Imparare ad annullare i veleni. La scuola tende a riprodurre al suo interno l’ambiente che la circonda
La scuola contiene veleno e antidoto, ovvero ha a disposizione strumenti capaci di esorcizzare quelle stesse negatività che possono abitarla.
Abbiamo appena celebrato la Pasqua, attraversando la notte del venerdì della Passione, che quest’anno forse più che in altre occasioni, ha colpito l’immaginario collettivo, con la sovrapposizione della crocifissione e morte del Cristo alle vicende tragiche della guerra nel cuore dell’Europa. L’eco è stata forte anche nella celebrazione della Via Crucis del Papa, al Colosseo.
Violenza, aggressione, morte. Sono dimensioni che attraversano la vita di tutti i giorni e che vanno in qualche moto “lette” per essere comprese e superate soprattutto insieme alle giovani generazioni. Quelle giovani generazioni che non di rado, crescendo in situazioni tragiche, porteranno poi con sé le conseguenze e saranno a rischio di riproporre scenari cupi.
La scuola ancora una volta è uno dei luoghi privilegiati dove operare per evitare questa prospettiva inquietante. La scuola dove è possibile “portare a coscienza” – con lo studio, la riflessione, la cooperazione fruttuosa, le relazioni positive tra generazioni – le deviazioni tanto facili e frequenti nella comunità degli esseri umani.
La scuola, ancora, che può/deve partire da un’analisi su se stessa, sulle dinamiche che la attraversano. Non è infatti immune da violenze e aggressioni. Non è un luogo franco dove si è al riparo dalle esperienze negative. Piuttosto la scuola tende a riprodurre al suo interno l’ambiente che la circonda. Con il vantaggio, però – impagabile – di avere a disposizione strumenti capaci di esorcizzare quelle stesse negatività che possono abitarla. In buona sostanza, contiene – la scuola – veleno e antidoto. Si tratta di lavorare sempre perché il secondo arrivi in tempo e sconfigga il primo.
Nei giorni scorsi, ad esempio, quante storie di bullismo sono venute alla ribalta della cronaca. Uno su tutti riferito dai media: una tredicenne ad Anzio picchiata e bersaglio di insulti razzisti. Non è un episodio isolato. Si sa bene quanto sia diffusa tra i ragazzi e le ragazze – nelle aule scolastiche e fuori – la problematica del bullismo o del cyberbullismo, ancora più subdolo e diffuso. Non finisce magari con i nasi rotti, ma talvolta con esiti ancora più devastanti.
Veleno. Che si trova in quelle stesse aule dove pure si dovrebbe imparare ad annullarlo.
E che dire di un’altra notizia di cronaca recente dove i “bulli” sarebbero stati addirittura gli insegnanti, impegnati ad accanirsi, anche in una chat, su un ragazzino? Indaga la magistratura, non tocca a noi. Però l’episodio torna a far pensare a quel veleno e alla necessità, sempre più forte, di costruire un ambiente scolastico attrezzato e avveduto perché ogni persona – piccoli e grandi – abbia a disposizione l’antidoto.
Ecco, questa è la vera emergenza scolastica. Di sempre. Fare in modo che l’istituzione faccia il suo dovere educativo, che abbia a diposizione personale preparato ed equilibrato, capace di attivare il meglio delle persone, di far crescere “l’uomo e il cittadino” – come recitano le finalità della scuola – perché si possa costruire oggi e domani una comunità migliore, un futuro migliore.
Detto questo, viene un po’ da sorridere pensando ad un’altra notizia di cronaca, che riferisce dell’intenzione di fare un’interrogazione e un ordine del giorno in un Consiglio comunale perché un insegnante di musica ha fatto studiare la canzone “Bella ciao”.
Non entriamo nel merito, naturalmente. Ma torna in mente la battuta per cui c’è sempre chi guarda il dito e non la luna.