Festival di Sanremo. Sibilla: “L’anno prossimo si punti di più sulla qualità”

L’amore il tema più ricorrente tra i brani in gara. Un brutto segnale l’esclusione di donne dalla top five. Di questo e di altro abbiamo parlato con il direttore didattico del Master in Comunicazione musicale dell’Almed

Festival di Sanremo. Sibilla: “L’anno prossimo si punti di più sulla qualità”

Il Festival di Sanremo ha incoronato, per il secondo anno, un giovanissimo: Olly, con la sua “Balorda nostalgia”. Come sempre non sono mancate polemiche sul verdetto finale, soprattutto per l’esclusione di donne, in particolare Giorgia data tra le favorite, dalla cinquina finale. Ma come è stato il Festival dal punto di vista musicale? Lo abbiamo chiesto a Gianni Sibilla, direttore didattico del Master in Comunicazione musicale dell’Alta Scuola in Media Comunicazione e Spettacolo (Almed) dell’Università Cattolica di Milano.

Com’è stato il livello delle canzoni nel Festival 2025?

È stato un anno di qualità musicale non altissima. Sanremo non è lo spazio dell’innovazione musicale, ma negli ultimi anni si era un po’ avvicinato alla contemporaneità o quantomeno alla musica che viene effettivamente ascoltata sulle piattaforme e in classifica.

La qualità delle canzoni quest’anno mi è sembrata media, un passo indietro rispetto agli anni passati.

Quali sono i brani che l’hanno convinta di più, dal punto di vista dei testi e delle musiche?

Le canzoni sono fatte di parole, musiche, interpretazioni, a Sanremo conta moltissimo il modo in cui vengono portate in scena e il modo in cui vengono rese televisivamente.

Le tre canzoni che mi sono piaciute di più sono quelle di Brunori Sas, Lucio Corsi e Joan Thiele. Brunori Sas ha portato sul palco una tradizione cantautorale e l’ha fatto molto bene, con un tipo di scrittura anche non banale. Lucio Corsi, un artista in giro da diversi anni, si è presentato a Sanremo con una canzone bella, con un bel testo, non banale, con una bella messinscena. Televisivamente e musicalmente il momento più bello è stato il duetto tra Lucio Corsi e Topo Gigio, con una bella storia dietro e con una sua coerenza: hanno cantato “Nel blu dipinto di blu” che è la canzone che ha cambiato Sanremo e Modugno è stato il primo ad aver dato la voce a Topo Gigio. Mi è piaciuta soprattutto musicalmente la canzone di Joan Thiele perché aveva un bell’arrangiamento.

La canzone che ha vinto, “Balorda nostalgia” di Olly, è una ballata molto classica, non particolarmente innovativa, ma interpretata con una grande passione e Olly è un bel modello: è un ragazzo che anche nelle interviste dice cose sensate. Il fatto che si sia preso del tempo per decidere se andare all’Eurovision mi è sembrata una mossa rispettabile perché ha spiegato che ha bisogno di metabolizzare tutto quello che è successo. Un atteggiamento lucido, che non è scontato per un ragazzo di soli 23 anni.

Le canzoni del Festival 2025 sono uno specchio dell’Italia di oggi?

Le canzoni non sono mai solo uno specchio. Sono dei racconti e come tutte le forme di racconto – serie tv, film, romanzo – le canzoni prendono spunto dalla realtà e la trasformano in qualcos’altro. Sanremo è contemporaneamente una grande bolla e uno specchio del Paese, anche se questi due aspetti sembrano in contraddizione. Il tema principale delle canzoni di Sanremo è quasi sempre l’amore romantico: anche quest’anno è stato abbondantemente presente, mentre sono state poche quelle che possiamo definire “sociali”, di critica o di riflessione su quello che accade intorno, non sappiamo se per volontà del direttore artistico o perché ne sono state presentate poche.

Sanremo è soprattutto un evento televisivo e le canzoni sociali non sono mai maggioritarie.

Il fatto che oggi la musica si fruisca in modo diverso dal passato, soprattutto su piattaforme e attraverso i social, ha influenzato il tipo di canzoni che sono state presentate e anche le scelte del direttore artistico?

Il modo di fruire la musica è cambiato, ma Sanremo arriva sempre un po’ dopo. Ad esempio, la musica urban, rap e trap dominano le classifiche da quasi un decennio, ma al Festival questi generi arrivano molto dopo e solitamente in versione molto più pop. Sanremo ha questa capacità di accogliere, normalizzando, le diverse tendenze musicali. Certamente le canzoni portate a Sanremo già contengono gli elementi utili per renderle virali sui social, le frasi che poi diventano “meme”, i balletti che poi verranno riprodotti. Oggi chi fa musica sa che la fruizione è estremamente frammentata, perché ci sono le piattaforme, i social, i live, ascoltare una canzone su Instagram o TikTok è diverso rispetto ad ascoltarla su Spotify, quindi i prodotti presentati sono pensati anche in funzione di quello che succede dopo.

Sanremo è di solito un grandissimo volano dell’industria musicale.

Da qualche anno a questa parte le canzoni di Sanremo vanno molto in alto in classifica, ma anche prima, quando non arrivavano in classifica, il Festival aveva la capacità di lanciare le carriere. Quindi, chi lavora in questo settore pensa a una canzone che possa funzionare in quello spazio e possa avere poi un indotto su quello che succede dopo.

Non sono state troppe le canzoni al Festival 2025?

Sì, effettivamente. Sanremo è cresciuto molto negli ultimi dieci anni, da Fazio in poi, in termini di ascolto e di successo, ma anche in termini di quantità della proposta. Quest’anno addirittura le canzoni originariamente erano 34: 30 big e 4 giovani, decisamente troppe. Un pregio di Conti è aver accorciato la durata delle serate.

Auspico un Sanremo meno trionfalista, con qualche idea musicale e televisiva in più,

ma credo che i prossimi Festival saranno abbastanza simili a quello attuale, perché è un modello che per la discografia e per la Rai funziona.

Quanto ha inciso il sistema di votazione introdotto quest’anno sulla vittoria finale di Olly?

Il sistema di votazione cambia ogni anno ed è fatto a immagine e somiglianza del direttore artistico. Carlo Conti aveva la necessità di mettere la sua impronta e anche di migliorare alcuni meccanismi che non avevano funzionato. L’anno scorso si diede colpa alla stampa di aver fatto vincere Angelina Mango, rispetto a Geolier, ma non era una colpa, il meccanismo era semplicemente quello. Quest’anno si è usato un sistema abbastanza particolare, perché le giurie votavano in una maniera e il televoto in un’altra: le prime votavano dando voti da 1 a 10, il televoto era una preferenza secca. Sono due metodi diversi e questo ha generato qualche polemica.

Alla fine il voto è stato abbastanza bilanciato. Se avessimo votato con un sistema come quello dell’anno scorso, probabilmente avrebbe vinto Lucio Corsi. Peraltro, Olly ha vinto veramente di pochissimo.

E l’esclusione di Giorgia dalla cinquina che si è giocata il titolo?

A me è dispiaciuto per Giorgia, meritava di essere nel “top five”, tra l’altro risultata di soli uomini e questo – secondo me – non è un bel segnale.

Giorgia aveva una bella canzone, probabilmente il sistema di voto l’ha esclusa dalla cinquina. Giorgia è stata anche l’artista più votata dalla stampa, quindi la canzone non ha funzionato al televoto. Sanremo non ha un sistema di votazione stabile, la Rai voleva migliorare il sistema ma così hanno abbassato l’incidenza della stampa. Il vincitore lo fa il regolamento, poi quest’anno ci sono state diverse sorprese. Credo che la terzina in testa sia abbastanza dignitosa. Quella di Olly, che era tra i papabili, è una vittoria meritata, è un ragazzo giovane, con grandissimo seguito e una proposta dignitosa per un ragazzo della sua età.

È giusto usare l’autotune in una gara? Ci sono state polemiche sull’uso consentito quest’anno.

L’autotune è una tecnologia e uno strumento. Vietarlo è come dire che non si possono usare le chitarre elettriche. La musica vive di tecnologie. Quindi, dipende da come si usa: l’autotune è uno strumento, ormai usatissimo, anche quando non ce ne accorgiamo, durante i concerti, per alcuni artisti è uno strumento espressivo, perché è un software per trattare la voce, in altri casi è uno strumento per ripulire un po’ le performance.

Come tutte le tecnologie può generare polemiche e che qualcuno possa dire che il suo uso può avvantaggiare, ma tutto dipende dall’uso che se ne fa, questa tecnologia di per sé non è giusta o sbagliata.

La Rai ha permesso l’uso dell’autotune come strumento espressivo e non come correzione.

Ma possiamo valutare come è stato usato, effettivamente, a Sanremo da alcuni cantanti in gara?

Bisognerebbe stare sul banco di regia per sapere come è stato utilizzato.

Se l’utilizzo è nascosto ed è una sorta di falsificazione è discutibile, ma se è un uso espressivo è paragonabile a un distorsore della chitarra elettrica, non ci sono problemi.

All’Eurovision, però, non lo permettono…

Ma mentre a Sanremo è tutto dal vivo, all’Eurovision gli artisti cantano su base. Questo perché alla fine sia Eurovision sia Sanremo sono spettacoli televisivi in cui la logica della televisione ha un impatto forte su come la musica viene messa in scena. Non c’è giusto o sbagliato, ci sono scelte diverse.

Sanremo è un evento televisivo, fatto con la musica, è una continua mediazione tra le logiche televisive e le esigenze dei cantanti.

Ha un auspicio per Sanremo 2026?

Sanremo è un evento polarizzante, è il più importante evento mediale in Italia: chi si occupa di musica e comunicazione dovrebbe confrontarsi, questo non significa né assolverlo né condannarlo, ma ragionare insieme su ciò che funziona e ciò che non funziona. Secondo me, negli ultimi anni Sanremo è diventato troppo grosso.

Auspicherei che l’anno prossimo sia un Sanremo che oltre alla quantità punti anche sulla qualità dell’intrattenimento e delle canzoni.
Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Sir