo contattati da coppie, in particolare di spagnoli, o addirittura singoli che apprezzano una visita approfondita, un racconto della storia e delle bellezze della città. Il turista oggi sa riconoscere il valore di un’esperienza ben fatta».
Intanto Venezia alza il ticket d’ingresso
Dopo una prima fase di sperimentazione in cui il contributo di accesso alla città è costato 5 euro per tutti in alcuni giorni precedentemente indicati al pubblico, ora si passa a una quota di 3 euro per chi si prenota online, fino ai 10 euro chiesti nei weekend da bollino nero.
Il settore, nel Padovano 3.755 aziende per 12.381 addetti
L’elaborazione dell’Ufficio statistica della Regione Veneto su dati Istat registra 4.595.474 di arrivi (2.620.254 stranieri) nel periodo gennaio aprile 2024 e, nello stesso periodo, 11.604.890 di presenze delle quali 6.926.570 grazie al pernottamento di turisti stranieri. Le presenze negli alberghi sono state 6.642.733, quasi il doppio di quelle registrate in alloggi privati (2.915.250), mentre altri turisti hanno alloggiato in campeggi o villaggi (1.071.005), agriturismi (243.929) o altri esercizi (731.973). A Padova e provincia, il primo quadrimestre 2024 ha visto 1.574.162 presenze totali, quasi il 15 per cento in alloggi privati. Gli arrivi sono stati 618.906 rispetto ai 577.539 dell’analogo periodo 2023. Le imprese interessate a vario titolo alla domanda turistica in provincia di Padova sono 3.755 secondo Confartigianato e occupano complessivamente 12.381 addetti.
Quando il turismo rende impossibile trovare casa
Confrontando i due principali siti che rispondono alle domande di alloggio o di casa-vacanza il problema emerge chiaramente: a fronte di 318 case in affitto a Padova sono disponibili oltre mille alloggi proposti a turisti. Una tendenza, quella di orientarsi al mercato turistico, sempre più seguita dai proprietari di alloggi in luoghi appetibili che trovano guadagni più facili e meno problemi con gli inquilini, soprattutto nel caso di dover rientrare in possesso dell’appartamento libero. Una tendenza che però aggrava il problema della casa per chi cerca un’abitazione per un periodo medio lungo: giovani coppie, famiglie e studenti fuori sede. Molti comuni stanno introducendo limiti. Il caso più estremo quello di Barcellona che ha deciso di non concedere più licenze per affitti brevi per non aggravare il problema degli alloggi per residenti in città.