Ladri non di biciclette. Dal film di Vittorio De Sica allo sfruttamento di chi pedala per vivere
Non è una questione nuova quella dei “rider”, dei fattorini che con enormi zaini pedalano da un angolo all’altro di una città per consegnare pacchi e guadagnarsi il pane.
Mai come di questi tempi la bicicletta si è sentita importante. Mai come di questi tempi ha riconquistato il rilievo sociale che gli era stato conteso e sottratto. La due ruote con pedali è tornata alla grande e, senza rumore, sta imponendo alla città una variazione dei suoi percorsi, un diverso disegno urbanistico, una nuova idea di mobilità.
L’umile mezzo di trasporto a energia umana ha ripreso la sua rivincita anche se avrebbe preferito che non fosse una pandemia, con le sue morti e le sue ferite, a modificare la cultura del tempo e dello spazio. Forse senza accorgersene la bicicletta ha anche messo allo scoperto un male urbano qual è lo sfruttamento.
Non è una questione nuova quella dei “rider”, dei fattorini che con enormi zaini pedalano, spesso spericolatamente, da un angolo all’altro di una città per consegnare pacchi e guadagnarsi il pane. Un lavoro come altri se, nei casi denunciati dalla magistratura, non fosse sfregiato dal caporalato.
Che questo fenomeno, questo crimine, esistesse ed esista in alcune campagne del Sud d’Italia è un dato tanto conosciuto quanto in buona parte irrisolto. Che sia presente anche al Nord d’Italia, nelle campagne, nelle valli e nelle città, è altrettanto risaputo ma è stato necessario l’intervento della magistratura per denunciarne ufficialmente la disumanità e l’illegalità.
Ci sono città ogni giorno hanno questa realtà sotto gli occhi, non possono girare la testa dall’altra parte quando un “rider” consegna un pacco o una pizza alla porta di casa o a quella dell’ufficio. Ci sono benemerite e grintose associazioni pronte a intervenire per la tutela dei consumatori di fronte a ingiustificati aumenti dei prezzi: non potrebbero nascere, come a volte è accaduto, analoghi movimenti d’opinione per difendere i diritti degli invisibili in bicicletta? Si può dire “saremo migliori” se il caporalato, come altri reati, verrà considerato un problema di esclusiva competenza delle forze dell’ordine e della magistratura?
La solidarietà di cui si è stati capaci nel tempo del contagio ha offerto straordinarie risposte di condivisione, non potrebbe tanta energia morale suscitare un risveglio della coscienza anche nei riguardi di tante umiliazioni e intimidazioni?
Non sarebbe dispiaciuto Vittorio De Sica se al titolo del suo “Ladri di biciclette” si affiancasse un film sui ladri di dignità e di diritti di quanti pedalano per vivere. Prima di un film c’è però una realtà da scrivere in fedeltà al “saremo migliori” scandito nei giorni della pandemia.