All'Enaip si impara facendo. E si studia lavorando
Con più di 400 iscritti e 20 corsi professionali, l'Enaip di Padova si offre come alternativa al sistema scolastico tradizionale. «Chi sceglie la rete Enaip, sceglie il lavoro», dice la responsabile Arianna Baraldo. Con diverse specializzazioni, il centro formativo ha da poco compiuto 65 anni. E le medie sono positive: l'80 per cento dei ragazzi che termina il ciclo di studi, trova lavoro entro il primo anno.
Alessandro, incuriosito, valica la porta d’ingresso e incontra Davide, uno studente, che gli fa fare il giro della scuola, mostrandogli le peculiarità dell’edificio.
È il simpatico video, visibile su YouTube, realizzato dall’Enaip di Padova per raccontare il centro di formazione professionale attraverso gli occhi dei ragazzi. La sede è in via Ansuino da Forlì, nel quartiere Arcella, ed è tra i più grandi dei 20 istituti sparsi per il Veneto.
La rete Enaip, che ha da poco spento le 65 candeline, è specializzata nel formare operatori in grado di inserirsi direttamente nel mondo del lavoro al termine del ciclo di studi.
È questa la prima caratteristica che la differenzia dall’offerta formativa delle scuole superiori legate al canale tradizionale:
«Noi insegniamo un mestiere e la nostra didattica è strutturata per competenze – spiega Arianna Baraldo, responsabile del centro padovano – I ragazzi imparano facendo. Questo però non esclude le ore “culturali”: entro il primo biennio dobbiamo raggiungere gli stessi standard formativi della scuola classica, quindi con insegnamenti di italiano, matematica, scienza, storia delle religioni e inglese. Quello che si impara teoricamente deve però trovare riscontro e utilità per svolgere un determinato compito pratico».
La sede di Padova, con più di 400 iscritti e 20 corsi professionali contemporanei, offre diverse scelte: percorsi triennali in operatore alla riparazione di veicoli a motori con due indirizzi, carrozzeria e riparazione parti e motori; operatore alla ristorazione per la preparazione pasti o con la variante sala e bar; operatore meccanico e operatore elettrico.
Per quest’ultimo c’è anche la possibilità di studiare un quarto anno e ottenere un’ulteriore qualifica nell’ambito tecnico elettrico: «L’80 per cento dei ragazzi che esce dal triennio entro il primo anno trova un’occupazione – racconta Arianna Baraldo – Questo perché sono figure richieste dalle stesse aziende: noi lavoriamo sui loro curriculum per sviluppare le competenze attualmente necessarie e poi i nostri docenti sono professionisti che vengono dal mondo delle imprese e conoscono le esigenze del territorio. Non per ultimo, c’è lo stage-tirocinio: l’azienda, che ospita i ragazzi per diversi mesi nel corso della formazione, può cogliere l’occasione per fare selezione e offrire, al termine degli studi, contratti di collaborazione».
Da quest’anno, inoltre, l’Enaip sta sperimentando una nuova modalità, già affermata e salda in Germania, ma ancora acerba in Italia. È il cosiddetto sistema duale: «Un ragazzo che si iscrive al triennio potrà essere assunto con un contratto di apprendistato e quindi, contemporaneamente, continuare a studiare a scuola e in più lavorare con retribuzione».
Inoltre, essendo soggetto che eroga servizi per il lavoro, l’Enaip, alla chiusura del ciclo di studi, assiste gli studenti sia in avviamento, sia successivamente per formarli con altri corsi aggiuntivi in un momento di transizione da un’occupazione a un’altra.
Il centro di formazione, per quanto sia strutturalmente differente, è anche in continuo dialogo con i licei o gli istituti tecnici: attraverso procedure di “passerella”, infatti, gli studenti che scoprono di essere più propensi a un insegnamento teorico o, al contrario, pratico possono cambiare indirizzo in itinere senza perdere l’anno stesso.
Al di là delle differenti scelte, è fondamentale, però, ribadire la centralità della volontà del ragazzo che non dev’essere prevaricata dal desiderio del genitore
«Molto si gioca nell’accompagnamento dell’allievo durante i tre anni di scuola media – conclude Arianna Baraldo – I genitori spesso sono prigionieri dei loro pregiudizi, senza considerare lo stile di apprendimento che ha il proprio figlio: non esistono connotazioni migliori o peggiori di come si studia, ma solo modalità differenti. Il nostro è un metodo induttivo, si parte dalla pratica per arrivare al concetto teorico, mentre quello della scuola "tradizionale" è deduttivo. Ma non sempre viene compreso e accettato».