Unità pastorali. Oggi a villa Immacolata l’incontro dei preti e laici impegnati in queste realtà
Da più parti è emerso il desiderio di “guardarsi in faccia” tra preti e vicepresidenti coinvolti nelle 27 unità pastorali presenti oggi diocesi. Per fare il punto sulla situazione attuale e guardare insieme al futuro. Accompagnati dal vescovo Claudio. Don Leopoldo Voltan, vicario per la pastorale: "Nessuna comunità, per quanto grande e dotata di potenzialità, vive da sola. Ha bisogno della vicinanza, del sostegno, della presenza delle altre. Questo è il modo di essere chiesa. Certo, i preti diminuiscono, e da più parti emerge la necessità di battezzati che si coinvolgano di più, che siano realmente corresponsabili della vita della chiesa".
Incontrarsi per guardare insieme al futuro. Facendo il punto della situazione attuale. È un po’ questo l’obiettivo dell’incontro di sabato 11 febbraio a villa Immacolata dei preti e vicepresidenti dei consigli pastorali delle unità pastorali presenti in diocesi. «Da tempo ci veniva chiesto un momento di sosta sulle up – sottolinea don Leopoldo Voltan, vicario per la pastorale – In diocesi sono 27 quelle segnalate nell’annuario, altre sono in via di formazione. “Dal basso”, ma non solo, emergeva il desiderio di un confronto che per certi aspetti diventa anche simbolico: ci si vede tutti insieme e si condividono esperienze di tanti anni e anche questioni di fondo legate alle up. I tre nuclei forti della vita pastorale – comunità cristiana, unità pastorale e vicariato – hanno bisogno, lo si avverte a più livelli, di essere ri-espressi a partire da quello primario: la comunità cristiana».
Preti e vicepresidenti hanno ricevuto anche una traccia per confrontarsi su alcuni “nuclei” centrali delle up...
«Per fare il punto prima di tutto a livello locale. Nell’incontro di sabato 11 restituiamo, grazie ai contributi giunti, la diversità delle esperienze. Che dipende da una diversità di storia, di territori, di impostazione data all’up. Da qui si può aprire un dibattito. Più di qualcuno chiede che ci sia un orientamento diocesano rispetto alle up, non tanto per uniformare le esperienze, ma per capire l’orizzonte verso cui siamo diretti».
Che valore ha oggi l’unità pastorale?
«Nel contesto attuale di cambiamento e trasformazione l’up è da sostenere e incentivare. Se guardiamo a quante sono, certo il numero è significativo, ma ancora parziale rispetto alla vastità della diocesi. Il lungo cammino compiuto e che ha portato a quelle esistenti è da riprendere e va sottolineato ancora di più. Lo snodo di partenza, in ogni caso, è capire chi è la comunità cristiana. Solo così diventa più facile avviare collaborazioni in forma più organica e strutturata nel territorio per favorire l’annuncio del vangelo».
Il primo passo, dunque, è capire l’identità della comunità cristiana...
«Il vescovo Claudio punta molto sulla valorizzazione di ogni singola comunità cristiana. A partire dalle più piccole, magari senza il parroco residente, che però devono esprimersi in pieno come soggetti pastorali. Soggetti dentro una rete forte di relazioni, di fraternità... che diventa la possibilità di un servizio bello al territorio in cui si è inseriti».
L’up... è una risposta al calo del numero dei preti?
«La nota pastorale del vescovo Mattiazzo, scritta nel 1996, già evidenziava il rischio di creare la “super parrocchia”, fondendo più comunità in una che assorbiva tutte le altre. Questo può essere evidenziato a volte della mancanza dei preti.
La prospettiva dell’up, però, parte da un criterio ecclesiale: nessuna comunità, per quanto grande e dotata di potenzialità, vive da sola. Ha bisogno della vicinanza, del sostegno, della presenza delle altre. Questo è il modo di essere chiesa. Mi sembra, inoltre, che l’up permetta di cogliere di più alcune dinamiche del territorio e di orientare il servizio in ordine all’evangelizzazione. Qualcuno dice: attraverso l’up potremmo capire meglio cosa vuole il Signore in questo tempo per questa gente. Bisogna però anche essere onesti: il numero dei preti diminuisce. Tantissimi fogli di lavoro arrivati in vista dell’incontro di questo sabato evidenziano la necessità di battezzati che si coinvolgano di più, che siano realmente corresponsabili della vita delle comunità... Ci si rende conto che la pastorale non è più l’azione del parroco verso coloro che partecipano alla vita della comunità. È il compito di tutti i battezzati: che edificano la comunità e sono testimoni nel territorio».
Questo incontro, e il lavoro precedente nelle up, a cosa porterà?
«La prospettiva per tutti è chiarire il livello fondamentale della vita della chiesa: la comunità cristiana. Poi diventa un po’ più semplice compiere altre scelte. Di per sé l’unità pastorale sarebbe auspicabile per tutte le parrocchie della diocesi... Non c’è la parrocchia grande che si esime perché ha già tutte le qualità e le possibilità e quindi l’up “tocca” solo alle piccole. È un processo che interessa tutti».