Vescovi europei: il “sogno” di un’Europa solidale, casa comune per tutti, capace di costruire un mondo di pace
Le migrazioni e la questione dell’accoglienza. La famiglia e la cultura della vita, l’urgenza del cambiamento climatico e la cura dell’ambiente, la ferita della pace e il rifiuto della guerra come metodo per risolvere i conflitti. Sono i temi “caldi” che riuniti a Roma per l’Assemblea plenaria del Ccee, i presidenti delle Conferenze episcopali di tutto il contenente europeo stanno discutendo
La Chiesa in Europa di fronte ai grandi temi e alle sfide che l’attraversano. Le migrazioni e la questione dell’accoglienza. La famiglia e la cultura della morte, l’urgenza del cambiamento climatico e la cura dell’ambiente, la ferita della pace e il rifiuto della guerra come metodo per risolvere i conflitti. E’ un dibattitto vivace e a tutto tondo quello che sta caratterizzando in questi giorni a Roma l’Assemblea plenaria del Ccee, organismo europeo voluto da Papa Paolo VI e che celebra, quest’anno, il suo cinquantenario di fondazione. Accolti da Papa Francesco e ricevuti anche in Quirinale dal presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, sono presenti i presidenti di tutte le Conferenze episcopali del continente europeo. Un incontro che, come recita il titolo “Ccee, 50 anni a servizio dell’Europa, memoria e prospettive nell’orizzonte di Fratelli tutti”, è soprattutto un momento di riflessione e scambio. Risultato positivo al Covid, l’assemblea Ccee si sta svolgendo senza la presenza del cardinale Angelo Bagnasco che ha presieduto fino ad oggi per cinque anni l’organismo europeo. “Come Pastori – ha scritto in una prolusione che è stata letta in assemblea – guardiamo con affetto e trepidazione all’Europa, e vorremmo che sempre meglio camminasse insieme dall’Atlantico agli Urali. Il Continente è un corpo solo, è nato insieme, e ha continuato – grazie innanzitutto alla presenza cristiana – a respirare quella linfa originaria che è il Vangelo nell’incontro fecondo tra fede e ragione: senza questo rapporto virtuoso tutto si complica, e anche il dialogo sincero viene a mancare dei necessari strumenti”. L’Europa continente variegato e complesso – ha detto nel suo intervento il cardinale ungherese Péter Erdő – dove sono presenti paesi secolarizzati con “tensioni e sentimenti di una Chiesa che brucia”; paesi ex comunisti e regioni a maggioranza ortodossa e paesi, come la Turchia, a maggioranza islamica. “Un mezzo secolo di esperienza ci insegna che la grande missione del Consiglio delle Conferenze episcopali di questo continente non consiste nel costruire una “curia” continentale per governare secondo gli stessi criteri pratici di dettaglio tutte le Chiese particolari. Essa è piuttosto di formare un foro di carità fraterna”, dove possiamo “scambiare le nostre esperienze, studiare dei fenomeni che sono di importanza vitale” e mettersi in ascolto delle gioie e delle sofferenze “dei nostri confratelli e di cercare di aiutare secondo le nostre possibilità”.
Di Europa “solidale”, aperta al dialogo, capace di “costruire insieme un mondo di pace”, ha parlato nel suo intervento il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei. “Personalmente – ha detto – sogno una nuova Europa solidale che sappia essere veramente una casa comune – e non solo un insieme di strutture – e che si fondi su un nuovo umanesimo europeo basato sulla centralità della persona umana – la cui dignità è sempre inalienabile – e su una nuova cultura del ‘dialogo’ e dell’’amicizia sociale’ come ha scritto Francesco nella Fratelli tutti”. Bassetti fa riferimento nel suo discorso al tema “delicatissimo” delle migrazioni e dice: “Serve un’azione coordinata a livello internazionale nel gestire un fenomeno, al tempo stesso, complesso e drammatico. Su questo punto è fondamentale il ruolo dell’Europa”.
“Quanti uomini, donne e bambini sono costretti ad abbandonare i propri Paesi per trovare rifugio altrove. Come dimenticare l’immagine di quella madre afgana che affida il proprio bimbo dalle sue mani a quelle di chi può assicurargli un futuro più certo. Eppure, anche di fronte a tali scene, così innaturali, vediamo spesso una dolorosa indifferenza”.
Cultura della vita, cura dell’ambiente, costruzione della pace. Sono questi, invece, i temi toccati dal card. Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, nel suo lungo intervento in assemblea. “È quanto mai fondamentale che le Chiese in Europa si sostengano reciprocamente nell’affermare il Vangelo della vita contro i tanti, troppi, annunci di morte che riecheggiano nel Continente”. Il Segretario di Stato fa riferimento alla “cultura dello scarto” citata spesso da papa Francesco e osserva: “l’Europa vive un’opulenza che non aveva mai conosciuto in passato e dunque subisce la facile tentazione di scartare ciò che apparentemente sembra superfluo. Purtroppo, tra questi ‘beni superflui’ ci sono non di rado anche gli esseri umani. È dunque di fondamentale importanza che le Chiese si sostengano reciprocamente anche nell’azione pastorale a difesa della vita”, perché una certa ‘cultura della morte’ non finisca per dominare completamente il panorama legislativo dell’Europa”. Nel giorno in cui i ragazzi a Roma e in tutto il mondo sono scesi in piazza per il “Friday for future”, il card. Parolin dedica ampio spazio anche al tema dell’ambiente chiedendo “azioni concrete”.
“La salvaguardia del creato è un’altra sfida che, insieme alla pandemia da Covid-19, è tra le più urgenti che l’umanità deve affrontare”.
“Neanche l’attuale crisi sanitaria deve fermare l’impegno per la cura della nostra casa comune, anzi al contrario essa può aiutarci ad ampliare la riflessione e soprattutto spingerci a realizzare attività concrete”. Forte, il passaggio sulla responsabilità dell’Europa nel costruire un mondo di pace. “La Santa Sede – dice Parolin – ha a cuore la pace in tutte le sue sfumature e sottolinea sempre la necessità di assicurarla con il rifiuto radicale della guerra, come strumento per regolare i conflitti fra Stati, e con un disarmo effettivo”. Solo un clima di fiducia, di dialogo e di solidarietà potrà favorire la vera pace, come “offerta di perdono e riconciliazione, di amicizia e fraternità, di verità e carità”. La pace – ha concluso il Segretario di Stato, deve diventare “un’arte che coinvolge e riguarda tutti e in cui ognuno deve fare la sua parte, in un compito che non conosce fine”.