Agenda 2030, obiettivo numero 4. Una fucina di cambiamento

È con la scuola che Mappe inizia un percorso per indagare a che punto Italia e Veneto sono nel raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030

Agenda 2030, obiettivo numero 4. Una fucina di cambiamento

«Realizzate i sogni che avete nel cassetto. Se pensate di avere un’idea portatela avanti: ritenete l’impossibile di oggi il possibile di domani. Fate della tenacia la parte più importante del vostro futuro». Ha consegnato questo messaggio Gino Gerosa, direttore del reparto di Cardiochirurgia dell’Azienda Ospedale - Università di Padova che lo scorso maggio ha guidato il primo trapianto di un cuore fermo da 20 minuti, agli oltre 300 fra ragazzi e genitori del liceo Modigliani, in un evento che ha rappresentato la prima tappa di Aspettando Exposcuola, il percorso di avvicinamento al Salone dell’Orientamento che si tiene dal 9 all’11 novembre a Padova. Si è rivolto agli studenti, agli “adulti del domani” come spesso vengono etichettati, al termine di una serata in cui gli stessi ragazzi e ragazze sono tornati a casa con una convinzione: dalle scuole devono pretendere di poter sperimentare per mettere in pratica le conoscenze apprese. Sulla scuola, sul sistema scolastico, si regge l’impalcatura di una società civile. Del resto, l’istruzione di qualità è tra i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile, definiti dalle Nazioni Unite come strategia per ottenere un futuro migliore per tutti. Con un traguardo all’orizzonte, nemmeno troppo lontano – il 2030 – tutti i 193 Stati membri delle Nazioni Unite hanno ratificato l’Agenda 2030 e si sono così impegnati a declinare nella loro politica interna strategie per soddisfare tali scopi. Piero Calamandrei sosteneva che «se si vuole che la democrazia prima si faccia e poi si mantenga e si perfezioni, si può dire che la scuola a lungo andare è più importante del Parlamento e della magistratura e della Corte costituzionale». “Importante”, dunque, con quel “portante” che si può estrapolare e che ne rafforza quell’impalcatura citata sopra: è per questo che il nuovo percorso di Mappe, che si avvia con questo numero scegliendo di indagare e domandarci a che punto sono l’Italia e il Veneto nel raggiungimento dei traguardi sostenibili, sceglie di partire dall’istruzione, dalla scuola, archetipo del luogo dove dimorano l’apprendimento, la convivenza, la socialità, la crescita psicologica, emotiva, relazionale.

Già tutto questo. Forse anche di più. L’Obiettivo 4 pone prospettive di intervento ampie, che vanno dall’istruzione di base alla qualità degli edifici, passando per le opportunità di apprendimento per tutti e inclusive. Bambini, giovani e adulti, disabili devono poter accedere a percorsi formativi di qualità, soprattutto laddove esistono condizioni di maggiore emarginazione e vulnerabilità. In Italia la dispersione scolastica è passata dal 14,7 per cento del 2018 al 13,1 per cento del 2021, a fronte di una media europea che è del 9,7 per cento e che dovrà essere del 9 per cento fra meno di sette anni. I recenti dati del rapporto Education at a glance 2023 dell’Organizzazione per la cooperazione e per lo sviluppo economico, pubblicato lo scorso settembre, ci dicono che in Italia il 20 per cento dei giovani tra i 25 e i 34 anni non possiede un diploma di scuola superiore, contro una media del 14 per cento nei Paesi dell’Ocse. Ancora, nel 2020 l’Italia ha investito il 4,2 per cento del suo Pil in educazione, mentre la media Ocse è del 5,1 per cento. Se guardiamo, invece, al “contenitore”, la Penisola è attraversata da poco meno di 16.800 scuole, più di quattro su dieci sono state costruite prima del 1976 e, stando alla documentazione dell’Osservatorio civico sulla sicurezza a scuola di Cittadinanzattiva, oltre la metà di esse è priva delle certificazioni di agibilità. Anche le scuole sicure sono un diritto legato all’istruzione: attraverso il Pnrr, in Italia verranno costruite 216 nuovi edifici per un importo totale stanziato di quasi 1,2 miliardi di euro. Dodici di queste saranno in Veneto. E se l’apprendimento non fosse “imprigionato” dentro quattro mura? È l’approccio della scuola all’aperto che, assieme a sperimentazioni come la didattica senza zaino o il riassetto di alcune sezioni, valorizza un innovativo rapporto tra studente e studio: con attività da svolgere utilizzando gli strumenti che la natura mette a disposizione, ma soprattutto basandosi sulla qualità della vita del bambino. L’istituto comprensivo di Abano Terme da diversi anni ha adottato questa metodologia in cui emerge, sempre e comunque, la voglia di innovare dei docenti, vero fulcro del sistema scuola. Eppure il precariato intacca la qualità dell’insegnamento, reso meno attrattivo dai salari bassi: in Italia, dal 2105 al 2022, si sono ridotti del 4 per cento. Nel 2015, papa Francesco si rivolse a loro con queste parole: «Gesù direbbe: se amate solo quelli che studiano, che sono ben educati, che merito avete? Qualsiasi insegnante si trova bene con questi studenti. A voi chiedo di amare di più gli studenti difficili, quelli che non vogliono studiare, quelli che si trovano in condizioni di disagio, i disabili e gli stranieri, che oggi sono una grande sfida per la scuola». E sono gli stessi impegni che l’Obiettivo 4 ci chiede di rispettare e raggiungere.

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