Arresti candidati a Palermo: don Stabile (sacerdote e storico), “segno che la mafia non è scomparsa, occorre seria vigilanza dei partiti”
“Occorre una seria vigilanza dei partiti. I partiti non sono ben informati sui candidati. Ormai c’è una coscienza generale che la mafia non è scomparsa. Continua a essere presente. Solo che non fa scalpore con omicidi come prima. Ma esiste e dobbiamo farci i conti”.
Lo dice don Francesco Michele Stabile, sacerdote e storico della Chiesa, noto per il suo impegno antimafia nel territorio della diocesi di Palermo, alla luce dei due recenti arresti di candidati al consiglio comunale di Palermo con l’accusa di scambio elettorale politico-mafioso. “A livello ecclesiale c’è la lotta alla mafia perché la si condanna apertamente – dice il sacerdote -, ma bisogna ancora sviluppare la formazione: dare alle persone gli strumenti per riconoscere quando un candidato è credibile. E questo si ripercuote a livello politico. Mentre prima i partiti erano pervasi di personaggi legati alla mafia, ciò in questo momento non si può dire. I mafiosi con i loro interessi hanno bisogno di questi legami”.
Sottolineando che “senza la politica non ci può essere la mafia”, don Stabile osserva che “la mafia si configura ed è sopravvissuta per questo legame”. “Altrimenti diventa una delinquenza come tutte le altre. Occorre toglierle questo appoggio e questo respiro. I mafiosi cercano di agganciarsi alla politica e alla burocrazia per portare avanti i loro interessi. Su questo piano si è fatto molto. Non abbiamo le situazioni che avevamo prima. Ma credo che bisogna togliere alla mafia questi strumenti di sopravvivenza”. Dalle parole del sacerdote, che elaborò il primo storico documento antimafia delle comunità ecclesiastiche di base negli anni ’80, emerge la consapevolezza che “oggi è una mafia di ‘quarta o quinta fila’, senza lo spessore di violenza dei padri”. “Lo Stato è intervenuto e vigilante. Anche nelle processioni oggi interviene la Digos per evitare che siano deviate o si effettuino inchini ai mafiosi. Vi è una presenza forte dello Stato in senso di vigilanza e, come Chiesa, se riusciamo a creare questa coscienza di rottura, può esserci una svolta”.