Giovanissimi di Brugine. Trasformati dalla fragilità: un campo di servizio al campo di servizio tra Cucine popolari, casa Maran e Opsa
Un camposcuola che è servizio di volontariato e riflessione: i giovanissimi di Brugine, dal 14 al 20 luglio, hanno vissuto un'esperienza con le suore Elisabettine, accompagnati dal parroco don Francesco Malaman e dai 5 animatori, nelle cucine popolari, a casa Maran e all'Opsa. A contatto con la fragilità, i ragazzi si sono rimboccati le maniche e si son dati da fare per pulire gli ambienti interni ed esterni delle cucine, stare a contatto con gli ospiti e far compagnia agli anziani. Un'esperienza intensa alla ricerca delle azioni, dei gesti, dei verbi del buon samaritano.
Ore 8.30: una ventina di ragazzi dalla prima alla quarta superiore della parrocchia di Brugine escono dal portone della casa madre delle suore Elisabettine, in via Beato Pellegrino a Padova, e si dividono in tre gruppi. Si dirigono verso le Cucine popolari, casa Maran a Taggì di sotto e all’Opsa. È l’esperienza del camposcuola che hanno vissuto dal 14 al 20 luglio. «Una iniziativa bella e arricchente – spiega suor Albina Zandonà, direttrice delle Cucine popolari – ma soprattutto un’esperienza importante perché viene fatta qui a Padova, in una realtà della nostra diocesi. Danno qualcosa, il loro tempo, l’energia positiva, un sorriso. Per una settimana sono al servizio della fragilità in opere della nostra Chiesa e questo è un bel messaggio perché le Cucine popolari, ma anche l'Opsa e la casa di riposo devono diventare sempre più una realtà “nostra”, siamo chiamati a prendercene cura tutti».
Ogni mattina i ragazzi si sono suddivisi in tre gruppi per prestare servizio nelle tre realtà. Alle Cucine popolari si sono cimentati allo sportello, hanno aiutato a pulire gli spazi esterni o interni e hanno collaborato nelle piccole attività. All’Opsa invece ogni ragazzo si è preso cura di un ospite, accompagnandolo in palestra o a fare una passeggiata, oppure facendogli compagnia. Infine a casa Maran si sono dedicati all'animazione degli ospiti.
«Il modello del camposcuola che proponiamo – sottolinea don Francesco Malaman, il parroco che ha anche accompagnato il gruppo – coniuga il servizio con la riflessione. C’è una presa di coscienza del rapporto con gli ultimi, con le difficoltà, con le persone fragili. Il gruppo, che lavora con entusiasmo, ha reagito molto bene. Al pomeriggio ci si trovava per riflettere sulla giornata, il filo conduttore era il "buon samaritano". Ci siamo soffermati in particolare sui verbi, gli atteggiamenti, le azioni, i tratti del buon samaritano che possono essere di stimolo per leggersi dentro. Sono nate delle riflessioni molto intense e profonde, i giovani si accorgono della dimensione che hanno vissuto, quella di chi non ha nulla e, anche se è un’esperienza limitata nel tempo, li colpisce profondamente. Tornano a casa trasformati, con qualcosa in più».
Alla sera non sono mancati i momenti di svago: serate condivise, visite culturali (al Battistero del Duomo di Padova), film, pizza. «È positivo che questi giovani mettano a disposizione degli altri la loro energia – conclude suor Albina – abbiamo bisogno di bellezza e questi ragazzi sono bellezza e portano bellezza, anche concretamente, sporcandosi le mani, ad esempio ripulendo i portici davanti le Cucine popolari. Portano aria pulita, positiva. La sfida è proprio questa: vivere esperienze in realtà della nostra Chiesa che siamo abituati a mettere ai margini, che ci fanno paura, ponendosi sempre in maniera rispettosa nei confronti della fragilità umana. In questo momento storico è un bel messaggio e ci fa anche capire che esistono giovani attivi e propositivi».