La grande industria e il sindacato: intervista al segretario nazionale della Fim Cisl Marco Bentivogli sul caso Fca Renault

Questo matrimonio non s'ha da fare: l'attesa fusione tra i due colossi dell'automobile Fca e Renault non ha avuto luogo.

A sfilarsi sono stati gli italiani di Fca, gli stessi che solo qualche giorno prima avevano formulato la proposta, motivo del ritiro? A sentire i vertici della casa torinese, in Francia non sussisterebbero le condizioni politiche per andare fino in fondo alla questione.

Per vederci più chiaro, abbiamo sentito Marco Bentivogli, segretario dei metalmeccanici della Fim Cisl.

La grande industria e il sindacato: intervista al segretario nazionale della Fim Cisl Marco Bentivogli sul caso Fca Renault

Qualcosa non ha funzionato nei programmi di John Elkann di fondere Fca con Renault: il governo francese ha prima aperto e poi frenato di fronte al colosso dell'auto italo-americano facendo di fatto naufragare ogni speranza di fusione. 

Non nascerà, non oggi almeno, il più grande gruppo industriale del settore ma questo non segna la parola fine al riassetto di un mondo come quello automotive dove la massa critica delle aziende è destinata a crescere pena la loro progressiva emarginazione

Al termine di questo ciclo di crisi, diciamo tra 24 mesi, resteranno i seguenti protagonisti indipendenti: un costruttore americano, uno tedesco, uno europeo-giapponese con una significativa estensione negli Stati Uniti, uno giapponese, uno cinese e un altro potenziale europeo.

Sergio Marchionne, dicembre 2008

Se l'acquisizione di Chrysler ha di fatto salvato anche Fiat dall'oblio, l'unione con Renault avrebbe creato un inedito soggetto capace di far coesistere tre grandi tradizioni automobilistiche: quella europea, quella americana e quella giapponese grazie alle partnership già in essere fra Renault, Nissan e Mitsubishi.

Le sfide del futuro sono troppe e troppo grandi perché un singolo costruttore possa farcela da solo, servono sinergie produttive e serve soprattutto una governance comune dei processi decisionali e produttivi per evitare di perdere tempo e risorse inutilmente. 

 

La prospettiva dei metalmeccanici

«Il confronto tra FCA e Renault per una possibile fusione era già partito in modo asimmetrico, sbilanciato, con una colpevole e totale assenza del governo italiano a fronte invece della presenza di quello francese — Marco Bentivogli, 49 anni, segretario generale della Fim Cisl non è il tipo da mandarle a dire e già dalle prime battute traccia un quadro netto della vicenda — questo ha creato le condizioni per un confronto del tutto proteso per parte francese. Trovo francamente pazzesco che Palazzo Chigi non abbia minimamente accarezzato l’idea di partecipare al confronto per un’operazione industriale così delicata».

 

Ciò che è mancata, insomma, è la politica industriale italiana o, a voler essere più moderni, un pizzico di sovranismo.

«In  assenza totale di una controparte italiana, noi stessi abbiamo più volte sollecitato un intervento del governo — continua il segretario Bentivogli — Parigi ha cominciato a strafare, a dettare la linea su svalutazione azionaria di Fca, posti di lavoro, volumi di produzione e management, con tanto di presidente e amministratore delegato. Ieri sera eravamo al pre-accordo mentre il governo italiano non se ne è neanche accorto. La Francia ha chiesto e ottenuto garanzie e tutele, nel silenzio dell’Italia. E alla fine i francesi hanno strafatto facendo sì che il banco saltasse. La linea dell’Eliseo azionista, che si è praticamente trovato una prateria davanti con la sola eccezione degli Agnelli, ha letteralmente travolto il tavolo, facendo esplodere le trattative e spingendo gli azionisti di Fca a ritirare l’offerta».

Tutto da rifare, insomma, o forse no: «le nozze si possono salvare, anche se non è facile — spiega Marco Bentivogli — questa operazione serviva alla nostra industria, perché in qualunque modo la si voglia vedere i consolidamenti in questo settore ci saranno. Se non sarà Fca per Renault sarà un altro. Non penso che sia tutto finito, adesso ci sono lo stop, lo choc, i crolli in Borsa ma se Parigi metterà da parte per un attimo il suo nazionalismo allora la trattativa potrà  riprendere. Ma non senza la presenza di un interlocutore politico italiano, altrimenti la tracotanza francese rifarebbe di nuovo saltare il banco».

Spinte contrastanti

Dimentichiamo gli oltre 2,1 milioni di autoveicoli venduti nel 2008, nell'ultimo decennio il mercato dell'auto ha subito almeno due grandi capovolgimenti: il primo legato alla grande crisi e il secondo ascrivibile alla crescente disaffezione per il motore a gasolio.

Qualcosa sembrava cambiato negli ultimi tempi: modelli di successo come Jeep Renegade e FIat 500X avevano rialzato il comparto con l'aiuto di un altro grande classico, la Panda. Anche il rilancio di due marchi storici come Alfa Romeo e Maserati sembrava aver ingranato la marcia giusta, ma non è durata. 

D: Il mercato dell'auto in Italia registra da mesi risultati piuttosto magri, in parte dovuti alle dichiarazioni contrastanti dell'esecutivo e ai conseguenti provvedimenti normativi dagli effetti discutibili. Quale dovrebbe essere la politica industriale nazionale in materia? Andrebbe, ad esempio, coinvolta la filiera dei carburanti alternativi in cui storicamente l'industria nazionale è molto forte?

MB: All'indomani dell’annuncio del piano da 5 miliardi di euro di investimenti del Gruppo FCA in Italia il governo ebbe la prontezza di annunciare un provvedimento bonus/malus passato come “ecotassa” proprio in una fase in cui il settore che aveva contribuito di più alla ripresa stava mostrando i primi segni di rallentamento. Lo fece con una prontezza che ha dell’incredibile, perché rischiò di mettere in discussione il piano di investimenti del gruppo nel nostro Paese. Un piano che guardava proprio alla realizzazione di modelli ibridi ed elettrici. Quell'incentivo alla fine non ha avuto nessun effetto sull'ambiente perché non ha dato il booster all'acquisto dell’auto elettrica, che resta senza servizi e rete di ricarica un giocattolo per pochi ricchi. Ma l’ episodio la dice lunga sull'attenzione del governo verso lavoro e imprese. Il problema in questa fase è gestire la transizione di un settore importantissimo per la nostra economia facendo meno danni possibili e soprattutto lavorare alle infrastrutture per elettrico, solo in questo modo si aiuta seriamente l’ambiente e il lavoro. Certo, rispondendo alla tua domanda, in una prima fase si potrebbe lavorare su un ibridazione tra motore termico alimentato con carburanti alternativi —metano e gpl — dove FCA ha una lunga tradizione ma l’approdo sarà l’elettrico. Serve quindi che il governo cominci a ragionare seriamente sulla rete di approvvigionamento e rifornimento, sulla rete di servizi e manutenzione, sullo smaltimento delle batterie e in generale sulla regolamentazione e leggi. C’è poi la partita sulle batterie su cui il Paese dovrebbe ragionare a livello Europeo oggi gran parte delle materie prime necessarie alla loro produzione è in mano alla Cina e le filiere di approvvigionamento sono poco trasparenti.

Un'industria che vede lontano

L'automobile è rimasto forse l'unico grande settore industriale ad avere un ciclo di sostituzione dei prodotti molto lento per gli standard contemporanei. In un'epoca in cui un prodotto tecnologico misura la sua obsolescenza in settimane o mesi, l'automobile affronta il futuro ad un ritmo di lustri se non di decenni.

Stiamo guidando oggi, per intenderci, veicoli immaginati e ingegnerizzati anche quindici anni fa mentre si stanno progettando le automobili che smetteremo di acquistare nel 2030.

D: Il settore auto è storicamente all'avanguardia nella meccanizzazione e nella robotica — il motore FIRE ha felicemente compiuto trent'anni, solo per citare un caso di scuola —, cos'ha da insegnare la tuta blu dell'automobile ai suoi colleghi di altri settori che, invece, sperimentano solo oggi il confronto con la digitalizzazione e la robotica?

MB: Non solo il motore Fire ma il motore diesel common rail — Jdt — fu un’invenzione della Fiat per non parlare della Comau azienda nata in seno al gruppo torinese, oggi leader nella robotica industriale e nei processi di automazione industriale. La Fiat Ritmo del 1978, che pochi ricordano, era completamente automatizzata e veniva prodotta tramite robot nello stabilimento di Cassino, in provincia di Frosinone. Oggi tutte la fabbriche Fca in Italia sono state ristrutturate e dispongono di una organizzazione del lavoro d’eccellenza e i nostri lavoratori sono tra i migliori metalmeccanici al mondo. La vicenda Fca insegna che gli investimenti l’innovazione e la tecnologia, come provo a spiegare nel mio libro Contrordine Compagni, non sono nemici dell’occupazione, anzi se abbiamo perso posti di lavoro in Italia in questi anni è successo per gli scarsi investimenti in tecnologia. Se vogliamo rimanere tra i primi paesi industrializzati al mondo bisogna investire in tecnologia, innovazione, scuola e formazione. Siamo ormai dentro la rivoluzione digitale, se non anticipiamo e governiamo il cambiamento, subiremo solo gli effetti negativi anziché coglierne le opportunità, che sono tantissime.

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