La storia di Ilaria, educatrice Acr anche in Erasmus
Era tutto programmato. Dopo sei anni di servizio in parrocchia a Terranegra, un anno "sabbatico", all’estero in Baviera, per vivere nuove esperienze. Ma condividere la fede è stato più forte ed ecco la grande avventura di Ilaria Meneghetti.
Alle volte si parte anche per chiudere e lasciarsi un’esperienza alle spalle. Ma la vita riporta sempre alle radici. È un po’ quanto è successo a Ilaria Meneghetti, nel suo anno di Erasmus a Monaco di Baviera, concluso a settembre 2016.
«Ero elettrizzata all’idea di essere per la prima volta completamente autonoma per un anno, via da casa, in balia di nuove esperienze e persone da conoscere, desiderosa di staccare la spina dalla routine – racconta – Tra le varie attività che lasciavo c’era anche il mio essere educatrice Acr, che facevo in parrocchia a Terranegra da sei anni: a Monaco mi sarei presa un anno sabbatico, senza che questo implicasse una rinuncia alla mia fede di cristiana, semplicemente avrei sospeso il mio servizio per ricevere altri stimoli e proposte».
Per il primo mese decide di andare a messa in una parrocchia sede di una comunità italiana e nel frattempo vive delle attività di contorno all’università. «Stavo molto bene. Questo nuovo equilibrio, però, è stato rimesso in discussione dall’esigenza, man mano crescente, di un mio più autentico coinvolgimento nella vita spirituale: necessitavo di un confronto e una condivisione della fede in comunità, come avevo sempre fatto. Ancor prima che io mi facessi avanti, sono stata “accalappiata” dal presidente dell’Azione cattolica di Monaco. Una domenica, alla fine della messa, mi ha fermato e dal nulla mi ha chiesto se ero disponibile a fare l’educatrice Acr, dando per scontato che non conoscessi la realtà e rimanendo invece piacevolmente colpito del contrario. Sorpresa, mi sono dimostrata entusiasta della richiesta».
Ilaria si mette così in contatto con la responsabile dei gruppi e conosce gli educatori. «Ho incontrato una realtà molto diversa: l’Acr è concepita come un’unica proposta educativa, inclusiva della nostra iniziazione cristiana. Gli educatori, visto il poco ricambio di giovani, sono per lo più genitori degli stessi ragazzi, molto affiatati e propositivi e per me è stata proprio questa la novità maggiore. Di loro mi ha colpito in particolare il fervente desiderio di formare i figli alla fede attraverso l’amore gratuito e la testimonianza, a tal punto da mettersi in prima linea in questa missione all’interno di un contesto, quello tedesco, in cui l’evangelizzazione osserva delle regole diverse dall’Italia: in Germania, infatti, l’educatore è una professione a tutti gli effetti e in quanto tale deve essere altamente qualificato, ossia laureato in teologia, e retribuito. In questo senso l’Azione cattolica, concepita come la intendiamo noi, non potrebbe esistere».
Accanto al percorso in Acr, è stata fondamentale anche l’esperienza degli incontri di preghiera nello stile di Taizé, organizzati ogni martedì sera dai giovani cattolici universitari. «È proprio qui che la mia fede si è fatta più vera nella quotidianità: attraverso piccole, semplici esperienze di fede condivise con ragazzi un po’ da tutto il mondo, ho capito meglio che cosa voglio mettere al centro della mia vita e mi riempie di entusiasmo sapere che siamo in diversi ad avere lo stesso Centro».