Latte e olio d’oliva, manifestazione Coldiretti per Made in Italy. Prandini: “Passare dalle parole ai fatti”
“Risposte chiare a chi nel quotidiano lavora e opera nella produzione di olio extravergine di oliva e latte di pecora”. È il grido di rabbia lanciato oggi alla protesta “Salva made in Italy” organizzata dalla Coldiretti in piazza Montecitorio. Davanti al Parlamento gli agricoltori colpiti dalle pesanti calamità con il dimezzamento del raccolto nazionale di olio di oliva e i pastori messi in ginocchio dalle speculazioni sulle quotazioni del latte. Ettore Prandini, presidente della Coldiretti: “Chiediamo atti e fatti concreti alla politica"
“Risposte chiare a chi nel quotidiano lavora e opera nella produzione di olio extravergine di oliva e latte di pecora”. È quanto emerge dalla protesta “Salva made in Italy” organizzata oggi dalla Coldiretti in piazza Montecitorio. Davanti al Parlamento è arrivata la rabbia degli agricoltori colpiti dalle pesanti calamità con il dimezzamento del raccolto nazionale di olio di oliva e dei pastori messi in ginocchio dalle speculazioni sulle quotazioni del latte. Di fronte “agli insopportabili ritardi e ai rimpalli di responsabilità nell’affrontare la drammatica emergenza dei danni provocati dal gelo e dalla Xylella che avanza inarrestabile distruggendo milioni di ulivi – spiegano i promotori della protesta -, migliaia di agricoltori sono stati costretti a lasciare le proprie aziende per salvare l’economia di interi territori”. Presenti alla manifestazione anche i pastori sardi per “far conoscere alle Istituzioni nazionali la tragedia del latte di pecora sottopagato”. Due “vere e proprie emergenze”, spiega la Coldiretti, che rischiano di “mettere in ginocchio migliaia di famiglie”.
Xylella e gelo: olio ai minimi storici. Le scorte di olio extravergine di oliva Made in Italy saranno esaurite entro i prossimi 4 mesi con una produzione di extravergine che ha raggiunto quest’anno i minimi storici a causa dei cambiamenti climatici, del propagarsi inarrestabile della Xylella e della concorrenza sleale provocata dalle importazioni low cost spacciate per italiane. In particolare sono state le Regioni del Mezzogiorno ad accusare le perdite maggiori, con la Puglia, che da sola rappresenta circa la metà della produzione nazionale, colpita da una flessione stimabile attorno al 65%, a causa delle gelate.
“I danni alla produzione al momento si aggirano attorno a 1,2 miliardi di euro”, afferma la Coldiretti, denunciando anche il rischio di frodi e sofisticazioni a danno del vero Made in Italy che colpiscono i produttori agricoli e i consumatori: “Per non cadere nelle trappole del mercato il consiglio per scegliere il Made in Italy è quello di diffidare dei prezzi troppo bassi, guardare con più attenzione le etichette e acquistare extravergini a denominazione di origine Dop, quelli in cui è esplicitamente indicato che sono stati ottenuti al 100 per 100 da olive italiane”.
“È arrivato il momento di passare dalle parole ai fatti”, afferma al Sir Ettore Prandini, presidente della Coldiretti, richiamando l’urgenza della situazione: “Siamo di fronte all’ennesimo tavolo che domani verrà fatto nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni.
Le stesse cose che vengono decise domani potevano esser decise un mese fa. La differenza è che se noi aspettiamo ancora venti giorni non saremo in grado di intervenire sul tema legato alla Xylella che ha creato danni di carattere produttivo, ambientale, territoriale e paesaggistico”.
Latte: pastori esasperati. Per quanto riguarda i pastori sardi la situazione non è meno complessa. “In una Regione in cui il 70% del territorio è destinato al pascolo – rileva la Coldiretti – il latte ovino sardo viene infatti pagato ad un prezzo inferiore ai 60 centesimi al litro, molto al di sotto dei costi di produzione sostenuti dagli allevatori che sono costretti a lavorare in perdita”.
Circa un milione di litri di latte è stato lavorato “per essere dato in beneficenza, dato in pasto agli animali o gettato per colpa dell’atteggiamento irresponsabile degli industriali che ha portato i pastori all’esasperazione di fronte a compensi inferiori a 60 centesimi al litro, al di sotto dei costi di produzione”.
Esiste, denuncia la Coldiretti, un vero e proprio “’cartello’ di industrie casearie che sta costringendo alla chiusura 12mila allevamenti di pecore in Sardegna, dove si produce circa il 97% del pecorino romano Dop”.
Da qui la richiesta di “commissariamento del Consorzio del pecorino romano che in questi anni non ha tutelato i produttori di latte ovino e la Dop, prevedendo l’assegnazione dell’incarico di Commissario a un magistrato esperto di antimafia”.
“Chiediamo atti e fatti concreti alla politica e non la convocazione di innumerevoli tavoli di confronto”, afferma ancora al Sir Prandini: “È inaccettabile che vengano pagati 60 centesimi al litro a fronte di un costo di produzione che, solo legato all’alimentazione del bestiame, supera i 73-74 centesimi”. “C’è una chiara responsabilità da parte del Consorzio di tutela – rimarca il presidente della Coldiretti – . Il primo atto concreto che il Governo e il ministero dell’Agricoltura devono fare è quello di commissariare il Consorzio. Non è tollerabile nel 2019 che nel Consorzio siedano persone che hanno attività all’estero, che fanno prodotti similari a quelli fatti come Dop all’interno del nostro Paese e sui nostri territori. È chiaramente una grande presa in giro. Di fronte a questo ci aspettiamo delle risposte concrete”.
L’appello dei vescovi della Sardegna. In merito alla vicenda dei pastori sardi sono intervenuti anche i vescovi della Sardegna, che “seguono con viva e partecipe preoccupazione la vibrante protesta dei pastori contro la politica del prezzo del latte”. “Siamo ben consapevoli – si legge in una nota a nome della Chiesa che è in Sardegna – che si tratta di un problema che negli anni ha assunto contorni sempre più insostenibili per un comparto fondamentale e strategico della nostra economia e, ancor prima, per la dignità e la sopravvivenza dei pastori e delle loro famiglie”.
“Piange il cuore vedere le nostre strade invase da quel fiume bianco, che dovrebbe essere, invece, veicolo di benessere e di serenità per chi lo produce – scrivono i vescovi -. È vero che la sopportazione è arrivata al limite e il senso dell’ingiustizia subita non può tollerare ulteriore indifferenza da parte di chi è tenuto ad assicurare il giusto riconoscimento a un lavoro tanto duro e spesso ingrato; eppure si tratta pur sempre di un ben di Dio che non deve andare sprecato”.
I vescovi esprimono inoltre “convinta adesione alle ragioni che hanno determinato una protesta così estrema” e vigilano “perché in questo momento delicato e di grande sofferenza non si infiltri una cultura di violenza che non appartiene alla nostra tradizione più genuina dove la protesta sa essere forte ma pur sempre civile”. La Conferenza episcopale sarda rivolge anche un appello agli industriali del settore, agli amministratori e ai politici, affinché “ognuno per la sua parte, favoriscano la ripresa di una concertazione responsabile, ispirata a equità e giustizia, che superi ogni visione miope e di parte e riconosca la giusta dignità del lavoro nell’agropastorizia”.