La coscienza e la comunità. Nota della Diocesi di Padova sulle nuove unioni, dopo l'Amoris Laetitia. Tornare in comunità ora si può
La Diocesi di Padova, in una nota pubblicata nei giorni scorsi, fornisce indicazioni pratiche per dare concretezza all’esortazione apostolica Amoris laetitia in cui papa Francesco parla delle coppie formatesi dopo la fine del matrimonio e l'eventuale riammissione ai sacramenti. Ogni coppia avrà tempi e cammini diversi e sarà accompagnata. Il vescovo ha creato un’equipe diocesana dedicata.
Il 18 giugno, festa di san Gregorio Barbarigo, è stata consegnata ai preti padovani la Nota pastorale utile alla realizzazione dell’Esortazione apostolica Amoris laetitia di papa Francesco, in particolare il capitolo ottavo, con riferimento alle coppie che si trovano a vivere una nuova unione dopo quella matrimoniale.
Giornali e televisioni di tutto il mondo hanno spesso banalizzato il documento riducendolo alla “possibilità per i divorziati e risposati di poter fare la comunione”. La realtà – come si può intuire leggendo sia l’Amoris laetitia che la nota diocesana che si impegna ad applicarla – è ben più complessa di così.
«Finalità del testo – spiega il direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale della famiglia don Silvano Trincanato – è quello di indicare il modo concreto nella nostra Diocesi per corrispondere alla richiesta di Amoris laetitia di aiutare quanti sono in una seconda unione a iniziare un percorso di accompagnamento con la guida di preti e laici preparati, un itinerario di verità, da percorrere sotto la luce calda e amica della misericordia di Dio, sempre immeritata, incondizionata e gratuita».
La Nota, composta di dodici brevi capitoli introdotti da una lettera del vescovo Claudio, illustra finalità e modalità del percorso, rivolto a coppie in nuova unione, basato sul discernimento individuale sostenuto da accompagnatori, da un’equipe diocesana e dalla forza della comunità. Ed è proprio qui, nell’integrazione dei fedeli nella comunità cristiana, che l’itinerario individua la sua meta. Come? «Nelle forme e nei modi che la loro coscienza, formata, accompagnata, illuminata e verificata nel confronto e nella preghiera, individuerà». Proprio per questo, il percorso che propone la Diocesi di Padova sulla scia di Amoris laetitia non ha come scontato traguardo finale i sacramenti, ma «ha i tratti di un itinerario di conversione per verificare le motivazioni spirituali e morali della domanda di accompagnamento; per valutare l’eventuale nullità del matrimonio; per mettere a fuoco errori e responsabilità nella rottura del legame matrimoniale; per verificare la solidità del nuovo legame e le responsabilità a esso legate».
Il discernimento non sarà esterno all’individuo, ad esempio «nella persona del vescovo o del prete», ma, spiega don Silvano Trincanato, «la coscienza stessa delle persone in nuova unione a cui si affiancano una o più persone, sotto la supervisione di un’equipe e la guida del vescovo». Non un’autocertificazione dunque, ma «un percorso spirituale molto esigente, che si basa sull’ascolto della Parola di Dio e il rapporto con la propria coscienza. Un passaggio non indifferente – sottolinea il direttore dell’Ufficio diocesano per la famiglia – che chiede grande correttezza e formazione, affinché la coscienza delle persone possa scegliere in verità, alla luce della Grazia».
Ogni percorso farà storia a sé, con modalità, tempi e contenuti diversi, “cuciti addosso” alle coppie in nuova unione, alla loro storia e alle loro esigenze particolari. «La scelta di un accompagnamento in equipe, grazie a un gruppo di laici e preti individuato dal vescovo – precisa don Silvano Trincanato – può sembrare macchinosa e poco attenta alla sensibilità delle persone in nuova unione. Essa sottolinea il valore dell’equipe per accompagnare in modo sapiente e non soggettivo, nonché la necessità di persone che conoscano la materia e abbiano competenza nello svolgere il ruolo di accompagnamento. Ciò non toglie che un prete o un laico significativo già coinvolto nell’accompagnamento della coppia venga inserito nell’equipe per quanto riguardo l’accompagnamento della coppia conosciuta».
Una prima fase del discernimento potrà eventualmente sfociare in un processo canonico, anche breve, per verificare la nullità del sacramento del matrimonio di una o entrambe le parti della coppia. «In caso non venga riconosciuta la nullità, il percorso potrà continuare, verificando la possibilità che la coppia viva astenendosi dai rapporti sessuali (ovvero come si legge nei documenti ufficiali “da fratello e sorella”) e analizzando le forme di inserimento nella vita della comunità cristiana e, eventualmente, la possibilità di accedere ai sacramenti».
L’equipe è composta da due coppie di sposi, da una consulente familiare, un parroco, il vicario giudiziale del tribunale ecclesiastico diocesano don Tiziano Vanzetto, il docente di teologia morale don Giampolo Dianin, il direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale della famiglia don Silvano Trincanato.
La Nota pastorale sarà presentata sabato 12 ottobre, alle 10, in seminario minore a Rubano e venerdì 22 novembre, alle 20.30, nel centro parrocchiale di Chiesanuova, a Padova.
«Tutte le situazioni di nuova unione che necessitano di discernimento – avverte don Silvano Trincanato – devono rivolgersi a questa equipe costituita dal vescovo. Ad accompagnare la coppia, poi, potranno, eventualmente, essere parroci o religiosi del posto, diaconi permanenti, altre coppie di sposi, ma sempre su accordo e mandato dell’equipe diocesana, nello spirito autentico dell’Amoris laetitia di papa Francesco».
Niente fai da te, insomma. E nessuna volontà di annacquare le verità di fede: «Le chiamiamo coppie in nuova unione, senza dare per scontato di poterle chiamare coppie di sposi, in quanto il matrimonio è sempre unico: non vi è alcun matrimonio sacramentale se in contemporanea ve n’è già un altro. Non basta il divorzio per determinarne la chiusura».
Nella sua introduzione alla Nota, che reca la data di Pentecoste, 9 giugno, il vescovo Claudio spiega così le linee guida per la Diocesi di Padova: «Come vedrete si propone di considerare con molta serietà la sofferenza e la domanda di queste famiglie per percorrere con loro un tratto di strada che le rimetta in cammino, presentando la comunità come un sostegno e un aiuto offerto loro dal Signore. Dove le chiama il Signore Gesù? Di quali aiuti nella verità e nella carità hanno bisogno per il loro percorso?».
Quindi il vescovo riprende questo passaggio del testo finale del Sinodo diocesano dei giovani: «In particolare, sull’affettività, sentiamo urgente confrontarci su alcuni temi che ci coinvolgono da vicino come la sessualità, l’omosessualità, le separazioni, il divorzio, le convivenze». Per poi commentare nell’introduzione alla Nota: «Tanti chiedono aiuto e sostegno alla Chiesa. Tanti aspettano risposte a domande che hanno posto direttamente e vorrei con tutto il cuore che la mia riposta potesse arrivare. Lo vorrei fare in modo semplice, comprensibile e accessibile anche ai non specialisti». E dunque, la Nota sulle nuove unioni non è che un primo passo: «Ho pensato di confidarmi con voi a partire da quest’ultimo tema, in vista di spaziare su tanti altri aspetti della vita affettiva, dell’esperienza di coppia e di famiglia».
Nei prossimi mesi, su tutti questi temi, arriveranno delle riflessioni che il vescovo Claudio rivolgerà sia alle persone che vivono determinate condizioni affettive, sia alle comunità parrocchiali.
I referenti: sposi, una consulente, quattro presbiteri
All’equipe di nomina vescovile dovranno rispondere tutti i cammini di discernimento delle coppie in nuova unione. È composta da due coppie di sposi (Roberta Gallato e Paolo Arcolin, Maria Monica Nicoletti e Giancarlo Bertelli), dalla consulente familiare Gabriella Tognon e quattro preti: il parroco don Sergio Turato, il vicario giudiziale del tribunale ecclesiastico don Tiziano Vanzetto, il docente di teologia morale don Giampolo Dianin e il direttore dell’ufficio famiglia don Silvano Trincanato.