Cento anni fa, il 24 dicembre 1916, papa Benedetto XV lanciò un ennesimo appello per la pace tramite il discorso rivolto al collegio dei cardinali. Un appello che ebbe particolare risonanza, perché concomitante con la nota del presidente degli Stati Uniti, Thomas Woodrow Wilson, a tutte le potenze combattenti che invitava formalmente i contendenti a «esporre le condizioni sulle quali si vedono costretti ad insistere», nella convinzione che «non siano inconciliabili come si teme, che uno scambio di vedute possa preparare le vie a una conferenza e a stabilire una concordia permanente e immediata delle nazioni».
Cento anni fa, l'Europa cadeva nella catastrofe della Grande Guerra. Per ripercorrere le vicende che insanguinarono il nostro continente, ecco le pagine storiche della Difesa del popolo in formato digitale ad alta risoluzione per gli studiosi della Grande guerra, gli appassionati di storia e i lettori che vogliono conservare un "pezzo" del nostro passato.
I pochi interventi di censura rilevabili sulla Difesa appaiono interessanti. Il primo, più vistoso, è quello del 3 dicembre 1916, forse legato ai timori per il diffondersi di notizie su una possibile offensiva tedesca. Ma nei mesi seguenti sotto le forbici dei censori sarebbero finite pure le parole del papa...
Alla sera quattro aeroplani austriaci nel giro di pochi minuti lanciarono dodici bombe sulla città. Undici non fecero alcun danno. Una però cadde all’ingresso del rifugio ricavato nel bastione della Gatta, in piazza Mazzini, che era inagibile perché allagato dalle piogge abbondanti nei giorni precedenti.
Il settimanale stigmatizza il “cinema di varietà” che recluta a poco prezzo artisti da café chantant e “avanzi del teatro” per imbastire vicende che mettono in serio pericolo la pudicizia.
Elogia invece “la maestrina di buon senso” che si rifiuta di portare la propria classe a vedere il filmato sulla presa di Gorizia: inclina l’animo alla violenza.
“La giornata delle tre guerre”: così la Difesa definisce il 28 agosto, giorno che resterà storico per la dichiarazione di guerra dell’Italia alla Germania, a cui si unì la dichiarazione della Rumenia (Romania) contro l’Austria e della Germania contro la Rumenia.
All'indomani della sesta battaglia dell'Isonzo, ricordata come la "presa di Gorizia", il settimanale diocesano annuncia l'avanzata delle truppe italiane (che non ci sarà..) ma si sofferma anche sul costo della guerra per il territorio giuliano (e come non pensare a quello dell’Altopiano?).
Mentre si annuncia il fallimento o almeno l’arresto della “spedizione punitiva” austriaca, il titolo di apertura è dedicato alla situazione del “fronte interno” in cui le classi abbienti non sembrano disposte ad alcun sacrificio davanti a centinaia di migliaia di soldati mandati a patire e a morire.
L'appello del vescovo Pellizzo, la mobilitazione dei parroci, le circolari dell'Unione emigranti sulle pagine della Difesa del popolo restituiscono la drammaticità dei giorni vissuti dall'intero Altopiano di Asiago e dalla Valdastico, le cui popolazioni furono costrette ad abbandonare i paesi e scendere profughe a valle di fronte all'avanzata dell'esercito austroungarico.
La vera rivoluzione nel modo di combattere introdotta dalla Grande guerra viene da due protagonisti che furono i reali dominatori su tutti i fronti: la mitragliatrice e il filo spinato.
Sulla prima pagina della Difesa del popolo del 12 marzo 1916, la lettera quaresimale di papa Benedetto XV che, rivolgendosi al cardinale vicario Pompilj, invoca la pace e invita i cattolici alla preghiera.