Anteprime di Natale, “Wonka” con Timothée Chalamet e “Santocielo” con Ficarra e Picone
“Wonka” diretto da Paul King e targato Warner Bros., racconta gli anni giovanili del geniale cioccolataio sul tracciato della favola di Roald Dahl. Una favola familiare di buoni sentimenti che rischia però di far evaporare la magia del racconto con un eccesso di effetti speciali e atmosfere zuccherose. In sala c’è anche la commedia “Santocielo” con Ficarra e Picone, diretta da Francesco Amato, nei cinema con Medusa. I due comici siciliani tornano a confrontarsi con la religione in un racconto dall’umorismo ironico-irriverente. Buone le intenzioni, ma con uno svolgimento narrativo non sempre a fuoco e adeguato
Due titoli forti si contenderanno il box office natalizio in uscita nelle sale dal 14 dicembre. Il primo è “Wonka” diretto da Paul King (“Paddington”) e targato Warner Bros., un prequel del cult “Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato” (1971) di Mel Stuart con Gene Wilder, che racconta gli anni giovanili del geniale cioccolataio sul tracciato della favola di Roald Dahl. A interpretarlo è un convincente Timothée Chalamet, affiancato dai sempre ottimi Olivia Colman, Hugh Grant e Sally Hawkins. Una favola familiare di buoni sentimenti che rischia però di far evaporare la magia del racconto con un eccesso di effetti speciali e atmosfere zuccherose. In sala c’è anche la commedia “Santocielo” con Ficarra e Picone, diretta da Francesco Amato, nei cinema con Medusa. I due comici siciliani, dopo “Il primo Natale”, tornano a confrontarsi con la religione in un racconto dall’umorismo ironico-irriverente. Buone le intenzioni, l’idea di una riflessione sull’umanità di oggi, fragile e deragliata, attraverso il filtro della risata, ma con uno svolgimento narrativo non sempre a fuoco e adeguato. Nel cast Barbara Ronchi, Maria Chiara Giannetta e Giovanni Storti. Il punto Cnvf-Sir.
“Wonka” (Cinema, 14.12)
Quando lo scrittore britannico Roald Dahl ha dato alle stampe nel 1964 “La fabbrica di cioccolato” non poteva immaginare la magia e il trasporto che avrebbe attivato, soprattutto grazie al cinema. Il primo adattamento “Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato” del 1971 diretto da Mel Stuart con lo straordinario Gene Wilder, impreziosito dalla colonna sonora composta da Leslie Bricusse e Anthony Newley (su tutti il brano “Pure Imagination” cantato da Wilder), è diventato subito un cult, un film che torna puntualmente ogni anno per le feste. Nel 2005, poi, Tim Burton ha rivisitato la storia con il sodale Johnny Depp, tratteggiandola secondo i suoi inconfondibili canoni estetici. Nel 2023 la Warner Bros., nell’anno del centenario della sua fondazione, si presenta all’appuntamento del Natale con una nuova versione ispirata all’opera di Dahl. È “Wonka” diretto da Paul King, autore dei film di “Paddington”, e prodotto da David Heyman, legato ai granitici successi di “Harry Potter” e “Animali fantastici”. Il film si concentra sugli anni giovanili del geniale cioccolataio, il periodo che precede la costruzione della celebre fabbrica di cioccolato. A interpretarlo è stato scelto Timothée Chalamet.
La storia. Willy Wonka è un giovane che ha appreso le arti della cioccolateria dalla madre (Sally Hawkins), ora scomparsa. Desideroso di aprire un suo negozio nella nota Galleria Gourmet, viene subito osteggiato dal Cartello del cioccolato di cui si fa complice anche la chiesa con padre Julius (Rowan Atkinson). In aggiunta, Willy viene frodato dalla losca affittacamere Mrs. Scrubitt (Olivia Colman). Deciso a non arrendersi e supportato da un gruppo di nuovi amici, tra cui la preadolescente Noodle (Calah Lane), Willy userà tutta la sua astuzia e magia per sbaragliare la concorrenza e dare vita ai sogni di cioccolato…
“Questo è un film gioioso; apporta luce in un mondo che ne ha un disperato bisogno”. Così l’attore Timothée Chalamet raccontando il progetto di “Wonka”, per il quale si è cimentato in numeri di canto e ballo, misurandosi con l’interpretazione iconica di Gene Wilder. Va detto chiaramente che Chalamet è bravo, e molto, abile nel trovare una personale cifra interpretativa del cioccolataio. Nell’insieme il film “Wonka” punta a presentarsi come una commedia di buoni sentimenti, una favola pensata per un pubblico familiare, dove le angherie degli opponenti-antagonisti non sono mai davvero “affilate”, crudeli, e dove l’amicizia e l’unione tra gli ultimi della scala sociale apre a luminose possibilità di riscatto. Un film giocoso, sognante, marcato puntualmente dal fantastico.
Tra i temi in campo, oltre al valore della solidarietà, c’è il rapporto genitori-figli e soprattutto la custodia della memoria degli affetti quando questi non ci sono più. Poetico, infatti, è il modo in cui Willy evoca l’immagine materna – una splendida Sally Hawkins! –, non più presente accanto a lui ma sempre prossima tra cuore e ricordi, soprattutto nel mordere una tavoletta di cioccolato. Un po’ come la madeleine di Proust. Il film poi trova una chiusura sognante quando finalmente irrompe in scena il brano “Pure Imagination”.
Se il film è una proposta convincente per il Natale, tra incanto e buoni sentimenti, non si possono però trascurare alcune fragilità nel racconto, ma soprattutto una eccessiva sovrabbondanza di effetti speciali e di soluzioni narrative mielose che invece di impreziosire e far volare la storia, ne erodono la fantasia, la libertà di immaginare. Quando il troppo guasta. Nell’insieme, “Wonka” è consigliabile, poetico, per dibattiti.
“Santocielo” (Cinema 14.12)
Dopo il successo di critica e pubblico con “Il primo Natale” nel 2019, il duo artistico Salvo Ficarra e Valentino Picone torna a confrontarsi con i temi della religione e della fede in un’altra commedia pensata per il periodo natalizio. È “Santocielo”, film diretto da Francesco Amato – sua la regia della serie “Imma Tataranni” (dal 2019) e del film “18 regali” (2020) –, una produzione Tramp Limited e Medusa Film, che distribuirà in circa 600 copie. Ficarra e Picone, oltre a esserne i protagonisti, figurano anche tra gli autori della sceneggiatura.
La storia. C’è malcontento in Paradiso perché l’umanità sulla Terra è difficile, crudele e problematica. Dinanzi alla prospettiva di un secondo Diluvio, alla fine si opta per l’invio di un nuovo Messia. Ad annunciarlo si offre volontario l’angelo Aristide (Picone). Una volta in Sicilia, a causa di una serie di imprevisti, l’angelo si sbaglia e invece di avvicinarsi alla donna indicata dal Cielo finisce per affidare la gravidanza a un uomo: a portare in grembo il futuro Messia sarà Nicola Balistreri (Ficarra), un professore di matematica pieno di pregiudizi, soprattutto verso le donne…
Gli autori sono partiti con l’idea di realizzare un film sugli angeli. Un espediente narrativo che li ha portati poi a mettere a tema il racconto di un’umanità problematica, caotica e quasi fuori controllo, di cui Dio – interpretato da Giovanni Storti, del trio Aldo, Giovanni e Giacomo – appare ormai stanco e rassegnato. Un nuovo Messia sembra essere un’ultima possibilità, che però un angelo maldestro e “carrierista” consegna in grembo a un uomo infelice (appena mollato dalla moglie) e intransigente, sia verso le donne sia verso i suoi alunni a scuola. Nel film vengono messi a tema soprattutto i rapporti uomo-donna, le relazioni sentimentali, la dimensione familiare, con le sue diverse sfumature e richieste di riconoscimento, sino allo sguardo degli anziani. Sul tema della gravidanza al maschile, Ficarra e Picone insieme al regista Amato hanno precisato che si tratta di una soluzione narrativa per avanzare una riflessione altra, più generale sulla società odierna, tracciando una differenza da altri titoli simili come la commedia statunitense “Junior” (1994) di Ivan Reitman con Arnold Schwarzenegger.
Al di là della componente di provocazione di impianto comico sui temi della famiglia e della religione, a sollevare delle perplessità su “Santocielo” è soprattutto la scrittura, il modo in cui tali tematiche vengono gestite e declinate in un film di 120 minuti. Se la partenza è nel segno dell’umorismo scoppiettante, poi l’andamento del racconto rischia di impantanarsi in una storia stiracchiata poco convincente e senza una chiara traiettoria. Il problema, nel film, è la sequela di stereotipi disseminati qua e là con poco controllo e originalità, che banalizzano il tema affrontato.
Nel corso della conferenza stampa sono stati citati autori hollywoodiani come Mel Brooks, Billy Wilder o Woody Allen, ricordandone la carica ironica con cui hanno affrontato la religione (nella prospettiva ebraica) nei loro film. Con uno sguardo poi alla storia del cinema, certo si possono ricordare anche i Monty Python e il loro “Brian di Nazareth” (1979). Ficarra e Picone, con il regista Amato, provano a muoversi lungo lo stesso binario comico, con un risultato nell’insieme poco efficace. “Santocielo” è un film che vorrebbe fare dell’umorismo irriverente ma comunque gentile, non stonato, senza forzare troppo la mano; tale soluzione conduce a un approdo incerto. Ancora, il racconto si sovraccarica qua e là di suggestioni e tematiche eccessive, al punto da perdere un po’ la bussola narrativa. Certo, va ricordato che Ficarra e Picone sono sempre interpreti abili e acuti, forti di una lunga e solida carriera, capaci di compensare le debolezze di un copione e di rendere brillante anche una storia claudicante, che più che di religioso sa di fantastico. Complesso, superficiale-brillante, per dibattiti.