La musica è bellezza
Sanremo sarà sempre Sanremo se resterà ancorato all’anima e alle vibrazioni del cuore dell’uomo

Linguaggio divino, esperienza di armonia che raccoglie l’umano sentire dei popoli; tenerezza e calore; via del cuore e gioia di stare insieme e parlare la stessa lingua; desiderio di pace. Sono solo alcuni dei passaggi del messaggio di papa Francesco che con la sua delicata irruzione alla settantacinquesima edizione di Sanremo ha ricambiato la cortesia di Carlo Conti, richiamata dallo stesso pontefice, per la partecipazione l’incontro mondiale dei bambini lo scorso anno. Ma è stata anche una bella occasione per parlare a milioni di telespettatori, in contesto laico, di quell’urgente bisogno di pace fra i popoli e rilanciare anche dal palco dell’Ariston l’invito a costruire un mondo più giusto e fraterno.
Un discorso che non ha stonato, che ha riempito il cuore di tanti che hanno avuto modo di ascoltare in parallelo composizioni dense di valori. Quanta tenerezza in Simone Cristicchi, con un testo che ha commosso tanti nel saper cantare e trasformare il dramma della vita che avanza, che fa tornare bambini e quindi bisognosi dell’altro che ti riprenda per mano e ti conduca; quanta poesia nella canzone di Dario Brunori che ha portato sul palco dell’Ariston i profumi e i colori della sua terra, le foglie dell’albero delle noci, la nascita e i passi della sua bambina, vita e contraddizioni che si mescolano come il miele con la neve, dove si deve saper distinguere, già da piccoli, il sangue dal vino. Parole non vuote ma piene di senso, che ti rappresentano nel viaggio della vita, come il super ospite Jovanotti che in conferenza stampa ha confidato di aver scelto di non cantare un testo con una frase che non lo rappresentava. A Sanremo chi canta si porta la sua vita, ecco perché si fa una scelta anche dei testi: gli artisti risultano veri nella misura in cui si consegnano, se non hanno paura di raccontarsi, di spogliarsi. Volevo essere un duro, ma non sono nessuno; con il suo melodico testo Lucio Corsi ha svelato gli insegnamenti della madre. Vivere la vita è un gioco da ragazzi e questa avventura tifa prendere di essere solamente luce.
Anche i cantautori di quest’anno sono giovani incoscienti, che vivono gli stessi sentimenti dei loro contemporanei, che si sentono orfani e come Achille Lauro che, a modo loro, cantano il desiderio di essere amati anche di una sola carezza.
Questo festival si è aperto sfogliando pagine belle della vita, quelle che rimettono al centro la persona, soprattutto se piccola, fragile, se non sa più parlare. L’Ariston ci ha offerto una finestra sull’anima dell’uomo, per cantare la bellezza della vita, anche quando sembra poco “viva” e poco attiva.
Non sappiamo se saranno queste o altre le canzoni che si aggiudicheranno i premi; non sappiamo da quale finestra si affaccerà la critica o la maggioranza, ma sicuramente in questo festival ci sono canzoni che hanno conquistato, che invitano a pensare, a fermarsi per un attimo, a scoprire che la vita, come l’intelligenza non è mai artificiale, ma è insita in quella capacità di leggerla nei passi dell’ordinarietà, nella ferialità di gesti, in una pianta che cresce in giardino davanti casa, nel cuore di donna che ha paura dalla solitudine e della notte, che sa volgersi al Cielo, nella saggezza di prevedere i tempi delle vacche grasse e di quelle magre.
Allora è sempre più urgete prendersi cura di sé, sapendo che è l’amore che ti lega alle persone, che ti fa crescere e ti cura; “tutto passa” sta al centro del testo Giorgia che ha dichiarato pubblicamente il desiderio della ricerca dell’altro, di occhi che fanno da luna, in quell’attesa notturna che si mescola con la paura della solitudine. L’uomo è fatto per l’altro e Noemi ha musicato l’ansia dei silenzi relazionali, scanditi ancora quelle notti con le borse sotto gli occhi, impossibile da dimenticare, mentre ti porti dentro la sensazione che se ti innamori muori.
C’è tanto grido dell’uomo sul palco dell’Ariston di quest’anno. E se è vero che la musica è il linguaggio di Dio, è vero anche che in questa maniera il Signore può parlare al cuore dell’uomo di oggi. Un uomo che non va pensato banale, vuoto e disinteressato. Forse potrebbe esserci un po’ di eresia nel pensare che attraverso la voce di laici menestrelli Dio parli all’uomo che cerca, ma una cosa è certa: Sanremo sarà sempre Sanremo, ma se resterà ancorato all’anima e alle vibrazioni del cuore dell’uomo non resterà solo un festival e aiuterà a pensare.
Enzo Gabrieli