Cronache da Campolongo: un incontro in parrocchia in streaming ai tempi del Coronavirus, all'ombra del pozzo della Samaritana

Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo (Gv 4,6) In questo insolito pomeriggio domenicale, nel silenzio della preghiera, torno a mettermi in ascolto della bellissima pagina evangelica della Samaritana con lo scopo di recuperare un pò d'acqua viva e dissetante nel deserto da Covid-19 che stiamo attraversando.

Cronache da Campolongo: un incontro in parrocchia in streaming ai tempi del Coronavirus, all'ombra del pozzo della Samaritana

Fuori il clima è tendenzialmente primaverile. Il termometro si assesta sui quattordici gradi, il cielo è libero dalle nubi e, stranamente, sgombro dalle scie che tracciano (perché oggi tutto deve essere tracciabile!) le rotte degli aerei per lo scalo di Venezia. Il sole ti inviterebbe a passeggiare all'aperto, ma ... non si può. L'Italia chiamò: "State a casa!". E i pronipotini di Garibaldi ripetono all'unisono: "Obbedisco!". E così sia! Stiamo a casa.

E la casa della Comunità è la chiesa, aperta ai fedeli per l'Adorazione.

Eccomi allora qui, a meditare quel pezzo di Vangelo, pane quotidiano, che la liturgia offre a tutto il Popolo di Dio. Se al pozzo di Sicar, duemila anni fa nostro Signore si trovò solo con una sconosciuta, nella chiesa di Campolongo, la situazione è decisamente migliore: al di là del turn over, siamo in sei, quattro donne e due uomini, rigorosamente distanziati gli uni dagli altri. Dentro questa cornice di insolita tranquillità domenicale, nello sforzo di far scendere in profondità il secchio dentro il pozzo della Parola per ricuperare l'acqua più fresca e pulita, sento le antenne dell'animo fissarsi testardamente su quell'aggettivo: affaticato. A mezzogiorno il Maestro, vero Dio e vero uomo, si mostra affaticato come un qualsiasi padre che rincasa dal cantiere o una qualsiasi mamma che rientra dall'ufficio e prima di ripartire, magari, deve preparare velocemente qualcosa da mangiare ai figli che rientrano da scuola. Affaticato, Gesù si sistema all'ombra e aspetta. Lui. Il Verbo. Attende l'arrivo di qualcuno attrezzato per portare in superficie l'acqua.

Chissà perché questa fatica mi richiama alla mente l'escursione dei ragazzi dell'Acr la scorsa estate. Eravamo alloggiati in Val Sella, ai piedi di Cima Dodici, versante trentino. Per l'escursione, decidemmo di raggiungere a piedi il lago di Levico risalendo il corso del Brenta: una decina di chilometri di pista pedonale attrezzata che nessuno fra noi però, aveva percorso in precedenza. Nel gruppone dei ragazzi, vedevi che alcuni, allenati, scalpitavano e tentavano spesso la fuga per arrivare primi al traguardo. Altri purtroppo, nelle retrovie, vivevano di lamenti che verso le 11.30 si trasformarono in veri e propri crolli: "Don, ma quanto manca? Ma dove ci portate?... Ho una vescica al tallone destro! Io al sinistro! Io ho sete, io fame... Mi si è staccata la suola dalla scarpa! Posso camminare con le infradito?"... Per arrivare al mitico proclama incubo di tutti gli educatori: "Io non ce la faccio più. Da qui non mi muovo!". Quante volte abbiamo sperimentato rese del genere? Stanchezza, sfiducia, paura di non farcela, qualche acciacco fisico provocato dalla mancanza di allenamento; tutto si mescola confusamente e qualcuno si pianta lì, come gli obelischi al centro delle piazze, compromettendo l'esperienza.

Perché è così! La fatica, come stress e paura, può giocare brutti scherzi. La fatica di capire dove ti trovi e ciò che capita attorno a te, le energie spese nei ritmi incalzanti del quotidiano, tutto alla lunga può logorare e condurre alla paralisi.

Il giovedì sera era passato come tutte le altre sere del periodo. Niente di strano nell'aria. Affacciandomi alla finestra, vedevo la piazza deserta e le strutture parrocchiali rigorosamente chiuse, gravate dall'aria mesta tipica delle zone industriali la sera del capodanno.

Poi venerdì apro la casella della posta e tra le tante mail ne spicca una particolarmente interessante, di un educatore molto sensibile all'innovazione. Mi dice: "Guarda le nuove opportunità che l'"amico" Covid-19 offre! I problemi di connessione alla rete non mancavano, ma nel momento clou del gruppo virtuale eravamo in 15 connessi e abbiamo fatto una simpatica attività sulla quaresima, dove ho notato i ragazzi partecipare con vivo interesse. Oltre questo, sappi che mandiamo a tutti i ragazzi ogni giorno un video, una immagine o una pagina del calendario della quaresima. Questa quarantena non ci ferma... Buonanotte!".

Chiuso per virus? Mai! L'incontro si fa lo stesso, in rete. Lì per lì rimango perplesso, come spiazzato. Ma mi chiedo: e se d'ora in poi funzionasse tutto così? Noi, over 50, saremo in grado di uscire dal mondo reale per iniziare a balbettare la lingua dei nativi digitali? Il papa l'aveva chiesto al termine del Sinodo dei Giovani: "Internet e le reti sociali hanno creato un nuovo modo di comunicare e stabilire legami, e sono una piazza in cui i giovani trascorrono molto tempo. Essi costituiscono una straordinaria opportunità di dialogo, incontro e scambio tra le persone, oltre che di accesso all’informazione e alla conoscenza...» Christus vivit 87.

Seduto al pozzo, devo ammettere che i giovani sono già avanti sulla strada e io indietro, arranco. Sento il bisogno di una pausa. Che strada mi aspetta? Tra reale e virtuale, come sarà il futuro della fede? Come si declina il Mistero dell'Incarnazione nel digitale?

Chiudo il Vangelo che tengo tra le mani e rivolgo lo sguardo al SS.mo Sacramento solennemente esposto. Di tanto in tanto il silenzio è interrotto dal cigolio della porta d'ingresso. Qualcuno entra, qualcun altro esce, tutti passano davanti a Lui, perché c'è ancora sete di Dio nell'uomo contemporaneo.

«Credimi, donna, viene l'ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre... i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità» Gv 4, 23s.

Come la Samaritana, accolgo in silenzio la provocazione di Gesù. È bene sostare su di essa. Se non altro per capire l'aria che tira. «Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito» Gv 3, 8

Da due millenni le vele della barca di Pietro sfruttano magistralmente quel vento, in mare aperto. Io mi sento semplicemente affaticato e seduto accanto un pozzo.

Sorseggio lentamente l'acqua buona che mi è donata, condividendola con chi passa.

don Emanuele Degan

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