Panda, salvateci dall'estinzione. Parlano gli operai che costruiscono l'auto più amata dagli italiani
Ne hanno vendute oltre 12 mila solo nello scorso novembre, rendendola di fatto l'auto più amata dagli italiani, ma nelle ultime settimane qualcosa sembra essersi messo di traverso al cammino della Fiat Panda.
La supertassa voluta dal governo Conte, Salvini e Di Maio potrà arrecare danni alla produzione del veicolo più diffuso in Italia?
Abbiamo ripercorso gli ultimi anni di Panda, un modello prodotto in oltre 7,5 milioni di unità dal 1980, con gli operai e delegati sindacali di Fim Cisl che la costruiscono nello stabilimento di Pomigliano d'Arco.
Panda, sei Grande! Panda, mette in moto la Libertà! Le réclame anni '80 riservano sempre grandi soddisfazioni quando si è alla ricerca di uno slogan adeguato a descrivere un prodotto.
Chi non ha mai guidato una Fiat Panda? La cittadina Fiat che dal 1980 mette in moto l'Italia è ormai parte della storia di tutte le famiglie del Paese: una vetturetta semplice e funzionale come un coltellino svizzero che va bene un po' per tutte le esigenze.
Chi la Panda la conosce davvero bene, però, sono gli operai dello stabilimento FCA di Pomigliano d'Arco, in provincia di Napoli, che dal 2011 la costruiscono in esclusiva.
«Mia sorella ne ha comprata una di recente — racconta Giuseppe Scudiero, addetto al montaggio e Rsa della Fim Cisl — le ho detto "hai comprato una bomboniera!"».
C'è tutta la passione di chi si sporca le mani con gioia nella voce di Giuseppe Scudiero, dal 2005 operaio nello stabilimento. Ha visto nascere le Alfa Romeo 147 e 159, le ha collaudate per mesi prima di approdare al montaggio, la parte della catena in cui la vettura prende forma.
«La Panda ci ha dato soddisfazione, non ha difetti — continua ancora Scudiero — c'è maggiore considerazione verso il prodotto rispetto al passato e più attenzione alla qualità».
Già, il passato dello stabilimento di Pomigliano d'Arco non è tutto rose e fiori, fin dai tempi dell'Alfasud qualcosa è sempre parso non andare per il verso giusto.
«Dalle 10 a mezzanotte si facevano straordinari per mettere i cartoni sotto alle macchine in produzione — ricorda Guarino Aniello, a Pomigliano dal 2001 — perché i cani randagi entravano nello stabilimento e facevano i loro comodi».
Un aneddoto ripreso anche dal compianto Sergio Marchionne che raccontava di animali sorpresi a scorrazzare persino nel reparto verniciatura, sintomo del degrado nel quale era caduto lo stabilimento inaugurato nel 1972.
Assenteismo, degrado delle infrastrutture e dei rapporti umani, Pomigliano sembrava ormai destinata ad un triste destino.
Nonostante modelli di successo come l'Alfa Romeo 156 abbiano visto i natali proprio dalle linee della fabbrica campana, il vero rilancio inizia con un braccio di ferro passato alla storia.
Da una parte il manager col maglione, Sergio Marchionne, modi spicci e niente da perdere visto lo stato ormai mortifero in cui versava la Fiat prima del suo arrivo, e dall'altra la Fiom già pronta alle barricate.
Nel mezzo la Cisl e gli altri sindacati messi di fronte ad un bivio: appoggiare la Fiom con la possibilità di veder chiudere lo stabilimento o rischiare con il piano aziendale nella speranza di un futuro migliore?
«Senza il sindacato firmatario, l'accordo Marchionne non lo faceva — continua Guarino Aniello, anche lui delegato Fim Cisl — la Panda ci ha permesso per 8 o 9 anni di garantire un lavoro agli addetti, e anche oggi nonostante le preoccupazioni che ci sono sempre, siamo ottimisti».
Pomigliano, dopo una vita spesa per l'Alfa Romeo, nel 2010 vota un referendum e i due terzi dei 4577 lavoratori accettano la sfida: cambiare per tentare di sopravvivere. Si comincia con la Panda, la cui produzione viene riportata in Italia dopo un decennio nell'efficiente stabilimento polacco di Tichy da cui esce anche l'altra piccola di casa, la Fiat 500.
«Fiat ha voluto cambiare — ricorda ancora Giuseppe Scudiero — i lavoratori hanno accettato la sfida ed insieme abbiamo vinto».
Una vittoria che in termini di vendite inizia a scricchiolare, negli ultimi tempi, ma che ha portato negli anni ad un'autentica rivoluzione in fabbrica.
«Se potesse tornare in fabbrica qualcuno che è andato in pensione vent'anni fa — chiosa Giuseppe Scudiero — non la riconoscerebbe più. Oggi c'è una fabbrica pulita, una linea di produzione ergonomica e un ambiente di lavoro molto più tranquillo».
«Prima si faceva persino il caffè sulla linea — gli fa eco l'altro operaio, Guarino Aniello — oggi è tutto cambiato, anche l'assenteismo è ai minimi rispetto agli altri stabilimenti».
La cosa di cui i lavoratori parlano con maggiore entusiasmo, però, è forse quella meno percepibile da chi su un'automobile sale quotidianamente: l'ergonomia in fase di montaggio.
Un nuovo modo di produrre: automobili italiane, filosofia giapponese
Dalle catene di montaggio tayloriste che tutti ricordiamo in Tempi Moderni di Charlie Chaplin ci separano meno di un secolo ma diverse ere geologiche: oggi non è più l'operaio a doversi mettere a servizio della linea, ma la linea ad avvicinarsi all'operaio. Una filosofia che deriva, bisogna riconoscerlo, da quella adottata dalle industrie giapponesi, fatta propria dalle migliori realtà del settore.
«La giornata di un operaio inizia alle 6 del mattino — racconta ancora Giuseppe Scudiero — verso le 9 c'è la riunione dei team leader e direzionali per analizzare le anomalie, capire le carenze e valutare le soluzioni trovate nel corso della giornata precedente».
La fabbrica funziona a squadre: ogni decina di lavoratori viene identificato un leader, sarà lui ad intervenire in prima istanza in caso di problemi o malfunzionamenti per poi interfacciarsi con il classico capo. Una figura, quella del team leader, inedita fino a pochi anni fa che ha reso, a detta degli operai, molto più facile ed efficiente la vita in catena di montaggio.
La rivoluzione passa da termini come WCM, World Class Manufacturing, che vogliono massimizzare efficienza e qualità e si misurano con i premi conseguiti dallo stabilimento, che i lavoratori ricordano non senza soddisfazione.
Potrebbero comprare la Panda 1000
L'idea di una super-imposta sulle auto inquinanti destinata a colpire anche — se non soprattutto, in termini assoluti — il comparto della piccola Fiat ha colto tutti di sorpresa. Non tanto per la ratio legis, bisogna ammetterlo, comune a tutte le recenti normative antinquinamento, quanto piuttosto perché proprio nel collegio di Pomigliano d'Arco è stato eletto il ministro per lo sviluppo economico, Luigi Di Maio.
Laura Castelli, sottosegretario all'economia, è diventata il simbolo di questo scollamento tra la politica e l'industria con un'uscita che a molti ha ricordato le famose brioche di Maria Antonietta.
A chi le chiedeva conto dei 300€ di sovrattassa sulla Panda milledue, il motore standard, la Castelli ha risposto «Potrebbero scegliere di comprare la Panda 1000». Peccato non venga più prodotta da oltre vent'anni.
«Tassare questa piccola vettura — chiosa Giuseppe Scudiero, che della Panda cura il montaggio — significa che tutto quello che è stato fatto in questi anni per Fiat e Pomigliano è stato inutile, perché rischia di porre un freno alla produzione italiana».
Non l'hanno presa bene, i lavoratori, c'è poco da fare. Negli ultimi tempi la produzione ha subito dei rallentamenti dovuti alla contrazione della domanda: il mercato è stato appesantito anche dall'introduzione della nuova normativa antinquinamento Wltp e ora questa trovata del governo sembra destinata a complicare ancor più la vita alla piccola superutilitaria.
Il futuro con la Panda, oltre la Panda
Dopo decenni ad assemblare le sportivette Alfa Romeo, passare alla Panda è stato per Pomigliano uno smacco necessario.
La Panda ha permesso di rimettere in moto una fabbrica troppo grande per le produzioni di nicchia a cui era stata relegata, ma ora è giunto il tempo di cambiare.
Panda rimarrà a Pomigliano almeno fino al 2022 e riceverà, nei prossimi mesi, una propulsione ibrida benzina ed elettrica in grado di non far rimpiangere il pensionato milletré a gasolio, tanto brillante e parco nei consumi quanto poco ecologico.
Tornerà a casa anche l'Alfa Romeo, con una nuova suv compatta che vedremo nel corso del 2020 e che contribuirà a saturare la produzione dello stabilimento.
Già, perché nonostante la Panda e i grandi investimenti, a Pomigliano si continua a fare cassa integrazione a rotazione e le speranze sono tutte rivolte ai nuovi modelli.
«Dove ti giri vedi una Panda — conclude Giuseppe Scudiero, uno dei 900 operai che ad ogni turno si avvicendano a costruire le piccole Fiat — pensare che quelle vetture siano frutto anche delle mie mani è una grande soddisfazione».