Giovanni Nervo e Giuseppe Benvegnù Pasini, mancati entrambi il 21 marzo. A servizio dei poveri con la propria vita

Giovanni Nervo e Giuseppe Benvegnù Pasini. Sono scomparsi nello stesso giorno, il 21 marzo: dieci anni fa il primo e sette il secondo. Quale eredità hanno lasciato alla Chiesa e al mondo?

Giovanni Nervo e Giuseppe Benvegnù Pasini, mancati entrambi il 21 marzo. A servizio dei poveri con la propria vita

Qualora si dovesse scrivere la storia della povertà in Italia nel ventesimo secolo, e in particolare nella Diocesi di Padova, ci sarebbero due nomi di riferimento: mons. Giovanni Nervo (1918-2013) e mons. Giuseppe Benvegnù-Pasini (1932-2015). Del primo ricorrono i dieci anni dalla morte, che saranno ricordati il 21 marzo in un convegno promosso dalla Fondazione Zancan (con il patrocinio della Facoltà teologica). Il secondo nome – figura in simbiosi col primo – ben si sposa con il 140° anniversario delle Cucine economiche popolari, gestite dalla Fondazione Nervo Pasini. Due figure unite in un apostolato che ha avvicinato non poco la Chiesa alla sua vera missione: essere vicina e solidale coi poveri. La vita ha unito il destino di questi due sacerdoti che hanno sviluppato in modo concreto un’attenzione tutta particolare verso gli ultimi, ricoprendo cariche e ruoli di responsabilità nazionali. Mons. Giovanni Nervo era stato profugo di guerra con la sua famiglia costretta a lasciare Solagna (Vicenza) per trasferirsi nel lodigiano. Tutta la sua vita è stata connotata dalla scelta di povertà. Al momento della morte consegnò tutti i suoi risparmi (ottomila euro) alla Fondazione Zancan per provvedere alle spese del suo funerale. Il vescovo Antonio Mattiazzo il giorno delle esequie disse: «La sua vita è stata una testimonianza esemplare di povertà evangelica: egli infatti è nato povero, è vissuto povero, ed è morto povero». Non a caso, sulla base di una povertà imposta dalla vita, mons. Nervo ha saputo costruire una sua povertà volontaria. Mons. Giuseppe Benvegnù Pasini ha operato per 24 anni in modo significativo all’interno di Caritas italiana, che ha diretto dal 1986 al 1996, accompagnandone e orientandone il cammino fin dal suo primo avvio – per opera di mons. Nervo – e a seguire. Ha introdotto nei Seminari e negli Istituti di scienze religiose una disciplina specifica: teologia e pastorale della carità. Due le voci che abbiamo ascoltato su questi sacerdoti della Diocesi di Padova, scomparsi entrambi il 21 marzo: quella di Tiziano Vecchiato, presidente della Fondazione Zancan, e quella di don Luca Facco, vicario episcopale per i rapporti con il territorio e presidente della Fondazione Nervo Pasini.

Quali sono state le principali intuizioni pastorali di mons. Giovanni Nervo?
TIZIANO VECCHIATO «Sono davvero tanti gli ambiti in cui mons. Nervo ha operato, indicando strade e percorsi validi ancora oggi. Negli anni Ottanta, ad esempio, ha avviato la cooperazione nell’ambito dei servizi sociali, ha promosso l’area del volontariato organizzato tra istituzioni e società, si è preso cura dei diritti negati degli anziani non autosufficienti e dei minori extracomunitari. A partire dagli anni Novanta ha iniziato a occuparsi di altre forme di bisogni connessi alle famiglie. Alcuni esempi: quali possibilità ci sono quando una famiglia non è più in grado di farsi carico di un figlio disabile? Gli anziani sono un problema o una risorsa? Ma la sua maggiore intuizione pastorale è stata quella di dare vita alla Caritas italiana negli anni Settanta, valorizzare gli obiettori di coscienza e prendersi carico del fenomeno migratorio già presente negli anni Novanta».

Dal 1964 al 1997 mons. Nervo è stato presidente della Fondazione Zancan. Quale orientamento ha dato?
VECCHIATO «È stato tra i fondatori di questa realtà, l’ha trasformata in un centro culturale facendola diventare uno spazio di incontro tra credenti e non credenti, un luogo di ricerca e proposta a servizio del cambiamento sociale». Lei ha conosciuto bene sia Nervo sia Pasini.

Cosa ci può dire di questo particolare sodalizio alternatosi in vari ruoli di responsabilità ecclesiale e associativa?
VECCHIATO «I due sacerdoti hanno sempre condiviso le difficoltà e i frutti del loro impegno ecclesiale e sociale in un contesto di fraternità vissuta e testimoniata in tutta la loro vita. Hanno saputo dare spessore alla fede mediante le opere avviate, dalla costituzione della Caritas italiana e in tutto quello che ha caratterizzato poi la missione indicata da Paolo VI quando la Caritas fu costituita. Ho sempre apprezzato nel loro modo di agire il forte impegno per lo sviluppo della teologia della carità, vissuta insieme e insegnata da don Giuseppe Pasini in alcune facoltà teologiche. Inoltre non si sono mai stancati di facilitare nuovi incontri tra carità e giustizia, la cui sintesi migliore è testimoniata dallo sforzo di coniugare Vangelo e Costituzione».

Quale eredità ci hanno lasciato due figure così singolari?
DON LUCA FACCO «Quella di mons. Giovanni Nervo è stata una figura chiave nella Chiesa italiana negli anni successivi al Concilio Vaticano II. Per molte persone è stato un riferimento enorme. Il suo operato ha permesso di far entrare in molte disposizioni di legge l’attenzione verso la riforma dell’assistenza, la tutela dei diritti dei carcerati, la chiusura degli istituti di ricovero per minori, anziani, disabili e malati psichiatrici».

E sul piano del volontariato?
DON FACCO «Mons. Nervo è stato uno dei padri del volontariato moderno e si è battuto per dare consistenza a questo ambito, facendo emergere le sue caratteristiche: gratuità, solidarietà, giustizia sociale, democrazia. Ha sempre ribadito, però, che il volontariato non deve mai sostituirsi ai posti di lavoro, né tantomeno dev’essere alternativo
alla responsabilità e ai compiti delle pubbliche amministrazioni nel provvedere al bene comune. Mons. Pasini ha consolidato il lavoro di mons. Nervo alla Caritas. Ci tengo a sottolineare i suoi interventi annuali in occasione della preparazione della legge finanziaria, finalizzati a richiamare i Governi nella distribuzione delle risorse, a tener presenti e dare priorità ai bisogni vitali delle categorie più disagiate. Un altro filone di impegno portato avanti da mons. Pasini è stato quello di diffondere una cultura di solidarietà anche al di fuori dello stretto ambito ecclesiale, nella società, nella vita politica, economica, culturale, attuando la missione della Chiesa di essere “sale e luce del mondo”. Tuttavia mons. Pasini ha introdotto anche altre novità».

Ci può fare qualche esempio?
DON FACCO «Con la direzione di mons. Pasini la Caritas italiana si è distinta anche all’estero in risposta alle richieste di interventi continuativi che ci furono in Bosnia-Erzegovina a causa della guerra; ma anche in Armenia, Georgia e Iran dopo gravi terremoti. Anche in Russia e in Albania dopo la caduta del muro di Berlino e la dissoluzione dell’Unione Sovietica; nella regione dei Grandi Laghi dopo il genocidio in Rwanda e altri posti ancora».

Quali prospettive ci sono per il futuro della Caritas?
DON FACCO «A questa domanda rispondo con le stesse parole di mons. Pasini: “La Caritas ha il dovere di rinnovarsi, rispondendo alle attese dei tempi nuovi, ma il rinnovamento deve rispettare la propria identità, e quanti vi operano è bene che conoscano da dove si è partiti, quali erano le aspettative della Chiesa che l’ha fondata e in particolare di quel grande papa che fu Paolo VI, che considero, al di là delle competenze formali, il vero fondatore e animatore della più bella realtà ecclesiale italiana, fiorita nel dopo Concilio”».

Messa alle 18.30 nella chiesa del Seminario

Per ricordare mons. Nervo e mons. Pasini – scomparsi nella stessa data di marzo – martedì 21 alle 18.30 in Seminario viene celebrata una messa presieduta dal vescovo Claudio. È anche l’ultimo evento in programma per i 140 anni delle Cucine economiche popolari, gestite dalla fondazione che porta i loro nomi.

Fondazione Zancan: convegno martedì 21

“Don Giovanni Nervo. Il Signore mi ha condotto per mano” è il titolo del convegno, promosso dalla Fondazione Zancan, in programma martedì 21 marzo dalle 16 presso la Facoltà teologica del Triveneto. All’appuntamento è stato dato lo stesso titolo di un volume redatto da un gruppo di compagni di viaggio, che hanno collaborato con lui in
Caritas italiana, nella Diocesi di Padova e nella Fondazione Zancan. Aprono il pomeriggio mons. Matteo Zuppi (presidente Cei) e il vescovo Cipolla. Info: fondazionezancan.it

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