Riprende l'accoglienza ai migranti e la comunità si trasforma. Succede nell'unità pastorale di Zugliano
A Centrale, una delle tre comunità dell'unità pastorale vicentina, un appartamento è stato donato alla parrocchia con il vincolo di un utilizzo per soli scopi caritatevoli. Da tempo qui trovano accoglienza migranti e altre persone in situazione di difficoltà. Da poche settimane sono arrivate due famiglie nigeriane. Riparte così l'operazione integrazione
Si rinnova l’accoglienza dei richiedenti asilo nell’unità pastorale di Centrale, Grumolo e Zugliano. Dopo le prime due famiglie etiopi accolte l’anno scorso, a partire da Pasqua, da poche settimane, in un appartamento di fronte alla chiesa di Centrale, abitano due famiglie nigeriane.
«Questo appartamento – racconta il parroco, don Alessandro Spiezia – è da molto tempo a disposizione della parrocchia. Ci è stato regalato per fini espressamente caritativi. Quando l’ultima famiglia, l’anno scorso, se n’è andata, abbiamo pensato di metterlo a disposizione dei richiedenti asilo».
La miccia scatenante? Papa Francesco, con il suo appello, chiaro e diretto, perché ogni parrocchia europea desse la propria disponibilità a ospitare una famiglia che scappa dalla guerra. «Senza il suo appello – ammette don Alessandro – ci sarebbero stati mille problemi, mille dubbi. Invece, le sue parole hanno originato una presa di coscienza, facendoci capire quanto sia importante che ogni comunità cristiana si possa spendere anche su questo versante, tenendo tuttavia alta l’attenzione anche nei confronti dei tanti italiani che stanno vivendo un momento di crisi economica».
La parrocchia è stata affiancata dalla diocesi attraverso la Caritas e l’ufficio di pastorale sociale e del lavoro: «Abbiamo deciso di non accogliere singole persone ma nuclei familiari, anche perché, essendo l’appartamento nel centro del paese, l’impatto sarebbe stato minore». Le due famiglie nigeriane che ora abitano di fronte alla chiesa sono due coppie, una con un figlio piccolo, l’altra con un bambino in arrivo.
«Come comunità garantiamo la disponibilità dell’appartamento e qualche servizio di relazione: c’è un gruppo di volontari della Caritas che vanno a trovarli, insegnano loro l’italiano e spiegano come vanno le cose in Italia. L’aspetto legale, giuridico e burocratico è invece affidato alla cooperativa La Goccia, una realtà del posto».
«All’inizio c’è stata qualche perplessità – ammette il parroco – non sempre è facile rimanere in dialogo, specie nel confronto tra culture diverse, però si è rivelata fin da subito un’esperienza arricchente, nella speranza e nella fiducia che queste persone riescano, pian piano, a inserirsi nel tessuto socio-economico del nostro paese».
Due parole: profilo basso. «Non abbiamo dato troppa enfasi a questo progetto, anche se, com’è giusto, attraverso il bollettino parrocchiale comunichiamo ai fedeli le ultime novità».
In uno degli ultimi bollettini, infatti, è comunicato l’arrivo delle due famiglie di nigeriani e anche l’esperienza dei volontari: «È importante, però – scriveva don Alessandro Spiezia – che ci sentiamo tutti coinvolti». Non manca il supporto dell’amministrazione comunale, specie per quanto riguarda la parte dell’inserimento lavorativo dei due uomini di casa.
Aprire le porte non cambia solo chi entra, ma soprattutto chi è già dentro la comunità che accoglie: «Quella diffidenza iniziale che si respirava nel tempo si è un po’ sciolta, iniziando a ridurre quella distanza che pareva così grande. Anche i più scettici si sono resi conto che si tratta di persone normali, donne e uomini come ne possiamo trovare anche all’interno delle nostre famiglie, con le loro necessità e le loro ricchezze. Non si tratta, insomma, di marziani che ci invadono, dei quali dobbiamo avere paura e verso i quali dobbiamo nutrire timore».
Ed è questo, in fondo, l’insegnamento di papa Francesco da applicare nella vita delle comunità: la realtà, specie quella più normale e quotidiana è più forte delle idee che spesso ci facciamo.