Catechesi e disabilità. Celebrare con le persone disabili. Se ne parla il 24 marzo a casa Madre Teresa di Calcutta
Il rito è percezione, ma non possiamo accontentarci che sia solo un’esperienza umana. Perché quando celebriamo, il Signore celebra con noi. L'Ufficio per l'annuncio e la catechesi propone, questa domenica a casa Madre Teresa di Calcutta, un momento di approfondimento con don Gianandrea Di Donna.
Si intitola “Celebrare con le persone disabili” il seminario di studio e approfondimento – in programma domenica 24 marzo dalle 9 alle 12 a casa Madre Teresa di Calcutta (Sarmeola) – organizzato dall’Ufficio diocesano per l’annuncio e la catechesi. A don Gianandrea Di Donna, che interviene all’incontro, chiediamo quali sono le parole chiave del celebrare con le persone disabili.
«La prima è percezione – spiega il direttore dell’Ufficio diocesano per la liturgia e responsabile del Servizio diocesano per il catecumenato – Il rito è percezione. È fatto di parole, suoni, movimenti, luce, profumi, canti… Tutti linguaggi che di solito si usano con le persone con disabilità, fisica o psichica. Ecco che i processi cognitivi, che possono portare con sé delle difficoltà, vengono bypassati dando spazio alla percezione. Non dobbiamo accontentarci, però, che la percezione sia solo un’esperienza umana. Attraverso la percezione deve giungere alle persone con disabilità che il Signore celebra con noi. Come fare tutto questo? Alcuni esempio: toccare il crocifisso, ascoltare un canto, sentire l’odore dell’incenso… tutto questo aiuta la persona con disabilità a cogliere la presenza di Cristo».
La seconda parola chiave è assemblea. «Non si celebra da soli. Chi si mette accanto alla persona con disabilità, certamente gli fa sentire accoglienza, calore, vicinanza… ma soprattutto ha il “compito” di fargli sentire che celebriamo “con” lei e non “per” lei».
Don Di Donna sottolinea, oltre a queste due parole chiave, alcune attenzioni. «L’utilizzo di uno strumento per “coinvolgere” la persona con disabilità, penso ad esempio a un computer, che sia umanizzato ed equilibrato. Vuol dire questo: non escludiamola dall’assemblea! Si celebra insieme, anche se può essere necessario qualche aiuto».
Fondamentale, inoltre, l’atteggiamento della comunità nel celebrare con le persone disabili «che non hanno bisogno di una spazio solo per loro! Certo, possiamo farli partecipare alle celebrazioni dalla prima fila per viverla in pienezza, ma senza “attirare l’attenzione”. Chi sta loro accanto ha il compito di facilitarne la partecipazione, più che di “mostrare” la loro presenza. A tutta la comunità viene chiesto… ciò che già è nei confronti di tutti: accogliente, aperta, attenta…».