A Bassanello un Sinodo per "riscattare" la periferia
Una città che ingoia la vita giovanile e un pizzico di sana invidia per le campagne e i paesotti dove i giovani si ritrovano numerosi all'ombra del campanile. Al Bassanello il sinodo è un'occasione a lungo attesa di riscatto, sul quale si scommette con convinzione.
La periferia cittadina è senza ombra di dubbio il posto più difficile per stabilire forme locali e stabili di aggregazione giovanile.
La città, con le sue distrazioni e la sua concorrenza è lì, dietro l’angolo, pronta a competere con tutto ciò che una parrocchia può offrire. Eppure, anche di fronte alle sfide più impegnative, non si molla di un centimetro. E i risultati, a volte, sono sorprendenti.
La sfida del sinodo dei giovani, nel vicariato del Bassanello, è stata colta con entusiasmo, quasi come una fune alla quale aggrapparsi.
In essa c’è chi ha visto la possibilità di fermarsi un attimo per studiare come le comunità cristiane possano tornare a essere faro per le nuove generazioni in questo limbo nebbioso, trafficato punto di congiunzione tra una città vitale, ma anonima e paesotti dove tutto va a rilento ma dove le relazioni hanno un peso specifico ragguardevole.
«Conosco tanta gente in giro per la diocesi – racconta Nicolò Scarparo, 22 anni di entusiasmo – e nelle loro parrocchie, anche per la loro posizione geografica, c’è ancora un campanilismo buono e forte, c’è vita. Purtroppo nel mio vicariato si fa più fatica a mettere al centro la chiesa. Lo sport è una forte alternativa, mentre le scuole e la presenza dell’università catturano molte forze giovani. Così, nelle nostre parrocchie, più che per una mancanza numerica si soffre per un costante senso di lentezza, di mancanza di energie e di nuove idee. Per questo i giovani non restano. Il sinodo ci può aiutare a smuovere questa realtà».
L’equipe vicariale al Bassanello è composta da almeno un giovane per parrocchia: il suo scopo è organizzare le forze e mantenere alta l’attenzione sul fronte della formazione.
«Al Crocefisso si sono già iscritti tre gruppi, mentre altre parrocchie sono rimaste un po’ indietro. Lavoriamo dunque insieme per organizzarci e trovare giovani disponibili non solo a moderare i gruppi, ma anche a coinvolgere le persone più distanti in questa avventura».
Il sinodo potrà imprimere dunque un punto si svolta nella vita di queste parrocchie di periferia?
«Molti giovani vedono la parrocchia come un impegno gravoso che va preso e va portato a termine, ma non riescono a farlo per via di tutti gli impegni che già hanno. In più, alcuni si sentono scoraggiati dai problemi della vita comunitaria e dall’immagine di questa chiesa, e così lasciano perdere, non si sentono più attratti».
Dove fallisce l’immagine, possono però le relazioni: «La mia fidanzata abita a Casalserugo: lì c’è una realtà strutturata e bene organizzata, i giovani sono molto più impegnati rispetto alla città, dove la fatica si fa più sentire». Certamente, non deve essere facile per chi investe tempo ed energie in alcune parrocchie vedere, a fronte dello stesso impegno, la metà o un quarto dei “risultati” di chi opera in altri contesti. Ma ragionare sui “numeri” è forse la scelta più sbagliata:
«Il nostro don ci ricorda sempre quanto, più che i numeri, sia importante il bene che riusciamo a fare. Anche qui possiamo fare il meglio possibile, seminando pian piano nei gruppi un germe di speranza di cui forse non vedremo subito i frutti».