Basta bonus, servono politiche di sistema per contrastare la povertà
L'analisi di Roberto Rossini, portavoce dell'Alleanza contro la povertà: "Ci sono due considerazioni da fare. La prima è che alla fine pagano sempre i poveri: sono i poveri che vanno in guerra, sono i poveri che subiscono gli effetti sociali più nefasti senza alcuno scudo stellare o sociale. La seconda è che essere poveri in una democrazia è una cosa, in una democratura un’altra"
C'è chi avrebbe sottratto risorse al Reddito di cittadinanza per finanziare il 2% a favore delle armi. Mentre il profeta Isaia, per sfamare il popolo, invocava che le spade si trasformassero in aratri, si sarebbe disposto il contrario: gli aratri in spade.
È evidentemente una provocazione, perché il target del 2% - che noi non condividiamo - risale al lontano 2014. Non scherziamo con la vita degli esseri umani. Soprattutto ora che i dati sulla povertà sono allarmanti. Se il Rapporto Caritas 2021 evidenzia come nel corso del 2020, anno della pandemia, si siano raggiunti livelli di povertà assoluta più alti degli ultimi 15 anni, i dati di questi giorni, dopo appena un mese dallo scoppio della guerra russo-ucraina, non sottolineano certo un arretramento, semmai un aumento della povertà.
L’Onu parla di catastrofe alimentare mondiale. Bankitalia stima un aumento di oltre cento milioni di poveri estremi proprio a causa della guerra. Quanti milioni “toccheranno” all’Italia? Intanto la Coldiretti rende noto che sono già 2,6 i milioni di italiani aiutati a sfamarsi: famiglie, anziani, donne e uomini con basso reddito che a causa dell'aumento dei costi dell'energia e dei prezzi dei generi alimentari vedono erodere il potere d'acquisto dei loro già bassi stipendi. Il Banco Alimentare, che aveva già registrato nel 2021 un incremento degli assistiti del 7% rispetto al 2020, ora dichiara che con lo scoppio del conflitto in Ucraina, in un solo mese, si registra un ulteriore incremento del 2%. Peraltro non è difficile osservare come i vari aumenti - del gas, della benzina e dunque di tutte le merci trasportate – influiscano pesantemente sulle famiglie border line, sugli immigrati e (ora) sui rifugiati. L’inflazione – si sa - è forte coi deboli e debole coi forti: chi ha un reddito basso lo spende quasi integralmente per acquistare beni di consumo che stanno aumentando di costo e dunque di prezzo finale.
Quanto durerà questa discesa verso punti sempre più bassi? Si potrà distinguere tra breve periodo e lungo periodo? Prevedere è sempre un’operazione complicata. È ragionevole affermare che – tenendo conto dei fattori prima elencati sommati ad una forte crisi migratoria – le diseguaglianze non si ridurranno e non assisteremo ad alcuna contrazione della povertà. Il tutto al netto delle conseguenze di una eventuale crisi finanziaria indotta dal rublo e dalla guerra del gas. Proprio per questo il contrasto alla povertà è cruciale: serve una norma solida e reattiva.
L’impatto sull’economia e sulla finanza di questi megatrend globali richiederà una posizione politica molto ferma, capace di cogliere con intelligenza la drammaticità delle vite concrete. Perché ci sono due considerazioni finali da fare.
La prima è che alla fine pagano sempre i poveri: sono i poveri che vanno in guerra, sono i poveri che subiscono gli effetti sociali più nefasti senza alcuno scudo stellare o sociale. La seconda è che essere poveri in una democrazia è una cosa, in una democratura un’altra. In una democratura lo spazio per le rivendicazioni, per le lotte sociali, per l’emancipazione dei ceti più deboli è assai ristretto e non mette in discussione la stabilità del potere. Il popolo, in una democratura, è prevalentemente popolazione, massa, dove i diritti dipendono da chi governa. La violenza legalizzata – prerogativa dello Stato – potrebbe essere esercitata anche contro chi è ritenuto responsabile di quanto sarà classificato come disfattismo. La storia è piena di esempi così.
Ma in una democrazia bisogna invece fare i conti con il popolo, quello vero, quello coi suoi diritti: perché in una democrazia la giustificazione dei diritti trova origine nel popolo. Come reagirà la politica di fronte all’aumento dei prezzi per una guerra che non è fuori dalla porta di casa? Farà populismo? Combinerà la ragion di Stato con la ragion pratica? Serve aprire (o riaprire) un dibattito serio su parecchie cose. Parecchie. Ma, per chi scrive, il dibattito serio e aperto va anzitutto ripreso sulle misure di contrasto alla povertà. Non si butta via niente, ci mancherebbe: ma sia chiaro che non basta qualche bonus politico al posto di una buona politica. Il Presidente del Consiglio ha affermato che ci si deve preparare ad un’economia di guerra. Noi – che la guerra non la vogliamo – prendiamo sul serio queste parole e chiediamo di prepararci ad una seria e duratura politica di contrasto alla guerra, iniziando da una seria politica di contrasto alla povertà, sia per chi vive in una democrazia sia per chi scappa da una democratura. I poveri, per noi, sono tutti uguali in tutto il mondo.
Roberto Rossini
portavoce Alleanza contro la povertà