Ucraina. Bozzo: “La guerra è a un punto di radicalizzazione e di stallo”
"Era ovvio che la Russia si sarebbe concentrata sul Donbass per completare la conquista della fascia costiera sul mar d’Azov e stabilire continuità territoriale con la Federazione. Se non intervengono fattori rivoluzionari, è credibile che nel giro di qualche settimana i russi possano portare a compimento la conquista del Donbass". Luciano Bozzo, docente di relazioni internazionali all’Università di Firenze, spiega le ragioni di una guerra che è già nei fatti radicalizzata ma anche a un punto di stallo
Chiudere adesso è improbabile, specie perché nessuna delle parti porterebbe a casa un risultato. La partita in Ucraina si gioca fra la conquista degli obiettivi minimi che vuole il presidente Vladimir Putin, in primo luogo il controllo sull’intera area del Donbass, e la resistenza del popolo e dell’esercito ucraino, sostenuto dalle forze della Nato. Al Sir Luciano Bozzo, docente di relazioni internazionali all’Università di Firenze, spiega le ragioni di una guerra che è già nei fatti radicalizzata ma anche a un punto di stallo. “Ritengo – dice l’esperto – che occorra entrare nell’ordine di idee che questa guerra si prolungherà”.
Professore, da ieri voci insistenti dicono che Putin voglia prendere il Donbass entro un mese, entro il primo luglio. Ma quanto è reale questa intenzione?
Era ovvio che la Russia si sarebbe concentrata sul Donbass per completare la conquista della fascia costiera sul mar d’Azov e stabilire continuità territoriale con la Federazione. Se non intervengono fattori rivoluzionari, è credibile che nel giro di qualche settimana i russi possano portare a compimento la conquista del Donbass.
Potrebbe significare la fine del conflitto?
A quel punto è da vedere se Putin si accontenterà. Rimangono due elementi di incertezza. Il primo e più importante è vedere se Zelensky è disponibile a un cessate il fuoco lungo la linea di demarcazione delle forze. Ciò significa lasciare ai russi il controllo del Donbass e della fascia costiera del mar d’Azov. In alternativa, potrebbe non voler mollare, per tenere la guerra ancora viva e riprendersi una parte dei territori. Nella resistenza però peserebbe la quantità e la qualità dei rifornimenti dai Paesi Nato. Il secondo elemento di incertezza è che si tratta di vedere se Putin, incoraggiato dal buon andamento della guerra, non voglia andare oltre, spingendosi verso Odessa e stabilire una continuità territoriale con la Transnistria, negando così lo sbocco al mare all’Ucraina. Questa seconda ipotesi mi sembra meno credibile, soprattutto per i costi, ma non può essere esclusa. È improbabile che l’Ucraina diventi una ‘grande Austria’ senza sbocchi sul mare. Odessa ha un alto valore, non solo come città che affaccia sul mare. Pensare che gli ucraini possano rinunciare allo sbocco lo trovo assai improbabile.
Qual è l’ipotesi più credibile sulla carta?
Che Putin, in virtù delle perdite, una volta chiusa la partita nel Donbass, possa proporre un cessate il fuoco per presentarsi a casa dicendo che i veri obiettivi della azione militare erano tutelare la presenza russa nel Donbass e riportare le Repubbliche sotto l’ala della grande madre Russia con il mare d’Azov che diviene un lago interno. Sarebbe però difficile per Zelensky ammettere la rinuncia di Mariupol, del Donbass, dello sbocco sul mar d’Azov e della chiusura definitiva sulla pagina della Crimea. Significherebbe accettare lo smembramento del Paese.
Non lo farà?
Potendo contare sull’appoggio dei Paesi occidentali, in particolare Gran Bretagna e Usa, Zelensky può protrarre la durata della guerra. Entrambe le parti per ragioni diverse possono permetterselo: l’Ucraina per l’aiuto esterno e la Russia per le enormi riserve e scorte militari. Ritengo che occorra entrare nell’ordine di idee che questa guerra si prolungherà. Pensare che il primo luglio termini la guerra mi sembra poco realistico.
Il colloquio fra Putin, Zelensky e Erdogan non c’è stato. Era troppo presto?
L’ipotesi è fallita perché nessuna delle parti ha intenzione di chiudere adesso. Putin non ha raggiunto gli obiettivi minimi, quelli che gli consentano di ritirarsi dalla partita con un risultato politico accettabile. Zelensky non si può presentare ai suoi accettando lo smembramento parziale del Paese dopo tutto quello che i russi hanno fatto alla popolazione civile, la fuga di milioni di profughi o la deportazione dei bambini in Russia. La guerra è arrivata a un punto di radicalizzazione e di stallo.
Nel frattempo, gli Usa mandano sistemi missilistici avanzati e la Russia parte con esercitazioni nucleari. Siamo in piena guerra fredda nonostante in molti la chiamino guerra ibrida.
Questa è una guerra guerreggiata, non ibrida. Dal 2014 al 2022 c’è stata una guerra ibrida i Ucraina. Ma dal 24 febbraio 2022 c’è stato un attacco di uno Stato sovrano contro un altro Stato sovrano. Accanto c’è una guerra fredda, nonostante l’analogia storica sia forzata, fra la Federazione russa da un lato e coloro che la sostengono e la Nato da un altro.
L’Unione europea ha raggiunto un accordo sull’embargo al petrolio russo che arriva via mare. Draghi dice che le nuove sanzioni contro Mosca saranno efficaci già in estate.
L’embargo tocca solo il petrolio che viene trasferito via mare perché si trattava di conciliare la necessità di estendere l’embargo senza intaccare l’Ungheria che dipende dal petrolio russo importato tramite oleodotto. È una soluzione di compromesso con cui si tenta di accontentare tutti.
Porteranno una ragione in più per fermare la guerra?
Ho delle perplessità che possa servire a schiantare la volontà russa a continuare la guerra. È andata avanti finora e potrà andare avanti ancora a lungo.
Maria Elisabetta Gramolini