Ansia scolastica, un tavolo di confronto tra insegnanti e studenti

L’idea è di Progetto Itaca, nell’ambito del palinsesto della Civil Week, ha deciso di dedicare un momento di riflessione sul difficile rapporto tra i giovani e la scuola. “Una società che non si prende cura della scuola è una società che non va molto lontano”

Ansia scolastica, un tavolo di confronto tra insegnanti e studenti

La pandemia ha lasciato una ferita immensa nell’animo degli adolescenti. Le misure di contenimento hanno modificato in modo particolare la loro routine scolastica, costringendoli ad un isolamento forzato, a studiare dinanzi ad uno schermo, a costruire legami solo attraverso la rete. Progetto Itaca, nell’ambito del palinsesto della Civil Week, ha deciso di dedicare un momento di riflessione sul difficile rapporto tra i giovani e la scuola, un luogo in cui sempre più spesso prevalgono ansia e frustrazione a discapito dell’accoglienza e della crescita emotiva oltreché intellettiva. 

A parlare e a raccontare delle difficoltà tra le mura scolastiche sono stati i protagonisti: tre studenti e tre insegnanti di diversi istituti superiori milanesi, mediati della psicologa clinica Chiara Maiuri, hanno portato il proprio punto di vista sulle tensioni e le paure che ogni giorno si vivono sui banchi di scuola, tra gli studenti stessi ed i professori. 

Secondo i ragazzi la pandemia ha reso più evidenti delle fragilità presenti già in precedenza. Tanti loro compagni durante il periodo in DAD hanno cambiato, se non addirittura lasciato, gli studi per l’impossibilità di poter sostenere un carico così pesante di studio e stress. Gli studenti hanno manifestato la difficoltà di poter dialogare con i propri docenti relativamente al loro disagio: appare complicato, se non impossibile, parlare con i professori, i quali si dimostrano sordi alle loro problematiche, richieste e proposte.

“I professori non si mostrano mai come persone ai nostri occhi e analogamente vedono noi solo come alunni e nient’altro. Avvertiamo il loro disinteresse alle nostre opinioni e al nostro pensiero: ciò che vogliono è solo sapere quanto e come abbiamo studiato” - afferma Gaia, 17 anni. 

I ragazzi hanno voglia di raccontare il proprio punto di vista, avere uno spazio di dialogo con i docenti, nei quali ricercano anche una guida oltreché un insegnante. La DAD, purtroppo, ha allontanato ulteriormente studenti e professori, rendendo ancora più complicato un rapporto già in precedenza difficile. 

Le fragilità espresse dai ragazzi sono condivise anche dal corpo insegnanti. La pandemia ha fatto emergere problematiche preesistenti, e il netto aumentare di ragazzi in difficoltà nelle classi dimostra quanto si è acuita la situazione. L’assenza di dialogo è percepita anche dagli insegnanti: ciò che loro vedono è che i ragazzi li avvertono come nemici da osteggiare, quando in realtà non dovrebbero esistere schieramenti perché tutti si muovono verso un comune obiettivo. Per i professori, una delle grandi difficoltà che i ragazzi vivono a scuola e che li pone costantemente in ansia è la competizione: è la società di oggi che vuole tutti i ragazzi costantemente performativi, ponendoli, però, in uno stato perenne di stress.

Il generatore di ansie e preoccupazioni a scuola è stato identificato nel voto, unico strumento di valutazione. “Il voto non è oggettivo, soprattutto porta ad una competizione tra noi alunni e porta i professori a vedere gli alunni in maniera diversa, senza approfondire il perché di una differenza di voti” – afferma Vittoria, 16 anni. Perché, allora, non pensarlo anche come uno strumento per valutare la capacità di un insegnante a far appassionare gli studenti ad una materia? “L’obiettivo dell’insegnante non deve essere solo di dare un voto, ma cercare di far migliorare l’intera classe, portare tutti gli studenti allo stesso punto, non un solo ragazzo ad un livello superiore” - afferma Lorenzo, 17 anni.

Il voto è un problema anche per i professori. La scuola è in grave difficoltà: le valutazioni non sono mai complete, e il sistema di valutazione è di tipo sottrattivo, aspetto che non valorizza le potenzialità e le capacità di uno studente, ma comporta bensì la loro svalutazione. Purtroppo, è il sistema che chiede di applicare questo metodo. I professori stessi chiedono e aspirano ad una valutazione formativa nuova, che nasca da una scuola che sia molto più esperienziale e non solo un insieme rigido e dottrinale di regole.

Il tema della salute mentale negli ultimi anni è entrato pian piano nelle scuole e gli studenti iniziano a parlarne sempre di più. Eppure, c’è ancora un forte pregiudizio. Gli sportelli di ascolto psicologico nelle scuole sono ancora poco frequentati e gli studenti che ne fanno utilizzo spesso sono stigmatizzati, come testimonia una ragazza. In alcune scuole, inoltre, non vengono promossi adeguatamente tra gli studenti, i quali ne ignorano la presenza. Ma gli adolescenti oggi vogliono parlarne, discuterne, capire e aiutarsi. 

Cristina Migliorero, coordinatrice nazionale del progetto scuola promosso da Progetto Itaca, ha raccontato quanto il lavoro all’interno delle scuole sia importante per intercettare fin da subito segnali di disagio tra gli studenti: “Ci teniamo molto che ragazzi e professori siano protagonisti di queste riflessioni, per imparare insieme a conoscersi e a parlarsi. I primi segnali di disagio si manifestano nell’età adolescenziale, ed è importante intercettarli e agire tempestivamente per cambiare il corso dell’intera vita di una persona. È importante parlare di salute mentale: dobbiamo lasciare la parola ai ragazzi, e dobbiamo saperli ascoltare, per capire cosa stanno vivendo e rendersi conto che forse la scuola di oggi è un po’ inadeguata. Una società che non si prende cura della scuola, e dei ragazzi che sono il nostro futuro, è una società che non va molto lontano.”

L’impegno di Progetto Itaca nell’attività di sensibilizzazione e di ascolto con i ragazzi proseguirà poi con l’appuntamento Paranoia Festival, un progetto promosso da tre collettivi di musicali della scena underground milanese scaturito dalla necessità di trovare la propria voce ed esprimere un disagio, un senso di inadeguatezza, spesso un’autentica sofferenza psichica. Appuntamento a Milano l’11 e il 12 maggio.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)