Cucine economiche popolari e parrocchie. Insieme il pranzo ha più sapore. Dal 6 dicembre un pasto caldo chi vive per strada
Da domenica 6 dicembre le Cucine popolari aprono anche la domenica a pranzo per gestire, insieme alle parrocchie, i pranzi domenicali di solidarietà. All'appello lanciato per cercare nuovi volontari hanno risposto in tantissimi, alcuni già volontari nelle parrocchie, altri invece giovani universitari o appartenenti a gruppi di Scout o amici. L'obiettivo è lavorare in sinergia, Cucine e Parrocchie, mettendo al centro la persona che ha bisogno.
Le Cucine economiche popolari di Padova lanciano un appello per trovare volontari e, in men che non si dica, la città risponde in maniera generosa e solerte. La richiesta, lanciata solo qualche settimana fa per coprire in particolare la gestione dei pranzi della domenica, è stata indirizzata non solo ai giovani, ma anche a chi volesse conoscere un po’ meglio la realtà caritativa. «Fino a prima del Covid – chiarisce subito suor Albina Zandonà, direttrice delle Cucine economiche popolari – la domenica le cucine erano chiuse e in diocesi si organizzavano i pranzi di solidarietà della Caritas diocesana gestiti dalle parrocchie che si turnavano nell’arco dell’anno. A causa delle restrizioni ora non possono più fornire questo servizio». Ogni domenica quattro o cinque comunità preparavano e distribuivano il pranzo.
Durante quest’estate e nei primi mesi autunnali, a causa delle restrizioni legate all’emergenza sanitaria, l’organizzazione parrocchiale prevedeva un cestino con una pastasciutta, un secondo caldo e qualcosa per la cena. La soluzione andava bene con le giornate di bel tempo e le temperature non troppo rigide: il pasto poteva essere consumato su una panchina, su un muretto, in strada. Ma ora che le temperature sono in netta diminuzione? Le persone senza fissa dimora hanno bisogno di un ristoro caldo, anche se solo per le poche ore del pranzo e necessitano di un bagno, dopo aver percorso magari un paio di chilometri a piedi. Come fare? Un pasto caldo in un posto caldo adeguato diventa davvero prezioso.
«Ci siamo interrogati – spiega Piero Cecchin, coordinatore delle parrocchie per l’organizzazione dei pranzi di solidarietà – e abbiamo capito che il cestino, per quanto importante, in questa stagione sarebbe stato un servizio a metà. Abbiamo compreso che il disagio non era solo delle persone senza fissa dimora, ma anche dei volontari, perché consegnare un pasto non significa solo riempire una pancia. Significa dare attenzione, far capire loro che sono persone a cui vogliamo bene, farli sentire accettati, dare un significato diverso alla loro domenica. E così abbiamo pensato di mettere insieme le forze».
Cucine e parrocchie in sinergia per il pasto caldo della domenica e poi anche per le festività: ecco la soluzione. S’inizia ufficialmente il 6 dicembre e poi si procede fino al 28 febbraio, tredici domeniche a cui si aggiungono anche le festività (Immacolata, Santo Stefano, primo dell’anno ed Epifania). Le Cucine mettono la struttura idonea e due persone operative preparate, le parrocchie hanno in mano i volontari e ne servono una quindicina ogni domenica. «È una vera e propria collaborazione – ci tiene a sottolineare suor Albina – non sono le cucine popolari che si sono prese in carico i pranzi della domenica, ma è un lavoro di squadra. Si offre un servizio insieme, ciascuno con le proprie competenze, per dare una risposta a chi ha bisogno. Al centro ci sono le persone in situazione di fragilità. Noi conosciamo gli ospiti e quindi li accogliamo, evitando situazioni spiacevoli o malintesi, perché sono persone in situazione di vulnerabilità molto forte: il loro umore può cambiare anche solo per una giornata di neve o per un incontro sbagliato fatto per strada. È importante saperli accogliere e distendere l’atmosfera».
Per l’organizzazione vera e propria del pranzo, le parrocchie si occupano della preparazione della pastasciutta, mentre le cucine del secondo e contorno. I compiti dei volontari sono vari: scaldare e assemblare il pranzo, stare allo sportello per distribuire i piatti, consegnare il pasto, pulire, fare sorveglianza in sala, gestire i servizi igienici, sanificando dopo ogni accesso. Gli ospiti possono accedere solo se in possesso di un buono dato dalle Cucine popolari. A disposizione 40 posti.
«In tempi normali – continua suor Albina – gli ospiti avevano la possibilità di mangiare con calma, potevano fermarsi a parlare, chiacchierare con altre persone e con i volontari. Ora, sia durante la settimana che la domenica, i tempi devono essere velocizzati». Prima del Covid alle 8 di mattina, in giornate in cui il freddo inizia a farsi sentire, nei locali delle Cucine arrivavano già una quarantina di persone, ora invece può accedervi solo chi deve andare dal medico o a farsi la doccia, con limitazione anche nella sala d’attesa. Anche il rapporto con i volontari è cambiato. Viene chiesto loro di più, nel senso che il servizio è più impegnativo, fra mascherina, visiera e plexiglass. È più faticoso capirsi. «Paradossalmente – conclude però la direttrice – ora c’è più relazione con la persona. Entrando una alla volta, le persone sono più “viste” e la relazione acquista maggiore cura, prima c’era più confusione».
Il servizio della domenica dovrà tornare in parrocchia
«Fondamentale però, terminata la pandemia – afferma suor Albina – che il servizio ritorni alle parrocchie. Le Cucine sono intervenute in un momento di emergenza, hanno dato disponibilità, e insieme si è trovata una soluzione idonea, ma l’obiettivo è mantenere il servizio nelle parrocchie perché è positivo che ci sia un territorio che s'interroga sulle marginalità e sulle difficoltà e che offre un servizio così prezioso».
I volontari. Molti giovani hanno risposto con generosità
Alla richiesta di nuovi volontari per i pranzi di solidarietà della domenica hanno risposto anche i giovani. Tanti giovani. «Una cosa anomala e sorprendente – dice don Marco Galletti, coordinatore del gruppo giovani volontari dei pranzi domenicali – Anomala perché in poco tempo abbiamo avuto tantissime richieste. Sorprendente perché è bello vedere così tanti ragazzi interessati. Nelle parrocchie è arrivata la richiesta di trovare volontari, sono stati fatti appelli anche sui social e le adesioni sono state numerosissime». Ragazzi universitari, per lo più, dai 25 anni in su, ma anche gruppi scout, gruppi di amici o di altre associazioni. All’incontro formativo fatto via Zoom erano poco meno di una cinquantina, alcuni in coppia, altri in rappresentanza di un gruppo, quindi la stima finale degli interessati è intorno a una ottantina.
Dalle mail arrivate più di qualcuno esprime desiderio di conoscere le Cucine popolari, altri vogliono fare un’esperienza concreta di servizio, altri ancora chiedono la possibilità di vivere un servizio con una certa continuità, quindi non solo per le domeniche invernali, infine alcuni manifestano curiosità e voglia di mettersi in gioco. «Sono davvero tanti – afferma don Galletti – e nessuno deve essere tagliato fuori. Tutti devono avere la possibilità di mettersi alla prova. Abbiamo chiesto la disponibilità di almeno una volta al mese». Ora si tratta, quindi, di incastrare i turni e creare i gruppi, volontari esperti e volontari giovani: «Una bella osmosi – dice la direttrice delle Cucine popolari, suor Albina Zandonà – fra gruppi di provenienza diversa, ma anche fra generazioni. Questa fa sicuramente bene alle Cucine». Staranno allo sportello per servire, ad impiattare, in sala per pulire dopo i pasti, ma potranno avere anche contatti con gli ospiti. «L’ampia adesione – conclude don Marco – è segno di una gran voglia di mettersi al servizio degli altri e di mettersi in gioco. C’è, fra i ragazzi, un’apertura, una sensibilità verso l’altro, un aspetto molto bello da valorizzare».
Un'occasione per far conoscere meglio le Cucine
«È importante – dice Piero Cecchin, coordinatore dei volontari delle parrocchie – usare questa esperienza per far conoscere le Cucine a persone nuove e avere così nuovi volontari. Ai giovani dico che l’esperienza diretta è sempre una garanzia in più per conoscere meglio una realtà del nostro territorio. L’entusiasmo con cui hanno risposto sarà contagioso».
Ogni sera le Cucine aprono a chi non può scaldarsi la cena
In cantiere alle Cucine popolari c'è anche un altro servizio. È infatti in fase di definizione un progetto in collaborazione con il Comune di Padova: con “l’emergenza freddo”, le Cucine popolari vogliono riaprire anche la sera per dare una cena calda a chi non ha possibilità di scaldarsi un pasto. Il servizio è chiuso da marzo e dovrebbe essere attivato principalmente per coloro che dormono in strada oppure in due strutture prive di spazi per scaldare il cibo, l’ex scuola Gabelli e la struttura della cooperativa sociale Luna azzurra. Il Comune quindi fornirà le liste di chi viene accolto in questi asili notturni, mentre le unità di strada segnaleranno chi è senza dimora. Pochi posti, in una fascia oraria molto stretta (dalle 18 alle 19), un servizio mirato, ma prezioso. «Qui – dice suor Albina Zandonà – abbiamo bisogno di volontari!».
Il nuovo report Fine pena: la strada di Avvocato di strada
Sempre più spesso le persone senza dimora sono vittime di reati e sempre meno autori degli stessi. In quest’ultimo caso poi, la tipologia dei reati è quasi sempre la stessa: piccoli furti commessi per sopravvivere alle giornate di strada. È uno dei passaggi fondamentali del nuovo report Fine pena: la strada redatto dall’associazione Avvocato di strada, perché fotografa la situazione in cui si trovano i senza tetto che incappano in un procedimento giudiziario.
Imputati spesso per reati minori, rimangono in cella, per il semplice motivo che non hanno altro luogo in cui scontare la custodia cautelare o la pena. Il report è il frutto del progetto dedicato al tema del carcere e delle persone senza dimora realizzato da Avvocato di strada grazie a numerose realtà, tra cui Granello di senape Padova. Il report è scaricabile da www.avvocatodistrada.it