“Storia della mia famiglia” e “Noi e loro”: famiglie graffiate dalla vita, ma resilienti e luminose
La miniserie "Storia della mia famiglia" (Netflix) e il film "Noi e loro" raccontano famiglie ferite, ma pronte a resistere e ritrovare speranza. Due narrazioni intense che esplorano il valore dei legami tra amore, dolore e riconciliazione
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Famiglie “imperfette” in cerca di riscatto e futuro. Uno sguardo ravvicinato sulla famiglia contemporanea, ferita dalle difficoltà della vita ma pronta a resistere, a custodire i propri legami, sognando un domani di possibilità, di felicità. È il filo tematico che unisce due proposte tra cinema e piattaforma. Anzitutto la coinvolgente miniserie “Storia della mia famiglia” realizzata da Palomar per il colosso Netflix; la regia è di Claudio Cupellini, il copione di Filippo Gravino. Un viaggio nei tornanti del dolore, per la presenza della malattia, ma anche nei sentieri della speranza. Un racconto che fonde commedia e dramma, che brilla per il cast affiatato, in testa Vanessa Scalera, Eduardo Scarpetta, Massimiliano Caiazzo e Cristiana Dell’Anna. Al cinema dal 27 febbraio c’è anche il dramma familiare-sociale “Noi e loro” (“Jouer avec le feu”) delle sorelle Delphine e Muriel Coulin, in gara a Venezia81 e premiato con la Coppa Volpi per il miglior interprete Vincent Lindon. Il dramma di un padre vedovo che si occupa dei due figli ventenni, dove il maggiore si perde in derive di odio, tra xenofobia e rigurgiti nazi-fascisti. Un’opera non urlata, giocata in sottrazione, che Lindon ammanta di luce con la sua interpretazione accorta e raffinata.
“Storia della mia famiglia” (Netflix, 19.02)
Ci si affeziona, e molto, ai protagonisti della miniserie “Storia della mia famiglia”, novità in casa Netflix dal 19 febbraio; sei episodi densi, giocati tra umorismo brillante e lampi di commozione. La regia è di Claudio Cupellini, mentre a firmare il soggetto e il copione è Filippo Gravino: il racconto vibrante di una famiglia che rischia di implodere per la malattia di un suo componente, che però invece di arrendersi alla sventura e alla sofferenza strappa a morsi sorrisi e fiducia, desiderio di futuro. Protagonisti gli ottimi Eduardo Scarpetta, Vanessa Scalera, Massimiliano Caiazzo, Cristiana Dell’Anna, Antonio Gargiulo e Gaia Weiss. La produzione è targata Palomar.
La storia. Roma oggi, Fausto è un padre trentenne separato dalla moglie Sarah, che sta crescendo i due figli piccoli Libero ed Ercole. L’uomo è un tornado di energia e buoni propositi, ma le sue giornate procedono faticose per la malattia aggressiva che gli lascia poco tempo da vivere. È preoccupato per il domani dei suoi figli, così chiama a raccolta da Ercolano la madre Lucia e il fratello Valerio, cui chiede di badare ai ragazzi insieme agli amici di sempre Maria e Demetrio. Desidera che tutti loro formino una grande famiglia…
“C’è la voglia – indica lo sceneggiatore Filippo Gravino – di restituire il tono di un certo cinema che ho molto amato da spettatore e, purtroppo, poco praticato da sceneggiatore: ‘Voglia di tenerezza’, ‘Gente comune’, un piccolo film con Kevin Costner che si chiama ‘Litigi d’amore’, oppure un altro piccolo gioiello nascosto che s’intitola ‘Conta su di me’. Storie che raccontano relazioni, fallimenti, e speranze di persone comuni. Film che ti rimettono in pace con il mondo, che ti fanno commuovere e sorridere, e che alla fine ti lasciano con quella piacevole sensazione di conoscerne i protagonisti, quasi fossero tuoi amici”. “Storia della mia famiglia” aggancia subito lo spettatore tessendo abilmente dramma, sentimento e lampi di umorismo. La malattia di Fausto, che l’uomo governa con indelebile sorriso, viene temperata dalle esistenze ingarbugliate e irresistibili dei suoi familiari e amici. La miniserie, oltre a mantenere un doppio binario stilistico-narrativo, si snoda su due piani temporali: il presente, negli ultimi giorni di vita di Fausto e le peripezie quotidiane dei suoi cari, e il passato, gli ultimi dieci anni che vanno dal primo incontro con Sarah al matrimonio, i figli e la crisi insanabile. Il racconto è scritto con grande cura da Gravino, che cesella i personaggi, affidandogli battute esilaranti e raccordi commoventi. “Si tratta di esseri umani fragili – sottolinea l’autore – fallati, inadeguati, delusi, esasperati, ma vivi e vegeti, mossi dal desiderio ingenuo e comprensibile di cercare di essere felici”.
Tematicamente, “Storia della mia famiglia” parla sia di famiglie di origine sia di quelle di elezione, allargate, in cui rientra anche la comunità di amici. Di fatto la miniserie mette a tema il valore dei legami familiari e amicali che insieme costituiscono la rete di protezione che tutela dalla solitudine e dallo smarrimento nel dolore; un nido che offre riparo ma non chiude l’orizzonte. “Storia della mia famiglia” è un racconto né piano né scontato, anzi ben scritto e articolato, in alcuni passaggi persino audace, che però mette al centro temi-valori di rilievo come il bisogno di ascolto, di condivisione, di perdono e custodia reciproca. Una serie ariosa e acuta, direzionata a un pubblico adulto. Consigliabile, problematica, per dibattiti.
“Noi e loro” (Cinema, 27.02)
“Continuerei a voler bene a mio figlio se sviluppasse idee diametralmente opposte alle mie? Resterebbe mio figlio o il cambiamento sarebbe tale da trasformarlo in un estraneo da ripudiare? Siamo in grado di perdonare proprio tutto?”. Sono gli interrogativi da cui sono partite le sorelle francesi Delphine e Muriel Coulin nel disegnare la traiettoria del loro film “Noi e loro” (“Jouer avec le feu”), il racconto di una discesa negli inferi della disperazione per un padre che assiste allo sbandamento del figlio ventenne dietro un fanatismo neonazista, una cultura dell’odio xenofoba e intollerante. “In un clima politico in cui stanno vincendo gli estremi – hanno sottolineato le autrici – (…) questa storia di famiglia, convinzioni politiche, vergogna e riconciliazione è anche la storia del nostro Paese”. Protagonista uno straordinario Vincent Lindon, incoronato con la Coppa Volpi all’81a Mostra del Cinema della Biennale di Venezia (2024). Nel cast anche i validi Benjamin Voisin (“Illusioni perdute”) e Stefan Crepon (“Lupin”). Il film è distribuito da I Wonder Pictures, nei cinema dal 27 febbraio.
La storia. Cittadina di provincia, non lontano da Parigi. Pierre è un operaio vedovo che sta crescendo due figli appena ventenni, Louis e Fus: il primo è posato e studioso, appena accettato all’Università La Sorbona, mentre Fus, il maggiore, senza lavoro, passa le giornate con un gruppo di giovani dalle idee estremiste. Pierre avverte nel figlio una crescente tensione interiore, moti di rabbia; teme che possa commettere azioni marcate da violenza…. “Noi e loro” è un “piccolo” film di grande risonanza. Il tema, infatti, è circoscritto, ma attorno a esso si apre una vasta gamma di sensazioni e riflessioni sul rapporto genitori-figli, sui dualismi smarrimento-ascolto, sanzione-riconciliazione, bene-male. Un’opera che esplora i tormenti di un padre, che si sente incapace di salvare il figlio dalla vertigine del male; un padre che però non si lascia spaventare, ma tende sempre la mano con coraggiosa speranza e resilienza. Un figlio si ama sempre, anche se si spinge in territori dell’umano inaspettati, foschi. “Noi e loro” è un’opera che intercetta il male del nostro tempo, il rischio di rigurgiti di forze antisistema di matrice neonazista, che minano la stabilità sociale e democratica. Forze che seducono giovani generazioni che hanno abdicato a un percorso formativo-culturale e a un’occupazione. Un’opera acuta e necessaria, dove la regia non è mai invadente, ma si muove in sottrazione a favore della storia e della caratterizzazione dei personaggi. Consigliabile, problematico, per dibattiti.