In un anno ogni italiano getta 32 chili di cibo buono
Il cibo gettato dalle famiglie italiane a quanto ammonta? Nonostante una raccolta differenziata spesso encomiabile, è molto più di quello che si immagina, come ha rilevato l’Osservatorio Waste Watcher International nel suo rapporto Il caso Italia, diffuso in occasione della recente Giornata della prevenzione dello spreco alimentare del 5 febbraio.

E proprio le famiglie, più ancora delle filiere agroalimentari, sono ancora l’anello debole della catena dello spreco. È infatti salito del 9,11 per cento lo spreco di cibo in Italia: il Belpaese butta ogni giorno 88,2 grammi di alimenti pro capite, 617 grammi alla settimana e oltre 32 chili in un anno. Che, per una famiglia di quattro persone sono 1,3 quintali annui. Anche se nel Nord va un po’ meglio e si spreca il 15 per cento in meno (pari a 526 grammi pro capite a settimana) – perché si presta maggiore attenzione a non buttare frutta e verdura non fresche, carne bianca, pesce e formaggi – la quantità è sempre elevata. Sempre secondo Waste Watcher, questa pessima abitudine costa 139,71 euro alle tasche di ogni cittadino e complessivamente 14,101 miliardi annui, includendo nel totale lo spreco di filiera, dai campi alle nostre tavole. Il solo spreco alimentare nelle case costa 8,24 miliardi di euro e rappresenta il 58,55 per cento dello spreco della filiera del cibo. «Come per le precedenti rilevazioni –ha sottolineato il fondatore della Giornata di prevenzione dello spreco alimentare, Andrea Segrè, direttore scientifico dell’Osservatorio – il dominus dello spreco alimentare è a livello domestico: 1,9 milioni di tonnellate per un valore di 8,2 miliardi. Su ogni cittadino gravano 32 chili all’anno: per centrare l’obiettivo 12.3 dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite dobbiamo ridurre lo spreco pro capite di 13 chili annui entro la fine del 2029». Se l’intera filiera agricola e dell’industria alimentare hanno visto una riduzione delle perdite del 2,2 per cento, si rileva invece un’importante crescita proprio negli sprechi domestici e nelle fasi di distribuzione e somministrazione (13 per cento). Se il recupero del cibo nella ristorazione, nelle mense e nei supermercati e altri negozi è infatti possibile, come dimostra l’esperienza del Last minute market e, per Padova, di Rete Solida, lo stesso non si può dire per gli sprechi domestici: «Nelle nostre case il recupero delle eccedenze non è possibile» continua Segrè. «Ridurre lo spreco alimentare inizia proprio dalle nostre case – commenta anche Luca Falasconi, coordinatore del rapporto Il caso Italia – per arrivare a un massimo di 369,7 grammi settimanali di cibo gettato nel 2030». A pesare sugli sprechi è anche l’attuale modello della distribuzione delle risorse alimentari: una filiera più corta, invece, con l’acquisto direttamente all’origine a partire dai mercati contadini o dai gruppi di acquisto (Gas), può essere una risposta ed elimina una serie di passaggi che provocano sprechi fino al 70 per cento. Uno strumento da promuovere ulteriormente è anche la “legge anti-spreco”, la 166 del 2016, che supporta le iniziative pubbliche e private per il recupero e la donazione dei prodotti alimentari invenduti. Il Nordest e Padova si segnalano per una maggiore attenzione rispetto ad altre Regioni italiane, ma la quantità di cibo buttato tra le mura domestiche è comunque un dato che allarma, soprattutto perché invece di diminuire è purtroppo cresciuto negli ultimi anni.
La frutta è l’alimento più sprecato
Nelle case italiane ogni settimana si buttano oltre 617 grammi di cibo; nel Nord va un po’ meglio perché si scende a 526 grammi. A finire nella spazzatura sono principalmente 24 grammi pro capite di frutta, 21 grammi di pane fresco, 20 grammi di verdure e 19 grammi di insalata.